I disabili non sono né “poverini” né supereroi. Il perché te lo spiega Iacopo Melio

“Portatori di handicap”, “esseri speciali”, “diversamente abili”. I disabili sono chiamati in molti modi, sbagliati. Tendiamo a guardarli con occhi pietistici, a vedere unicamente la loro carrozzina e li osanniamo se si conquistano una medaglia. Ma ci dimentichiamo che sono persone, prima di tutto, e che la disabilità deriva dalle mancate condizioni messe a loro disposizione per condurre una vita del tutto normale. Ne abbiamo parlato con Iacopo Melio.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Evelyn Novello 3 Dicembre 2023

Quante volte hai letto notizie che riguardavano persone disabili che enfatizzavano senza sosta le loro sfortune? Da una parte sì, sono storie fonte d'ispirazione, dall'altra però alzano l'aspettativa che tutti ci creiamo nei confronti di chi ha una disabilità. É come se, per essere degni di esistere, debbano per forza compiere gesta eroiche o meritarsi una medaglia per qualcosa. I disabili, però, non sono tutti supereroi o geni, e nemmeno "esseri speciali" che sperimentano solo sofferenza e per cui proviamo compassione. Sono persone, semplicemente, e in quanto tali possono essere atleti olimpici ma anche semplici impiegati, scienziati o dipendenti pubblici. Ah, e non chiamarli con quelle formule strane come "portatori di handicap".

In occasione della Giornata internazionale delle persone con disabilità, indetta dalle Nazioni Unite dal 1981 ogni 3 dicembre, sfatiamo i luoghi comuni che interessano i disabili e lo facciamo con Iacopo Melio, scrittore, politico e attivista per i diritti umani.

Ciao Iacopo, oggi con te vorremmo sfatare qualche mito che circonda la disabilità. Le persone disabili sono spesso o guardate con occhi pietistici o infantilizzate. Insomma, o suscitano pena o tenerezza. Perché accade e cosa rispondi a chi si comporta così?

Pietismo, compassione e infantilizzazione sono gli atteggiamenti più deleteri che ci possano essere verso la disabilità, e sono oggi estremamente comuni perché non abbiamo ancora imparato a "comunicare bene" la disabilità, cioè a raccontare e spiegare cosa effettivamente questa sia: una condizione che riguarda chiunque quando ci si trova in un ambiente sfavorevole o quando non vengono forniti i giusti strumenti per autodeterminarci in un’ottica di parità. Insomma, la disabilità è una responsabilità sociale e collettiva, e non ci tocca in senso assoluto ma in un singolo preciso momento. Solo quando cominceremo a vedere le persone disabili solo come “persone” avremo davvero iniziato a combattere seriamente certi sentimenti dannosi.

Da un disabile ci si aspetta che o non riesca a fare nemmeno le piccole cose o scali le montagne. Ti sei mai sentito in dovere di essere ciò che non sei o di fare cose speciali? La gente cosa si aspetta da te e in generale dai disabili?

La gente ha bisogno di conferme per i loro bias cognitivi: l’ "inspiration porn" e l’eroificazione delle persone con disabilità sono altri due aspetti abilisti, ovvero discriminatori, perché usano chi ha una disabilità per sentirsi persone migliori, più fortunate, e al tempo stesso avere uno stimolo per spronarsi sfruttando le sfighe altrui. Io non ho mai sentito il bisogno di dimostrare nulla a nessuno né di compensare chissà quali mancanze: ciò che ho fatto nella mia vita, soprattutto a livello professionale, l’ho fatto perché me lo sono scelto e conquistato rimboccandomi le maniche, forse con competenza e forse con un po’ di fortuna. Ma come fanno migliaia di persone non disabili certificate ogni giorno.

Quando leggiamo notizie che hanno come protagonista un disabile di solito i casi sono due, o ha compiuto grandi imprese (come gli atleti paralimpici) o si trova in gravi condizioni di salute. Cosa ne pensi di questa narrazione e come bisognerebbe riscriverla? Cosa critichi delle notizie che leggi sulle persone disabili e cosa vorresti leggere di più?

Il linguaggio è fondamentale perché sta alla base della cultura, ed è questa che condiziona gli atteggiamenti delle persone. Il giornalismo ha una responsabilità enorme, eppure raramente lo troviamo esprimersi in modo corretto verso le persone con disabilità, questo perché, come dicevo, non si è ancora capaci di vedere la “persona” e basta, enfatizzando quasi sempre inutilmente la sua disabilità, anche quando non c’entra assolutamente nulla con la notizia in sé, giusto per invogliare maggiormente alla lettura facendo leva sui sentimenti (quelli sbagliati, però). Vorrei in questo leggere meno sensazionalismo gratuito, imparando a omettere dettagli superflui.

Quando capita che conosciamo una persona disabile vediamo prima la sua condizione fisica che lui/lei in quanto essere umano con la sua storia e le sue emozioni. Quali sono le cinque frasi che non dovremmo mai dire quando ne incontriamo una?

Ah, ce ne sono troppe, ma più che frasi parole come “diversamente abile”, “portatore di handicap”, “costretto in carrozzina”, “affetto da disabilità”, “persona speciale”… Tutto ciò che contribuisce ad alimentare un’immagine pesante, sofferente e triste della disabilità, trasmessa come malattia, è assolutamente da evitare perché impedisce una piena normalizzazione di certe condizioni, continuando a evidenziare le diversità e le difficoltà, allontanando le persone, anziché avvicinarle enfatizzando le potenzialità e abilità che tutte e tutti noi abbiamo in qualche modo.