Gli oceani toccano i 20° e El Niño potrebbe peggiorare l’aumento della temperatura terrestre

La temperatura record degli oceani del Pianeta ci fa entrare in un “territorio sconosciuto”. Parliamo di quello che avviene e potrà succedere con Giulio Betti del CNR.
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Andrea Di Piazza Geologo specializzato in Green Management
10 Maggio 2023 * ultima modifica il 31/05/2023
Intervista a Dott. Giulio Betti Meteorologo e climatologo presso il Consorzio LaMMA (Laboratorio di Monitoraggio e Modellistica Ambientale) e l’Istituto di Bioeconomia (IBE) del CNR di Firenze

Nel momento in cui stiamo scrivendo questo articolo, il valore medio di temperatura della superficie degli oceani e dei mari del mondo ha toccato il valore di 20,92°C. Si tratta di un dato estremamente più alto rispetto alla media storica di riferimento (20,29°C sul periodo 1982-2011) e appena inferiore al picco di temperatura registrato ad inizio aprile scorso (21,04°C), un massimo mai osservato in questo periodo dell’anno. “Stiamo entrando in un territorio sconosciuto” dicono i climatologi e gli scienziati che si occupano dei fenomeni climatici connessi al riscaldamento globale. Dopo tre anni consecutivi con La Niña, anomalia climatica opposta al ben più famoso El Niño, la temperatura globale non ha subito aumenti significativi, pur rimanendo al di sopra dei valori medi. Adesso potrebbe essere il turno di El Niño, i cui effetti potrebbero amplificare non solo l’aumento della temperatura media terrestre ma anche quella della superficie degli oceani.

Quali sono le implicazioni del riscaldamento degli oceani

Gli oceani hanno un ruolo fondamentale nella regolazione del clima terrestre e, tra l’altro, sono tra i principali assorbitori naturali di anidride carbonica, da questo punto di vista il loro riscaldamento provoca una diminuzione della frazione di CO2 assorbita e un aumento di quella presente in atmosfera. Pur entrando adesso in quel “territorio sconosciuto”, si sa che gli effetti a cascata del riscaldamento marino potrebbero essere molteplici con effetti incerti soprattutto a livello locale.

Uno dei primi effetti del riscaldamento degli oceani è l’aumento della probabilità di ondate di calore terrestri e marine” spiega Giulio Betti meteorologo e climatologo presso il Consorzio LaMMA (Laboratorio di Monitoraggio e Modellistica Ambientale) e l’Istituto di Bioeconomia (IBE) del CNR di Firenze, che specifica come “In particolare, in alcune zone del Pianeta come l’Australia, il Sud est asiatico, parte dell'Asia centro-orientale, il Canada e l'America Latina, potrebbero aumentare anche il rischio incendi e siccità”. A riprova di questo scenario, negli ultimi giorni un’ondata di calore storica ha interessato il Sud est asiatico con 44,2°C registrati in Vietnam, nel distretto di Tuong Duong: la temperatura più alta mai registrata nel Paese, secondo il National Center for Hydro Meteorological Forecasting, che ha stracciato il precedente record di 43,4°C, misurati nel 2019. Caduti record di caldo anche in Laos, 43,5°C a Luang Prabang (record precedente di 42,7°C ad aprile 2023) e in Thailandia, dove Bangkok ha raggiunto i 41°C, una temperatura mai registrata nella grande città asiatica.

incendi

Temperature superficiali così alte”, continua Giulio Betti, “possono fornire un contributo dinamico ai cosiddetti ‘fiumi atmosferici legati all'aumento dell'evaporazione complessiva e capaci di portare intense piogge in determinate aree del globo e anche provocare una diminuzione nel numero degli uragani atlantici ed un aumento di quelli pacifici (causata in particolare da El Niño)”. Non ultimo l’impatto sugli ecosistemi: “Lo stress termico legato al riscaldamento dell’acqua marina provoca un aumento del rischio di sbiancamento delle barriere coralline ed irregolarità in alcune catene trofiche marine dovuto alle modifiche al termoclino”.

Quale impatto sul Mediterraneo?

Il cambiamento climatico non è uguale in tutte le aree della Terra. Secondo gli scienziati, esistono dei cosiddetti ‘punti caldi’ (hot spot), ovvero delle zone che si stanno riscaldando più rapidamente di altre, facendo osservare variazioni importanti nei valori medi e nella variabilità inter-annuale di temperatura e precipitazione. Una di queste è proprio il Mediterraneo.

