Cos’è l’agricoltura biologica e come essere certi che un prodotto sia davvero bio

I numeri dicono che in Italia, così come in altre parti del mondo, l’agricoltura biologica va sempre più forte: ma quali sono le caratteristiche di questo metodo di coltivazione che guarda con attenzione all’ambiente? E come si fa a sapere se un prodotto è davvero bio? Vediamo cosa dice la normativa italiana a riguardo e capiamo i vantaggi e gli svantaggi di questo modello.
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Paola Perria 10 Dicembre 2018

L'agricoltura biologica, ovvero un modo di coltivare e allevare che prevede solo l'utilizzo di sostanze naturali e un ridotto sfruttamento dell'ambiente, piace molto agli italiani. E dal momento che la domanda cresce, l'offerta non può che aumentare in quantità e migliorare in qualità, per rispondere alle esigenze di un target di consumatori sempre più numeroso, esigente e competente.

Pensa che già nel 2017, secondo i dati di Coldiretti, le vendite al dettaglio di prodotti bio nell'agroalimentare avevano avuto un incremento del 16%. Il rapporto "Bio in cifre 2020", invece, sottolinea come in Italia la superficie agricola per le coltivazioni biologiche abbia raggiunto 1.993.236 ettari, con il numero di operatori del settore cresciuto quasi del 70% nell'ultimo decennio. Questo spiega come mai il nostro Paese, la cui tradizione contadina aveva subito un appannamento nei decenni del massimo boom industriale, sia tornato a puntare sull'agricoltura – e sulla produzione biologica in particolare – per fare "Pil".

Quante sono le aziende bio in Italia? Sempre stando a Coldiretti poco più di 72mila, una cifra che ci pone al vertice europeo per questo tipo di produzione. Dunque il biologico. La terra, la naturalità, il ciclo delle stagioni, i fertilizzanti organici. Dunque si torna all'origine. O meglio, si riparte da zero, ma con nuove tecnologie.

Cos'è

Con l'espressione agricoltura biologica ci si riferisce a un metodo di coltivazione e allevamento che si avvale soltanto delle sostanze già presenti in natura, intervenendo in modo limitato sul suolo e favorendone così la biodiversità, ovvero lo sviluppo di organismi vegetali e animali. Tutto questo si traduce ovviamente in un minore impatto ambientale e un maggiore rispetto per le forme di vita, con la possibilità di sfruttare le risorse naturali (la terra, l'aria, l'acqua…) in modo sostenibile e più a lungo.

Il modello bio è diametralmente opposto a quello dell'agricoltura industriale, che per gestire spazi agricoli immensi permette l'utilizzo di prodotti di sintesi chimica, quali diserbanti o pesticidi, che sono invece rigorosamente proibiti nell'agricoltura biologica. Sfruttando la natura in modo così intensivo, ad esempio attraverso l'utilizzo del suolo per coltivare piante necessarie a nutrire gli animali allevati in massa, aumentano poi il dispendio energetico e le emissioni tossiche, senza contare le eventuali tracce di sostanze nocive che possono finire nel cibo acquistato dai consumatori.

La normativa

L'aggettivo biologico, applicato all'agricoltura, significa semplicemente non sintetico, non chimico, non artefatto. Con questo metodo – perché tale è – si coltiva la terra rispettando i suoi tempi e i suoi cicli naturali, in modo da preservarne la fertilità e recuperarne, laddove possibile la biodiversità. Ciò implica, in termini pratici, azioni che il contadino/imprenditore agricolo dovrà certificare, secondo la normativa italiana e della comunità europea.

