Endometriosi: quel nemico invisibile che ha stravolto la vita di milioni di donne

Tre milioni di donne solo in Italia soffrono di endometriosi. Ma la diagnosi tarda in media di 7-8 anni e non è sempre facile riconoscere questa malattia così subdola. Le conseguenze, però, possono essere devastanti. Marzo è il mese della consapevolezza dell’endometriosi. E noi, con questo video, speriamo di diffonderla un po’ di più.
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Sara Del Dot 8 Marzo 2021
* ultima modifica il 08/03/2021

Potresti averne sentito parlare come di “quel problema che ha a che fare con il ciclo”, ma senza aver mai davvero capire che cosa sia realmente. L’endometriosi, infatti, è una patologia di cui ancora si parla troppo poco. Forse perché riguarda le donne, forse perché coinvolge un aspetto della loro vita e del loro corpo che si suppone preveda già un dolore da troppi definito “normale”.

Stare male durante e tra le mestruazioni in modo continuo e invalidante, però, normale non lo è affatto. Eppure è proprio ciò che si sono sentite dire tantissime donne quando sono andate alla ricerca di qualcuno che le aiutasse ad affrontare il dolore di cui non riuscivano a liberarsi, costringendole a saltare giorni di scuola e imbottirsi di antidolorifici. Un dolore con cui, dopo anni dalla diagnosi, convivono ancora. Un dolore la cui genesi è questa nemica invisibile che, proprio perché non si vede, spesso viene trattata come se non esistesse davvero.

“Non inventarti dolori che non hai”, “Sei solo stressata, è normale soffrire durante il ciclo”, “Tutte le donne soffrono” sono espressioni che praticamente tutte le donne affette da endometriosi si sono sentite dire almeno una volta durante la loro vita, anche da parte di figure mediche che avrebbero dovuto aiutarle. E in alcuni casi, le conseguenze sono state davvero gravi.

Eh sì, perché sebbene di endometriosi soffrano almeno 3 milioni di donne in Italia, 15 milioni in Europa e 180 milioni nel mondo, la gran parte di loro ha dietro di sè un passato clinico ed emotivo costellato di incomprensioni, accessi al pronto soccorso con diagnosi assurde, assenze da scuola e dal posto di lavoro, licenziamenti, discriminazioni (di genere) dovute alla scarsa conoscenza della patologia. A ciò si aggiunge anche la paura di rivolgersi a un medico che avrebbe potuto non capire, la paura di confrontarsi con relazioni amorose e rapporti sessuali (spesso dolorosi), il percorso di consapevolezza dovuto alla possibilità di non diventare mai madre.

Nessuna donna con endometriosi ha avuto una storia semplice. Ascoltarle parlare è come ricevere un pugno nello stomaco. Ed è inevitabile domandarsi come sia possibile che questa patologia venga generalmente considerata come una malattia che interessa "alcune donne" e non come un vero e proprio problema sociale.

C’è chi come Vania ha subìto un intervento talmente invasivo e pesante da rimanere in coma farmacologico per due giorni e trovarsi, anni dopo la diagnosi, a convivere con un neurostimolatore sacrale impiantato nella schiena; c’è chi, come Giovanna, ha trascorso l’adolescenza tra atroci dolori vedendosi prescrivere antidepressivi invece che essere ascoltata su quale fosse l’origine del suo disagio; c’è chi, come Eridania, ha avuto i primi sintomi a 33 anni e ha ricevuto la diagnosi di endometriosi sentendosi dire “non potrai avere figli, però stai bene”. Ti sembrerà incredibile ma di storie così, legate all'endometriosi, ce ne sono migliaia. Anzi, milioni.

Una cosa però è sicura: ciò che accomuna la storia di tutte queste donne, oltre alle cicatrici rimaste dentro e fuori, è il ritardo con cui è arrivata la diagnosi, e quindi il conseguente trattamento clinico.

Anche per questo, forse, il 14 febbraio il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione che prevede la promozione della parità di genere nella salute mentale e nella ricerca clinica, citando proprio l’endometriosi come malattia incurabile (…) che frequentemente conduce alla sterilità e spesso causa elevati livelli di dolore e problemi di salute mentale, con un effetto altamente invalidante in diversi aspetti della vita lavorativa, privata e sociale”. In questo documento non vincolante, viene chiesto tra le altre cose di “aumentare i finanziamenti per promuovere la ricerca sulle cause e le possibili cure dell'endometriosi, nonché la stesura di orientamenti clinici e la creazione di centri di riferimento; promuovere campagne di informazione, prevenzione e sensibilizzazione sull'endometriosi e fornire mezzi per la formazione di professionisti specializzati nell'ambito sanitario e per le iniziative di ricerca”.

Cos’è l’endometriosi

L’endometriosi è una malattia cronica e ormono-responsiva ancora in fase di studio, che colpisce le donne in età fertile, quindi dal primo ciclo, il menarca. Ci sono diverse teorie riguardanti la sua genesi, quella attualmente più diffusa riguarda la presenza di tessuto endometriale o simil- endometriale fuori dalla cavità uterina (sua sede naturale), quindi su organi su cui non dovrebbe stare, come ad esempio la vagina, l’intestino, i reni, i nervi, addirittura i polmoni. Qui, può attecchire e creare dei “focolai” di endometriosi. E quindi, cosa accade?

