giornata consapevolezza autismo

Perché non si “soffre” di autismo e perché non si può “curare”

Le persone autistiche non sono da curare, a meno che affette da patologie e compromissioni, eppure l’autismo è ancora considerato una malattia. Facciamo un po’ di chiarezza in occasione della Giornata mondiale per la consapevolezza sull’autismo 2024.
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Evelyn Novello 2 Aprile 2024
* ultima modifica il 02/04/2024

Scorrendo tra i titoli delle news di oggi ti sarai imbattuto probabilmente nella frase "Un bambino su 77 in Italia soffre di autismo". Il verbo "soffrire" dimostra quanto ancora avremmo da imparare sull'argomento perché di autismo non si soffre e, per dirla tutta, non è una caratteristica che coinvolge solo i bambini come i luoghi comuni vorrebbero. La Giornata mondiale per la consapevolezza dell'autismo è stata istituita nel 2007 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite proprio per far sì che, non solo si diffonda sempre più consapevolezza su cosa sia davvero l'autismo, ma anche per promuovere la ricerca e la diagnosi contrastando la discriminazione e l’isolamento a cui devono ancora sottostare le persone autistiche.

Come ci stanno spiegando sempre più spesso alcune attiviste, l'autismo è una condizione atipica del neurosviluppo. Esistono persone neurotipiche e persone autistiche e, in quanto nate con un certo funzionamento mentale, nessuna delle due categorie necessita di una "cura". Basta, quindi, con le espressioni "affetta da autismo" o "malata di autismo" perché è come se stessimo parlando di orientamenti sessuali, cercare di "curare" una persona omosessuale è una violenza così come lo è verso una persone autistica.

Quello che si può curare, semmai, sono le compromissioni che possono essere intellettive, motorie o del linguaggio e altre patologie più o meno rare che sarebbero comunque da valutare separatamente. Il fatto che immaginiamo gli autistici o come super geni o con evidenti disabilità, ci dovrebbe far riflettere su quanto poco ascoltiamo chi ne è davvero coinvolto, forse perché ai nostri occhi nemmeno degno di esprimersi. L'autismo è estremamente eterogeneo, non esistono due persone autistiche uguali e non dovrebbero esistere categorie o stereotipi, tant'è che molte persone autistiche lo stanno spiegando a chiare lettere. Per citare solo qualche esempio, tre attiviste e divulgatrici in materia sono Giulia Gazzo, Margherita Tercon e Red Fryk Key.

Una conseguenza della poca consapevolezza diffusa sul tema dell'autismo è il mostruoso ritardo nella diagnosi. Sentirsi sbagliati, non capiti ed esclusi dalla società semplicemente perché aventi alcune necessità giudicate "stranezze", che possono essere, ad esempio, l'amore o il ripudio di alcuni stimoli sensoriali, può portare a soffrire profondamente fino a ricadere nella depressione o, addirittura, alla volontà di suicidio. Lo stesso sguardo pietistico è rivolto, non a caso, alle persone disabili pensate dall'immaginario comune come o "poverini" o supereroi ma che, al contrario, come ci aveva spiegato Iacopo Melio, in quanto semplici persone, possono essere atleti olimpici ma anche semplici impiegati, professori o dipendenti pubblici.

In una società come la nostra in cui ogni divergenza dalla "normalità" è condannata e considerata devianza, è tremendamente difficile ammettere a sé stessi in primis, e poi agli altri, di essere diversi ma ugualmente degni di rispetto e considerazione. E così, le peculiarità diventano problemi, gli elementi caratteriali sintomi di una patologia. Forse, se alcuni di noi incontrano oggettivamente più difficoltà nella vita di tutti i giorni è perché abbiamo impostato il mondo a misura di persona abile e neurotipica, così come bianca, cisgender ed eterosessuale. Se guardassimo al genere umano come a un insieme di sfumature non parleremmo nemmeno più di "inclusione", ma di semplice rispetto per l'altro.

Le informazioni fornite su www.ohga.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.