In sintesi sarà necessario:

  • Ruotare i raccolti in modo da ottimizzare le risorse di quel territorio e non sfruttarle eccessivamente. Per intenderci, secondo la legislazione italiana tra due cicli della stessa coltura ci deve essere un intervallo minimo di due colture tra di loro diverse. Considera che la rotazione del raccolto, così come il periodo a "maggese" (in cui la terra non viene coltivata ma lasciata a riposo), serve anche per rinforzare le diverse coltivazioni dai loro nemici naturali, come parassiti, piante infestanti e malattie
  • Evitare o ridurre al minimo l'uso dei pesticidi, diserbanti, fertilizzanti e altri composti chimici di sintesi potenzialmente tossici. Attenzione, questo non significa che siano tutti del tutto messi al bando. La normativa europea stabilisce limiti precisi all'uso di alcuni di questi composti chimici.
  • Dire no agli OGM (organismi geneticamente modificati), in Italia proibiti anche in agricoltura non biologica.
  • Avere un'attenzione speciale alla scelta varietale, privilegiando la biodiversità e le specie autoctone che abbiano dimostrato miglior resistenza ai parassiti e miglior produttività. Per questo è necessario anche puntare sulla ricerca e sull'innovazione, oltreché sulle esperienze del passato.
  • Usare strategicamente tutte le risorse di uno stesso territorio, dai fertilizzanti naturali come il letame ai semi e ai mangimi prodotti dalla stessa, o da altre altre aziende biologiche. Questa scelta ne comporta altre, una tra tutte quella del consociativismo. Più imprese bio di agricoltura e di allevamento possono diventare uno straordinario volano per l'economia green di un territorio e contribuire a mantenerlo in ottima salute.
  • Proteggere il suolo in modo naturale, usando sistemi idraulici che ne mantengano la stabilità ed evitando di ararlo troppo profondamente e aggressivamente.
  • Se parliamo di aziende zoo-agricole, dovrà allevare le bestie in condizione di semi libertà, in modo che abbiano la possibilità di pascolare liberamente e nutrirle con mangimi a loro volta biologici.
  • Medicare le piante e proteggerle da agenti infestanti prevalentemente con prodotti naturali e con antagonisti dei parassiti.

Come funziona un'azienda bio

In genere come una sorta di organismo autonomo. Un tempo, nel mondo medievale, vere e proprie imprese bio erano ad esempio i castelli, con i borghi dei contadini del feudo che producevano per il Signore, e ancor di più conventi e monasteri, dove il ciclo produttivo si svolgeva completamente, o quasi, all'interno delle mura abbaziali. Ma oggi le cose sono molto diverse. Oggi la produzione biologica prevede molti passaggi che a loro volta coinvolgono diversi attori in campo e un preciso iter burocratico.

Inoltre, non dimenticare che il principale passaggio è il raggiungimento della certificazione CE, che ti permette di imprimere ai tuoi prodotti, destinati alla vendita, il bollino con la foglia stilizzata e le stelle della UE, senza il quale anche il miglior frutto biologico non può essere presentato al consumatore come tale.

Dunque, per farla breve, ecco i passaggi per creare una start up bio o per trasformare la tua fattoria totalmente o in parte in azienda biologica.

Sotto il profilo burocratico dovrai:

  1. Rivolgerti al Dipartimento di sviluppo rurale della tua regione
  2. Essere ammesso alle procedure di controllo
  3. Iscriverti, se non lo sei già, al registro delle imprese agricole del territorio
  4. Aprire una partita IVA e una posizione previdenziale presso l'INPS
  5. Mantenere la qualifica di operatore controllato e rientrare nei programmi di controllo e certificazione

Per quanto riguarda, invece, la produzione vera e propria, puoi produrre biologico solo a partire da un terreno idoneo a questo tipo di coltivazioni. Sembrerà banale, ma in realtà non lo è affatto. Può essere che il tuo terreno debba essere riconvertito, ovvero reso adatto a questo tipo di coltivazione, il che potrebbe anche richiedere qualche anno. Dovrai  – forse – ricorrere alla valutazione di un esperto, un agronomo ad esempio, che sappia riconoscere la qualità del tuo terreno e le sue potenzialità, e magari potrebbe esserci il tanto per il recupero di una varietà antica di cereali o di frutti. Non dovrai fare le cose in fretta, e potresti anche iniziare in piccolo, ad esempio riconvertendo al bio solo una piccola parte di suolo agricolo, quella che ritieni più adatta.