Durante i cicli mestruali, lo spot di tessuto reagisce proprio come l’utero, con la differenza che si trova in un’altra sede. Ciò significa che si ingrandisce, sanguina, si cicatrizza e crea aderenze tra gli organi colpiti. Questo fenomeno può arrivare a creare grosse cisti e dolori fortissimi. Per questo motivo è fondamentale saper riconoscere il prima possibile i sintomi per potersi sottoporre a una visita ginecologica e iniziare una terapia al più presto.

I campanelli d’allarme

I campanelli d’allarme che non bisogna assolutamente ignorare sono prevalentemente tre, anche se la sintomatologia cambia a seconda di ogni singola donna, anche in base a quale organo è stato colpito. I segnali principali, che possono presentarsi da soli oppure contemporaneamente sono dismenorrea, ovvero forte dolore durante le mestruazioni, algie pelviche croniche, ovvero dolori pelvici protratti nel tempo nel periodo tra i due cicli, disparonia, ovvero dolori durante i rapporti sessuali, in particolare sul fondo vaginale. Ma la sintomatologia può manifestarsi anche attraverso problematiche intestinali, costipazione, difficoltà a rimanere incinta, dolori agli arti.

L'importanza della diagnosi

Diagnosticare il prima possibile l'endometriosi è fondamentale per riuscire a impostare un percorso di cura e trattamento che possa offrire alla donna la qualità di vita più alta possibile. Purtroppo, al momento si calcola che la diagnosi di endometriosi subisca un ritardo di circa 7-9 anni rispetto all'insorgenza dei primi sintomi. E le ragioni spaziano dalla natura subdola della patologia, non sempre chiaramente riconoscibile, la scarsa informazione e sensibilizzazione (nonostante l'importante diffusione), la presenza esigua di ginecologi specializzati nel trattamento di endometriosi e quindi in grado di riconoscerne subito sintomi e caratteristiche. Per questo molte donne, come è accaduto a tutte quelle con cui abbiamo parlato, si trovano a incontrare diversi medici prima di ricevere finalmente una diagnosi. Diagnosi che, se avvenuta dopo un percorso lungo e complicato, finisce spesso col rappresentare un sollievo, la prova definitiva che qualcosa che non andava c'era e la sicurezza che da quel momento in poi le cure (e le forze) prenderanno una strada definita.

Le conseguenze

Iniziamo col dire che, al momento, dall'endometriosi non si guarisce. I trattamenti clinici puntano a consentire alla donna di vivere la propria vita in modo normale, riducendo al minimo il dolore e preservandola dai gravi effetti che possono derivare dall'ignorare la sua presenza.  Se l’endometriosi non viene individuata in tempo e quindi trattata a livello medico, infatti, le conseguenze possono essere molto severe: necessità di sottoporsi a interventi chirurgici molto invasivi e pesanti, perforazione dell’organo da parte del nodulo edometriosico, e infertilità. Circa il 30-40% delle donne sterili, infatti, soffre di endometriosi. È sufficiente per considerare l’endometriosi come un problema sociale che non riguarda soltanto un singolo genere?

Una battaglia da affrontare insieme

Quella all'endometriosi è una battaglia che, se vissuta in solitudine, può avere effetti devastanti sulla mente e sull'emotività di chi ne soffre. Per questo, per le donne affette da endometriosi fare rete è fondamentale. Essere insieme, condividere conoscenze, comunicare le proprie esperienze ha aiutato tantissime persone, non ultime le tre donne con cui abbiamo parlato. Nel corso degli anni sono nate diverse realtà, pagine social, communities che hanno l'obiettivo di informare e sensibilizzare nel modo migliore e più pervasivo possibile soprattutto le adolescenti, che saranno le donne di domani. Ma questi spazi rappresentano anche un'importante opportunità per poter raccontare la propria storia senza la paura di non essere credute o giudicate. Ogni anno, poi, nel mese di marzo, mese dedicato alla consapevolezza sull'endometriosi, viene organizzata in ogni capitale del mondo l'Endomarch una marcia per sollevare attenzione sul tema. Durante questo periodo, viene chiesto alle istituzioni locali di illuminare di giallo un monumento della città. Un lavoro molto intenso, quello dell'informazione sull'endometriosi, che richiede un impegno e caparbietà costanti. Un lavoro, però, assolutamente necessario per evitare che altre donne, in Italia e nel mondo, si sentano sole nell'affrontare questo nemico invisibile. Perché, come ci ha detto Vania, "se quando ho ricevuto la diagnosi avessi saputo che in Italia c'erano milioni di altre donne come me non avrei sofferto così tanto. Ora sto dedicando la mia vita ad aiutare le altre donne con endometriosi ad affrontare la loro battaglia e soprattutto a sentirsi meno sole".

Le informazioni fornite su www.ohga.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.