Diadora rinuncia agli scarpini da calcio in pelle di canguro dopo l’appello della LAV

La Lega Antivivisezione può dirsi soddisfatta di una prima vittoria nella salvaguardia dei canguri di Australia. Al suo appello affinché alcune aziende italiane coinvolte nel commercio di pelli di canguro interrompessero questa pratica, ha subito aderito Diadora, il brand di abbigliamento appartenente al gruppo Geox.
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Gaia Cortese 13 Novembre 2019

È lodevole la posizione presa da Diadora, il brand di abbigliamento del gruppo Geox, che ha deciso di non ricorrere più alla pelle di canguro per la produzione dei suoi prodotti. Merito soprattutto del recente appello lanciato dalla Lega Antivivisezione, che invitava diverse aziende italiane coinvolte nel commercio di pelle di canguro, a interrompere questa pratica crudele.

Con un comunicato stampa Diadora ha annunciato "l'abolizione totale della pelle di canguro da tutti i suoi prodotti a partire da fine anno 2020. La rinuncia da parte di Diadora alla pelle di canguro, comunemente usata dall’industria dello sportswear, rappresenta un ulteriore passo del percorso intrapreso dall’azienda per ridurre l’impatto ambientale della propria attività. Questa decisione conferma l’impegno di Diadora verso uno sviluppo sostenibile e responsabile”.

L’Italia è il primo paese in Europa importatore di pelli di canguro: oltre 2 milioni tra il 2012 e il 2015

La LAV, che aveva denunciato la strage di canguri in Australia attraverso la diffusione di un documentario che testimoniava la crudeltà nascosta dietro al mercato delle pelli di canguro, si è dichiarata molto soddisfatta per la decisione presa da Diadora, sottolineando come da subito il brand veneto si sia reso disponibile al confronto.

La speranza è che l’esempio virtuoso di Diadora sia imitato dalle altre aziende coinvolte: Lotto, Pantofola D’oro, Dainese, Ducati, Gimoto, Alpinestars, Vircos nel settore sportivo; Versace, Salvatore Ferragamo nel settore dell’abbigliamento; Moreschi, Moma, Fabi nel settore calzaturiero e Prolife nel settore del pet food.

Fonte | LAV