
Definire “drammatiche” le immagini provenienti in questi giorni dalla Sardegna sarebbe un cortese eufemismo. Un paesaggio desolato di vegetazione carbonizzata, animali bruciati vivi o morti soffocati, persone disperate per vedere minacciate le loro case e le loro fonti di lavoro e sostentamento. Gli enormi incendi che hanno colpito la Sardegna hanno spazzato via una parte consistente del lavoro, sopravvivenza, vita e cultura di una regione che proprio ora stava con fatica ripartendo grazie anche alla stagione turistica.
Oggi, martedì 27 luglio, la situazione sembra migliorata anche se operatori a terra e canadair sono ancora al lavoro per arginare gli effetti degli incendi e gestire il fuoco che cova sotto la cenere per evitare che divampi nuovamente. Quasi tutti gli sfollati sono rientrati nelle loro case (pare ne manchino ancora un centinaio) e si parla in una prima stima di circa 200milioni di euro di danni.
Che si dovesse parlare prima di prevenzione e non ora di gestione dell’emergenza ormai è chiaro, e si tratta infatti dell’accusa principale rivolta alle istituzioni che poco o nulla sembrano aver fatto per impedire il verificarsi di questo disastro.
Anche perché gli effetti, a livello economico, agricolo e ambientale non sono da sottovalutare.
Oltre a essere andati in fumo almeno 20mila ettari di terreno, infatti, anche a livello faunistico e zootecnico il bilancio è catastrofico. A cominciare dall’olivastro millenario di Cuglieri, di cui abbiamo già parlato, che ha portato con sé millenni di storia e cultura del luogo. Un patrimonio irrecuperabile.
Coldiretti ha fatto sapere che sono morti tra le fiamme centinaia di galline, mucche, buoi pecore e cavalli, vite innocenti nonché elementi fondamentali per l’economia locale, colpiti dagli incendi mentre erano al pascolo oppure rimasti intrappolati nelle stalle o nei recinti. Accanto a loro, gatti intrappolati nelle gabbie del gattile, cani ustionati che non hanno abbandonato il gregge, cavalli che hanno ceduto al fuoco. E non è andata meglio per gli animali selvatici, come simboleggia l’immagine della volpe morta asfissiata dall’inalazione dei fumi dei roghi.
Subito diverse realtà e associazioni si sono attivate per riuscire a recuperare e salvare gli animali superstiti. I veterinari della zona si sono offerti di ospitare tutti gli animali che possono, come Monica Pais presso la cui Clinica Veterinari Duemari è arrivato in cura il cane pastore diventato celebre per le gravissime ustioni riportate per non aver abbandonato il suo gregge.
Ma anche la Lav si è subito attivata partendo alla volta della Sardegna con la sua ambulanza veterinaria per contribuire ad arginare l’emergenza.