Dopo le elezioni politiche del 5 settembre 2022, il Partito Democratico ha avviato un importante dibattito interno con le primarie. Le dimissioni di Enrico Letta hanno dato il via a una nuova era della prima forza d'opposizione: Elly Schlein, prima donna segretaria del PD, ha preso il posto dell'ex Presidente del Consiglio ed è arrivata alla guida del partito.
"Per la giustizia sociale e ambientale, insieme" è il manifesto politico con cui ha sfidato e battuto il suo rivale Stefano Bonaccini, con il quale ha espresso la sua idea di un partito più ecologista. In molti si sono chiesti se la nuova segreteria sarebbe stata in grado di riscrivere la linea green del partito, ma dal 12 marzo 2023 Elly Schlein ha concesso poche interviste su come vorrebbe affrontare la transizione energetica. Abbiamo quindi contattato Annalisa Corrado, responsabile Conversione ecologica, Clima, Green economy del PD, per chiarire alcuni punti della loro agenda.
Corrado, come sa i costi dei beni alimentari sono aumentati per via dell'inflazione climatica. Il Governo ha provato a intervenire con il "carrello tricolore", cosa ne pensa di questa misura? La convince?
Decisamente no. Si continuano a perpetrare misure spot, che non intaccano strutturalmente i problemi che stanno generando questa situazione di inflazione generale. Oltretutto, i bonus e i sistemi di soccorso, che pure è necessario mettere in campo, hanno delle risorse che oserei definire ridicole. Ce lo dimostra anche la vicenda del bonus Trasporti, che finisce nei primi minuti da quando inizia il click day e poi bisogna aspettare di essere fortunati il mese successivo.
Per quanto riguarda le bollette energetiche, credo che una cosa sia dare un bonus per pagarle, e un'altra è prendere atto della situazione di assoluta instabilità del mercato e decidere di tutelare davvero i cittadini, rinviando almeno di un anno l'uscita dal mercato tutelato di altre 10 milioni di utenze (potenzialmente 20-25 milioni di persone).
Lei ha parlato di risparmi in bolletta per i consumatori, sappiamo benissimo che le comunità energetiche potrebbero essere una soluzione. La sua Segretaria ne ha parlato, dando importanza anche alla riduzione delle emissioni di agenti climalteranti. Come si fa a promuovere rapidamente queste realtà e allo stesso tempo a ridurre l'inquinamento nell'aria?
Innanzitutto la transizione energetica, quindi l'investimento sulle fonti rinnovabili, sull'efficientamento e sull'elettrificazione dei consumi è l'unico modo per abbattere davvero e strutturalmente i costi delle bollette per tutti: famiglie e imprese. Tutto il resto sono palliativi transitori, solo che alcuni continuano a cercare di allungare questo tempo di transizione, fingendo che non possiamo permettercela. È una grande bugia, perché in questo momento storico non c'è modo di produrre energia elettrica meno caro del fotovoltaico e dell'eolico. Le comunità energetica sono uno degli strumenti che si potrebbero mettere in campo, se il Governo si sbrigasse a pubblicare i decreti attuativi che completano la normativa.
Secondo lei qual è il problema per cui non accelerano i tempi?
Il Governo sostiene che sia l'Unione europea che non ha restituito questi decreti attuativi velocemente, in realtà bisogna dire che sono stati comunque inviati con grande ritardo, ma poi probabilmente c'è stato qualche problema tecnico. I testi presumibilmente non andavano bene e c'è stato qualche rallentamento, nel tentativo di trovare una formulazione che andasse bene a tutti. Mi sembra assurdo che un passaggio che doveva durare un paio di mesi sia ancora in ballo da un anno. È del tutto evidente che non c'è interesse da parte di questo Governo nel promuovere questa misura, altrimenti avrebbero fatto fuoco e fiamme per chiedere un riscontro all'UE.
Le comunità energetiche sono uno strumento fondamentale perché è un modo capillare per produrre in maniera diffusa energia pulita e rinnovabile, quindi aiuta l'autoconsumo e fa diventare le persone protagoniste delle loro scelte energetiche. Stiamo inoltre parlando di uno strumento che può essere declinato per aiutare le fasce più fragili della popolazione, diventando un vero e proprio metodo di welfare energetico. Se le case popolari fossero alimentate con la formula delle comunità energetiche lo Stato dovrebbe investire solo all'inizio, una volta sola, invece di intervenire ogni anno con contributi "a perdere", ciò dimostra l'efficacia della misura.
