
Inoperabile. Così i chirurghi polacchi avevano definito la condizione di Michal, un ragazzo di soli 17 anni colpito da una gravissima forma di scoliosi. Dicevano non ci fosse più nulla da fare perché la deformità che aveva preso la sua colonna vertebrale aveva ormai raggiunto i 128 gradi e la curvatura era praticamente impossibile da correggere.
Anche moltissimi specialisti internazionali avevano ritenuto impraticabile un eventuale intervento chirurgico per correggere il difetto e ripristinare la mobilità della colonna.
Si tratta di un’operazione già altamente complessa con curve sotto gli 80 gradi, figuriamoci con quelle che sfiorano i 130. C’erano poche speranze, insomma. E più passava il tempo, più Michal correva il rischio di incorrere in seri problemi respiratori.
L’unico a intravedere una possibilità è stato il dottor Pedro Berjano, responsabile dell’Unità operativa di GSpine4 dell’Irccs ospedale Galeazzi – Sant’Ambrogio di Milano (Gruppo San Donato). È lui che ha operato Michal e che gli ha ridato una speranza.
Speranza che Michal aveva cominciato a perdere fin all’età di 13 anni, quando gli era arrivata la diagnosi di scoliosi e l’indicazione al trattamento con il busto e poi con un intervento di artrodesi vertebrale.
Un’opzione che gli avrebbe corretto la deformità della colonna con il sacrificio di parte della mobilità e che Michal aveva scelto di non perseguire, nella speranza (vana) di fermare la progressione della deformità con gli esercizi. Come previsto però la patologia è progredita fino a raggiungere ai 128 gradi di curvatura.
Quando è arrivato al Galeazzi di Milano Michal presentava un quadro di dolore dorsale e lombare frequente, oltre a un’evidente sofferenza emotiva.
“Presentava un tronco visibilmente deforme, con un gibbo molto evidente sotto la scapola. Oltre alle difficoltà psicologiche e relazionali, la condizione del paziente faceva presagire un incremento progressivo della curva anche nell’età adulta e la deformità della colonna avrebbe avuto un impatto sempre maggiore sulla cassa toracica, provocando una sofferenza degli organi interni” ha spiegato il dottor Berjano, sottolineando che l’intervento era assolutamente necessario.
In sala operatoria, Michal, il dottor Berjano e l’équipe di chirurghi ci è rimasta quasi 11 ore, durante le quali il medico ha sfruttato l’approccio anteriore alla colonna eseguendo una mini-toracotomia. Attraverso la piccola incisione effettuata sul fianco, ha quindi raggiunto la colonna vertebrale senza tagliare e lesionare la muscolatura sottostante e ha posizionato due ancoraggi con viti di titanio per ogni singola vertebra, nella parte della curva colpita dalla deformità.
Successivamente, attraverso corde flessibili in poliestere che permettono di conservare la mobilità del rachide, il dottor Berjano ha collegato gli ancoraggi da corde in modo che la tensione porti le vertebre ad avvicinarsi tra loro apportando così la correzione.
Grazie alla tecnica MP-ASC (Motion-Preservation Anterior Scoliosis Correction), Michal quindi ha ottenuto una significativa riduzione della scoliosi passando dai drammatici 128 gradi a 70. “In casi così gravi, la tecnica MP-ASC prevede un secondo tempo chirurgico, dopo qualche mese, di ritensionamento e ulteriore correzione della deformità per ottenere il risultato finale” ha concluso il dottor Berjano.
La speranza, in fondo al tunnel, comunque c’è e Michal inizia ad intravederla.
Fonte | Irccs ospedale Galeazzi – Sant’Ambrogio di Milano (Gruppo San Donato)