La certificazione bio

Certificazione bio

Alla fine, dopo i primi raccolti e le prime soddisfazioni, potrai mostrare con orgoglio il logo della certificazione bio dell'Unione europea impressa sulle confezioni degli ortaggi, della frutta o dei legumi, e questo traguardo costituirà un vero e proprio sigillo di qualità in grado di comunicare al consumatore (cioè a me e a te che andiamo a ricercare al mercato ortofrutticolo proprio quel marchio), che:

  • Quel prodotto rispetta la natura e deriva da agricoltura sostenibile
  • La tua produzione è stata sottoposta a controlli annuali da organismi e autorità deputate a tale ruolo le quali garantiscono che hai rispettato le regole
  • Il prodotto è biologico in ogni sua componente nella percentuale minima del 95%
  • Che il tuo nome di produttore, quello del confezionatore e del rivenditore (se non siete la stessa persona) sono ben visibili nell'etichetta, così come lo è l'organismo di controllo che ha certificato il marchio bio nel corso dell'ultima ispezione prima dell'immissione sul mercato

L'Unione europea punta molto sul biologico e supporta questo tipo di produzione con incentivi e finanziamenti. Ti stupirebbe sapere che non è l'Italia in realtà il Paese con maggior percentuale di produzione biologica per estensione territoriale? Se ci basiamo sui dati del 2019, ci battono nell'ordine Austria, Svezia, Estonia e Repubblica Ceca.

Se però consideriamo la percentuale di suolo adibita a coltura biologica in termini assoluti veniamo al terzo posto dopo la Spagna e la Francia, ma la crescita sembrerebbe essere appena iniziata. Come ti dicevo, la UE crede nel biologico, e ha studiato un programma articolato e generoso per stimolare lo sviluppo dell'agricoltura biologica fino al 2030 al fine di ripristinare la biodiversità perduta a causa dei metodi intensivi: la strategia prevede lo sblocco di finanziamenti per 20 miliardi di euro all'anno e pone obiettivi come la riduzione del 50% dell'uso di pesticidi e la coltivazione a biologico di almeno il 25% dei terreni agricoli.

Insomma, il bio è davvero la punta di diamante della green economy, e il futuro dell'alimentazione, un futuro che è già il nostro presente, sulle nostre tavole.

Pro e contro

Se sei arrivato fino a questo punto, sui vantaggi dell'agricoltura biologica c'è ormai poco da aggiungere: parliamo infatti di un modo di coltivare che rispetta maggiormente l'ambiente e le sue risorse, limitando al minimo il ricorso a pesticidi e altre sostanze nocive e portando, almeno teoricamente, a un raccolto di maggiore qualità.

Tuttavia, con la diffusione dell'agricoltura biologica si è acceso un dibattito, che dura ancora oggi, sui reali benefici di questo metodo. Ad esempio, prima di arrivare al consumatore alcuni prodotti bio attraversano processi di raffinazione che li rendono in ogni caso poco sani, mentre altri contestano al biologico una produttività dei terreni troppo bassa e una chiusura verso le innovazioni tecnologiche del settore, cosa peraltro non sempre vera.

L'aspetto negativo del biologico che più di tutti riguarda il consumatore è però quello dei prezzi, significativamente più alti rispetto a quelli dei prodotti normali, abbastanza da scoraggiare le persone all'acquisto e in ogni caso non sempre giustificati dai costi sostenuti dagli agricoltori.

Tuttavia, si tratta di ostacoli superabili in futuro con una maggiore crescita del mercato e l'impiego di tecniche sempre più avanzate: se così fosse, infatti, le ragioni per non nutrirci con prodotti biologiche sarebbero pochissime.

(Modificato da Alessandro Bai il 28-1-21)