
Come un ospite non gradito, le fake news sono ormai entrate nella nostra vita di tutti i giorni. O meglio, le bufale esistono da secoli, ma col web questo fenomeno ha vissuto, e sta tuttora vivendo, una notevole amplificazione. Non a caso, nel 2017 il dizionario Collins, il più diffuso della lingua inglese, l'aveva scelto come parola dell'anno. Pertanto, in una società complessa come quella attuale, abbiamo bisogno di bussole per non perderci nel mare magnum di informazioni in cui è possibile imbattersi su Internet e sui social network. E ne abbiamo bisogno anche per quanto riguarda le tematiche ambientali.
Per questo motivo Legambiente, insieme al suo mensile La Nuova Ecologia, hanno lanciato la campagna "Unfakenews", uno spazio in cui ribadire l'impegno per un'informazione corretta, su basi scientifiche, ospitando gli interventi di esperti in modo da dare rigore e coerenza alle battaglie in difesa dell’ambiente e della salute pubblica: ogni mese ciascuna uscita ti permetterà di approfondire questioni che vanno dalle energie rinnovabili alla biodiversità passando dall'industria del riciclo e averne un'idea più chiara. Nel sito troverai per ogni approfondimento una piattaforma multimediale dove, oltre alla parte testuale, ci sarà spazio anche per podcast e video. "In più, il lettore", aggiunge Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, "può selezionare il grado di approfondimento di ciascuna notizia" .
Quando è nata l'idea di avviare una campagna come Unfakenews?
L’abbiamo pensata poco più di un anno fa. Durante il congresso nazionale di Legambiente del novembre 2019, a Napoli, nella mia relazione introduttiva avevo lanciato un allarme sulle fake news ambientali e sulla necessità di rilanciare in Italia l’ambientalismo scientifico, che è quello che cerchiamo di praticare come associazione da quando siamo nati, cioè da più di quaranta anni. Il nostro è un Paese che troppo spesso va dietro agli stregoni, anziché ascoltare gli scienziati.
Che cosa intende per "stregoni"?
Mi riferisco in particolare a chi racconta bufale ambientali presentandosi come esperto. C’è poi anche il tema del greenwashing, perché molto spesso dietro ai messaggi rassicuranti delle aziende che vogliono continuare a inquinare si nasconde una realtà ben diversa. Nello specifico, a Napoli facevo riferimento a come la politica non avesse gestito in maniera adeguata l’emergenza Xylella in Puglia, sia a livello locale sia a livello nazionale, abbandonandosi all’inazione o dando retta perfino a teorie strampalate. Ma la stessa cosa vale per tante altre iniziative. Guardiamo per esempio agli impianti che producono biogas dalla frazione organica differenziata, dagli scarti della filiera agroalimentare, dai reflui zootecnici, dai fanghi di depurazione. Capita che vengano descritti come molto inquinanti, o addirittura paragonati a centrali nucleari.
A proposito di fake news, è emblematico che con l'arrivo del Covid-19 si è arrivati a parlare di "infodemia" per evidenziare la quantità eccessiva di informazioni, alcune delle quali non verificate, che rende ancora più difficile avere punti di riferimento.
Proprio con lo scoppio della pandemia lo scorso marzo abbiamo ripreso con forza l'idea di spingere l’attività di Legambiente verso la lotta contro le fake news. All’inizio dell’emergenza sanitaria c’è stato un grande ritorno della scienza: in televisione e sui giornali venivano spesso interpellati medici, virologi, esperti. Ma è stato un fuoco di paglia. Col passare del tempo si sono affacciati nel dibattito pubblico anche aspiranti tuttologi, e questo capita purtroppo anche sulle questioni ambientali. Ecco allora che come Legambiente abbiamo deciso di dare il via a una vera e propria campagna contro le bufale.
Quale obiettivo vi proponete?
Cerchiamo di raccontare la verità ai cittadini, con un approccio divulgativo e allo stesso tempo sempre fondato sulla scienza. Non proponiamo solo la versione di Legambiente, ma facciamo parlare direttamente gli scienziati, ovvero coloro che sono veramente esperti di un determinato tema. Per esempio, nella prima puntata dedicata al 5G e all’inquinamento elettromagnetico, abbiamo fatto parlare Fiorella Belpoggi, direttrice scientifica dell’Istituto Ramazzini di Bologna. Questo, da una parte, ci consente di indirizzare meglio i cittadini nelle loro scelte e nelle loro mobilitazioni. Dall’altra, rappresenta uno strumento anche per i giornalisti, perché è fondamentale che il mondo dell’informazione non contribuisca ad alimentare fake news.
Per il momento sono uscite due puntate; qualche anticipazione sui prossimi appuntamenti?
I prossimi temi andranno dall’agrivoltaico all’usa e getta nell’era Covid, dal geotermico alla convivenza con animali come i lupi e gli orsi. Inoltre, siamo pronti a intervenire con delle puntate straordinarie, diciamo così. Ti faccio un esempio. Si è tornato di recente a discutere sul deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, su cui si è già creato un certo allarmismo. Ma i cittadini italiani devono sapere che siamo già pieni di rifiuti radioattivi; che a volte stanno in luoghi insicuri, come gli scantinati degli ospedali, dove si effettuano analisi che utilizzano le sorgenti radioattive.
Ci sono vari depositi pericolosi sparsi per la Penisola: penso ai tremila fusti stipati in un capannone malmesso nella provincia di Taranto, a Statte, penso ai rifiuti radioattivi che si trovano nel sito di Saluggia, in provincia di Vercelli, che ha corso il rischio di essere allagato quando la Dora Baltea esondò nel 2000; penso ai rifiuti radioattivi contenuti nell’ex centrale elettronucleare di Sessa Aurunca, in provincia di Caserta, che è stata toccata dall’esondazione del fiume Garigliano quindici anni fa. Questo sarà di certo un approfondimento straordinario che faremo a breve; è bene che i cittadini siano informati sul fatto che ci sono già parecchi rifiuti radioattivi in Italia e che è meglio portarli via da luoghi insicuri, perché ci sono seri rischi relativi alla salute delle persone e all'ambiente.