Abbiamo una percentuale di energia che produciamo ancora dai combustibili fossili. Entrando in un terreno un po' più scomodo: sul nucleare a che punto è il dibattito interno al PD?
Il Partito Democratico, come noto e come ci piace ribadire, è un luogo plurale in cui convivono diverse anime; è previsto che si avvii una discussione interna, per approfondire i vari aspetti di questa tematica.
La mozione congressuale che ha portato all’elezione di Elly Schlein disegna, in ogni caso, contorni ben precisi alla discussione: bisogna innanzitutto togliere dal piatto la concezione (su cui la destra gioca manipolatori ambiguità) che il nucleare possa essere utile alla al raggiungimento degli obiettivi al 2030 di decarbonizzazione e, in tal senso, sia un driver della transizione energetica. Con tutta evidenza, non ha tempistiche compatibili, perché la fusione è ancora in uno stato di ricerca, per cui (da almeno 50 anni) non si sa quando diventerà interessante dal punto di vista industriale e i “mini-reattori” di cui parla il Ministro Pichetto Fratin, ammesso e non concesso che possano essere resi industrialmente efficaci e efficienti, al momento non esistono.
…quindi la scelta è più strategica che energetica?
Si, esatto. La fusione nucleare è ancora tutta da dimostrare. Ben venga la ricerca, naturalmente senza distrarre troppe risorse da quello che invece possiamo fare subito e da frontiere tecnologiche molto più promettenti. Per quanto riguarda la fissione (anche volendo dimenticare l’esito di ben due referendum), entro il 2030 è impossibile che in Italia si riesca a fare qualcosa da questo punto di vista, prima ancora che per un problema di impatto ambientale, per quello economico: tutte le centrali in costruzione in questo momento nel mondo hanno bisogno di enormi e crescenti quantitativi di risorse pubbliche, perché nessun privato si sognerebbe di investire in impianti del genere.
Ancora una volta è un tema che sicuramente deve essere dibattuto, però distrae dalla strategia che va messo in atto immediatamente per i prossimi anni. Noi come Partito Democratico stiamo puntando a pretendere che il governo discuta e risponda sulla strategia complessiva, perché quella che ha presentato finora in Unione europea, con il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima, è totalmente insufficiente. Tutti gli strumenti che sta mettendo in campo il Governo, inoltre, non si vede come potrebbero rendere raggiungibili gli obiettivi dichiarati.
La maggioranza ha pubblicato una seconda bozza del Decreto "Aree idonee", che dovrebbe essere uno strumento che facilita le imprese e gli imprenditori che vorrebbero investire sulle rinnovabili, ma il testo non va assolutamente bene perché inserisce soltanto vincoli. Di fatto rende quasi impossibile l'installazione di tecnologie innovative e sostenibili, lascia uno spazio di interpretazione enorme a livello regionale e locale, per cui complica alcune cose che invece erano state rese più "facili" nel Decreto Semplificazioni. È veramente una guerriglia contro le rinnovabili che continua da mesi.
Corrado, lei in passato è stata autrice di una petizione sullo stop all'amianto. Come vorrebbe procedere il Partito Democratico?
Tra le linee programmatiche che abbiamo esposto per la transizione energetica, c'è proprio il riavvio di uno dei pochi meccanismi che nella storia del nostro Paese ha funzionato veramente: l'associazione della rimozione delle coperture in amianto, presenti ancora in molte aree, all'installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti.
Storicamente in Italia è stato l'unico modo efficace per far togliere l'amianto dai tetti delle imprese, nel pubblico rimangono poche cose in giro, il grosso rimane sulle strutture private che molto spesso non hanno soldi "a perdere" per una bonifica.
Come si portano avanti una transizione giusta e, al contempo, il benessere economico e fisico dei lavoratori? Prendendo il caso dell'Ilva, che si fa?
Noi dobbiamo portare questo Paese fuori dal ricatto tra salute e lavoro, perché è stato un ricatto che negli scorsi decenni ha provocato delle tragedie. Abbiamo visto un'industrializzazione molto selvaggia che ha concentrato i profitti e distribuito i danni. È stata una cosa intollerabile, perché spesso questa industria se ne è andata e ha lasciato terreni avvelenati e promesse non mantenute di diffusione di benessere economico e lavoro stabile.
