Fridays for Future e i collettivi studenteschi hanno occupato simbolicamente la Statale di Milano

Il 22 e il 23 maggio gli studenti della Statale di Milano hanno occupato una parte dell’Università per aderire alla campagna internazionale End Fossil e per protestare contro i corsi organizzati e finanziati da Eni nelle università italiane.
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Francesco Castagna 24 Maggio 2023

Un gesto simbolico, una due giorni che si è conclusa il 22 maggio l'occupazione del chiostro della Ghiacciaia dell'Università Statale di Milano. Gli attivisti ambientalisti di Fridays for Future e del collettivo studentesco "Ecologia Politica" hanno piantato tende e appeso striscioni all'interno della sede per protestare contro Eni e le politiche del governo italiano, che mirano a far diventare l'Italia un hub del gas europeo.

Il 22 gennaio la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni si era recata in Algeria per incontrare il Primo Ministro algerino Aïmene Benabderrahmane. Lo scopo era portare avanti le trattative sull’energia iniziate dal governo Draghi e confermate dall'esecutivo Meloni, per creare un vero e proprio Piano Mattei.

L'occupazione è avvenuta in solidarietà alla campagna internazionale End Fossil "per chiedere uno stop immediato ai finanziamenti pubblici al fossile e alla presenza dei privati del fossile come Eni e Snam nelle università, criticando le scelte del governo che continua a trivellare l’Adriatico e approvare progetti di nuovi condotti di gas fossile e rigassificatori", si legge nel comunicato degli attivisti.

Abbiamo così raggiunto Ester Barel e Marta Maroglio, portavoce nazionali di Fridays For Future Italia, per approfondire i motivi della protesta. Tutto nasce dal fatto che in Statale esiste un corso magistrale in scienze della terra finanziato da ENI. Il fine, stando al sito della compagnia, sarebbe "fornire avanzate competenze per operare nell’ambito dei servizi geologici per l’esplorazione e la produzione petrolifera".

"Abbiamo fatto un'occupazione che rientra nella campagna internazionale End Fossil, con la quale si chiede ai governi internazionali di bloccare gli investimenti ambientalmente dannosi. Chiediamo che Eni e altre aziende responsabili della crisi climatica smettano di essere quelle che insegnano la transizione energetica e che finanzino la ricerca all'interno delle università italiane", spiegano le attiviste. Per questo motivo, ci sono stati due giorni intensi di dibattiti, dialoghi e confronti perché per le attiviste è fondamentale non smettere di credere che la formazione sia davvero libera.

Accusano Eni di essere una delle principali responsabili del greenwashing in Italia all'interno delle università. Un'azienda che, secondo Ester Barel, fa extra-profitti senza pensare agli interessi degli italiani. Per questo motivo, gli attivisti e i collettivi chiedono un corso sulla questione della giustizia climatica "necessariamente affiancato da un tavolo con gli studenti per la costruzione e il monitoraggio, per evitare che la gestione di questo passi in mano ai privati".

Un corso che guardi soprattutto agli aspetti sociali, culturali e politici che ruotano attorno alla transizione ecologica, poiché altrimenti diverrebbe una cattedra dove si insegna un sistema ecosostenibile che comunque continua a creare disuguaglianze e a sfruttare le risorse e il territorio.

"Chiediamo una comunicazione limpida e immediata sui rapporti tra l’università statale
di milano e i finanziamenti dei privati, in modo che gli studenti possano accedervi
semplicemente e conoscere i rapporti della loro università", si legge nel comunicato degli studenti.