
L'avvento di Joe Biden e di Kamala Harris alla Casa Bianca rappresenta dunque una ventata di speranza. Neanche il tempo di festeggiare il successo alle elezioni, e il neo presidente degli Stati Uniti d'America ha già reso noto quali saranno i quattro pilastri della sua azione politica: rilancio economico, giustizia razziale, lotta al Covid-19 (gli Stati Uniti sono il Paese più colpito al mondo) e al cambiamento climatico (gli Stati uniti sono il secondo emettitore di CO2 a livello globale dopo la Cina). Concentriamoci su questi ultimi due punti programmatici.
"Time to heal", ossia tempo di guarire. Non è un caso che Joe Biden abbia usato questa espressione nel suo primo discorso da vincitore delle elezioni presidenziali. Tra le priorità del suo programma c'è infatti l'elaborazione di un piano per frenare l'avanzata del coronavirus negli Stati Uniti.
In campagna elettorale il candidato democratico aveva promesso un cambiamento radicale nella strategia di contrasto alla pandemia. Prima di tutto la svolta inizierà dalla comunicazione: niente più uscite in pubblico senza mascherina e niente più scontri con gli scienziati e con i Cdc (i Centers for Disease Control and Prevention).
Biden vuole poi rafforzare il sistema di contact tracing, mettendo a disposizione maggiori risorse per eseguire i tamponi, che dovranno essere "regolari, affidabili e gratuiti" per tutti i cittadini americani. L'intenzione, inoltre, è quella di lavorare a stretto contatto con i governatori dei singoli stati e con le autorità locali per rendere obbligatorio l'uso delle mascherine nei luoghi pubblici. Un altro obiettivo è quello di risolvere il problema della carenza dei dispositivi di protezione individuale, senza più ricorrere alle importazioni dall'estero. Infine, Biden ha promesso un investimento da 25 miliardi di dollari per la produzione e la distribuzione massiva di un vaccino contro il Covid-19.
Già per la giornata di oggi è stata convocata una task force di esperti e scienziati per l'emergenza coronavirus, il cui compito sarà quello di affiancare il "transition team" del neoeletto presidente americano sulle decisioni da prendere. Per il momento sarà composta da 13 membri, di cui tre co-presidenti: l'ex capo della Food and Drug Administration (Fda) David Kessler, l'ex "surgeon general" Vivek Murty e la professoressa di Yale Marcella Nunez-Smith. Durante la campagna elettorale Biden ha anche affermato di voler affidare un ruolo di primo piano all'immunologo Anthony Fauci, diventato negli Stati Uniti una figura di riferimento nella lotta contro il Covid-19 e negli ultimi mesi entrato in rotta di collisione con l'ex presidente Trump.
Sotto la sua amministrazione Donald Trump ha progressivamente smantellato le politiche ambientali e climatiche statunitensi, istituite dal suo predecessore Barack Obama, proteggendo soprattutto il settore dei combustibili fossili. Ma il colpo più duro è stato il ritiro degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi del 2015, una decisione che ha avuto un'influenza negativa sulle negoziazioni internazionali per mitigare l'effetto dei cambiamenti climatici.
Rientrare nell'Accordo di Parigi è invece il primo provvedimento che vuole prendere da presidente Joe Biden. Con il lancio del suo Green Deal, che consiste in un piano di investimenti da 2 mila miliardi di dollari, il nuovo inquilino della Casa Bianca vuole dare impulso alla transizione energetica, spingendo sulle rinnovabili e tagliando i sussidi pubblici alle fonti fossili. L'obiettivo è gettare le basi per il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050, obiettivo tra l'altro condiviso con l'Unione Europea.
Anche se siamo ancora agli annunci, la volontà di impegnarsi sulla crisi climatica da parte di Biden e di Harris è un segnale importante che infonde fiducia. Gli Stati Uniti infatti potrebbero presentarsi agli occhi del mondo come un esempio da seguire e guidare la comunità internazionale verso target sempre più ambiziosi. La strada è in salita e c'è tantissimo lavoro da fare, ma non tutto è perduto nella cruciale sfida per salvare il pianeta.