A livello regionale è più complesso prevedere degli effetti del riscaldamento degli oceani” spiega il climatologo Betti, “Con molta probabilità vivremo un'altra estate molto calda, sebbene risulti abbastanza improbabile raggiungere le storiche anomalie del 2022. Mentre gli effetti potrebbero essere più rilevanti nella prossima stagione autunnale e invernale, dato il surplus di calore e di umidità cumulati a livello euro-atlantico (maggiori piogge, ma in un contesto mite) e la tendenza ad alte pressioni di blocco verso latitudini più settentrionali”. Va tuttavia ribadita ancora una volta la grande incertezza sugli effetti regionali rispetto ad un meccanismo non lineare e a così vasta scala.

El Niño, La Niña e il clima terrestre

Pur avendo nomi così innocui, solo apparentemente, El Niño e La Niña sono schemi di circolazioni atmosferici capaci di influenzare l’andamento del clima terrestre per anni. Si tratta, nel primo caso, del riscaldamento e, nel secondo caso, del raffreddamento delle acque dell'Oceano Pacifico Centro-Meridionale e Orientale combinate con oscillazioni della pressione atmosferica sempre nella stessa area. Nel caso di El Niño si assiste ad una variazione positiva della temperatura delle acque del Pacifico di almeno 0,5°C per almeno oltre 5 mesi, mentre la fase opposta è caratterizzata da un’eguale anomalia negativa per almeno lo stesso periodo di tempo. Gli effetti sul clima globale sono opposti e molteplici.

Come spiega Giulio Betti “Dopo 3 anni consecutivi con La Niña la temperatura globale non ha subito aumenti, pur mantenendosi ben al di sopra della media e continuando quindi a sostenere il trend pluridecennale. Con El Niño, invece, è molto probabile che la temperatura media terrestre torni a crescere su valori record”.

Secondo Petteri Taalas, capo dell'Organizzazione meteorologica mondiale dell'Onu, infatti si stima che la probabilità di accadimento del fenomeno da qui alla fine di settembre sono pari all’80%. Gli effetti, sempre secondo l’ONU, potrebbero essere un nuovo picco del riscaldamento globale e una maggiore possibilità di battere record di temperatura in varie zone del Pianeta.

Le conferme arrivano anche dagli altri scienziati. “Un recente studio stima il 38% di probabilità che il 2023 possa essere l'anno più caldo della serie storica”, fa sapere Giulio Betti, “mentre il 2024, con El Niño conclamato, si candida con ampio margine di sicurezza a scalzare il 2016. Per quanto riguarda Italia ed Europa, il 2022 è stato l'anno più caldo mai osservato, ma non è detto che ciò accada anche nel 2023 e nel 2024, per via delle diverse configurazioni attese. Quindi, a livello "locale" non è detto che siano anni da record”.

Cosa aspettarci dal futuro?

Il futuro prossimo è paradossalmente più semplice da prevedere rispetto ad una previsione meteorologica dettagliata a 5 giorni” fa sapere Giulio Betti, “Le temperature a livello globale e continentale, purtroppo, sono destinate a crescere ancora nei prossimi decenni e con esse la frequenza delle ondate di calore, dei periodi siccitosi e dei fenomeni pluviometrici estremi. Senza contare l'ulteriore riduzione dei ghiacciai montani, la fusione di alcune porzioni di ghiacciai continentali e il conseguente innalzamento del livello medio dei mari”.

Scenari frutto del riscaldamento globale che, come ormai assodato, è innescato principalmente dalle emissioni di gas climalteranti legati alle attività antropiche. Continuare ad utilizzare i combustibili fossili, significa aggiungere ulteriore anidride carbonica e metano in atmosfera con effetti che vedremo solo nei decenni a venire.

La variabile che può cambiare le cose è sempre la stessa: la concentrazione di CO2 in atmosfera” conclude Giulio Betti, “Finché questa crescerà, con tutte le retroazioni positive ad essa associate, non ci saranno sorprese rispetto alla tendenza climatica descritta. Se invece riusciremo ad arrivare, in tempi brevi, alla parità tra emissioni e assorbimenti (se non addirittura all'azzeramento totale delle prime) allora avremo più probabilità di smentire le previsioni, di stabilizzare la temperatura globale e di adattarci”.

Dopo una laurea in Geologia ed un dottorato di ricerca presso l'Università degli Studi Roma Tre, ha lavorato come ricercatore presso altro…