Da Pisa un progetto per salvare la Posidonia oceanica: reti biodegradabili per la riforestazione sostenibile dei fondali

L’Università di Pisa sta testando all’Acquario di Livorno una nuova rete in bioplastica in grado di degradarsi nell’acqua del mare in soli due anni. Serviranno a riforestare i fondali con la Posidonia oceanica, evitando l’inquinamento da microplastiche che si avrebbe con l’utilizzo di reti tradizionali.
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Martina Alfieri 5 Gennaio 2022

La Posidonia Oceanica è una pianta acquatica (e non un'alga!) fondamentale per il benessere dell’ecosistema marino, ma l’inquinamento, la pesca e altre attività umane hanno nel tempo impoverito sempre di più le praterie presenti sui fondali. Per evitarne la scomparsa, si stanno cercando soluzioni in grado di contribuire alla riforestazione. Proprio i supporti utilizzati a questo scopo, però, rischiano di peggiorare la situazione. Le reti tradizionali, infatti, rilasciano in acqua microplastiche inquinanti e dannose per le specie marine.

I supporti proposti per la riforestazione dei fondalispiega Maurizia Seggiani, docente di Fondamenti Chimici delle Tecnologie all’Università di Pisa – hanno un grande impatto ambientale, perché costituiti da reti di ferro rivestite con monofilamenti di polipropilene che causano la dispersione in mare di microplastiche e la morte delle specie marine che vi rimangono intrappolate”.

L’Università di Pisa potrebbe avere trovato un’alternativa efficace e sostenibile: delle reti in bioplastica, con la caratteristica di degradarsi nell’acqua salata nel giro di due anni senza contaminare l’ambiente marino. La funzione delle reti nella riforestazione della Posidonia – anche chiamata il polmone verde del Mediterraneo – è quella di contenere le piccole piantine il tempo necessario affinché attecchiscano sui fondali.

La nuova rete, frutto della collaborazione tra A.S.A. SpA, il Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale dell’Università di Pisa, Francesco Cinelli, già docente di Ecologia Marina e Scienza Subacquea all’Università di Pisa, BioISPRA e l’azienda tessile Coatyarn Srl, al momento è stata posizionata all’interno di una vasca nell’Acquario di Livorno, che consentirà il monitoraggio da vicino dei risultati di questa fase sperimentale.

Le potenzialità di impiego delle reti in bioplastica sono molto ampie – conclude Maurizia Seggiani – per esempio nell’itticoltura, o nei cosiddetti orti marini. Inoltre, le reti possono anche essere usate sulla terraferma, per esempio per consolidare frane e scarpate con un materiale in grado di biodegradarsi in quell'ambiente una volta che ha svolto la sua funzione”.

In primavera sarà effettuato un test in mare aperto in prossimità dell’Isola D’Elba, dove le praterie di Posidonia Oceanica risultano minacciate e necessitano di trapianti.