A mio avviso la transizione energetica ed ecologica è l'unico modo per rilanciare i settori industriali del nostro Paese, per ridare al nostro tessuto manifatturiero una direzione stabile e questo va fatto con un'enorme attenzione alle fasce più fragili. Per cambiare settore o per riqualificarsi c'è bisogno di strumenti ad hoc per non perdere il proprio posto di lavoro, e poi di strumenti di supporto sociale per le persone che non avranno modo di partecipare a questa ristrutturazione.
Va detto che nella transizione ecologica ci sono moltissimi posti di lavoro nuovi, più di quelli dello status quo, che stanno perdendo totalmente tessuto. Con politiche miopi e fallimentari, abbiamo infatti fatto finta di poter rallentare una transizione che in tutto il mondo stava andando avanti, rischiando di restare completamente tagliati fuori.
Facendo solo un esempio, la Stellantis, noi abbiamo respinto da decenni al mittente la transizione verso l'auto elettrica perché convinti che la nostra forza industriale avrebbe prevalso su quote significative di mercato. Così non è stato, tutto il mondo sta andando sull'auto elettrica, con buona pace della politica che non se ne fa una ragione.
Nel caso dei lavoratori Ilva come procediamo invece?
A mio avviso, occorre fare un nuovo piano strategico complessivo sull'acciaio. Stiamo parlando di un tema che non può essere affrontato caso per caso, non si può più prescindere da una strategia industriale nel nostro Paese. È evidente che chi si candida a produrre acciaio non può più farlo senza garantire tempi rapidi per un'opzione decarbonizzata.
Bisogna mettere in atto processi con tempi certi e con investimenti che siano appropriati, soprattutto in una situazione come quella di Taranto, in cui si sono consentiti e stratificati orrori su orrori. E’ evidente che più tempo si aspetta e più costa fare una riqualificazione e una reindustrializzazione decarbonizzata di un sito. Taranto verte in una situazione particolarmente grave per questo motivo. Andrebbero concentrate tantissime risorse per la bonifica dei siti, per la messa in sicurezza dello stabilimento, e per proteggere tanto la popolazione, quanto la manodopera.
Visto che siamo in tema, cosa ne pensa della proposta di una nuova acciaieria nella laguna di Grado?
Anche qui. A quale strategia complessiva risponderebbe una scelta del genere? Abbiamo chiesto conto in parlamento e in consiglio regionale di questa scelta, a dir poco assurda, soprattutto per la localizzazione ipotizzata per l’impianto in un’area totalmente inadatta. Tanto per dirne una, questo progetto prevedrebbe degli scavi profondissimi nella laguna, dove si trovano stratificati degli inquinanti per le attività precedenti.
Adesso sono fermi sui fondali, ma sappiamo che con delle escavazioni verrebbero riportati allo scoperto, inquinando falde e provocando danni gravissimi. E ancora, che fine hanno fatto le ipotesi di impianto di ultima generazione, con le migliori tecnologie green?
Lungi dal rispondere a questi e ulteriori interrogativi, nonché ad una corposa raccolta firme popolare, il Governo risponde con il tentativo di commissariare questo tipo di iniziativa. Questo è un esempio tipico della mancanza di strategia e dell’arroganza dell'esecutivo.
È interessante che lei si sia occupata (e se ne occupi ancora) di giustizia climatica dal 2014, molto prima di tanti politici. Ci perdoni questa metafora: si siede insieme ai ragazzi o l'affronta dentro le istituzioni?
Con Ultima Generazione non è capitato, ma con gli altri ragazzi dei Fridays for Future mi è capitato più di una volta di partecipare alle loro proteste o manifestazioni. Abbiamo pensato insieme modi per lavorare in sinergia, anche con i ragazzi di Ultima Generazione ci confrontiamo spesso, stiamo pensando di supportarli per la costruzione di una proposta di legge attorno alla quale loro hanno chiamato tutte le forze politiche a esprimersi.
Loro (Ultima Generazione Ndr) nel merito hanno ragione da vendere, noi abbiamo il dovere di ascoltare questo merito e di metterci a disposizione, perché la politica non lo ha fatto mai abbastanza. Nel metodo di UG io, personalmente, non mi ci riconosco, soprattutto quando si aggrediscono i monumenti e le opere d'arte esposte già a molte fragilità. Ma il tentativo di criminalizzazione messo in atto dal governo è davvero irricevibile e pericoloso.