“Great Bear Sea”, la nuova area marina protetta che nascerà in Canada

È stato annunciato un progetto, da parte del governo federale canadese, dalla Columbia Britannica e da 15 capi indigeni, per proteggere un corridoio di oceano di 1 milione di Km2 che va dalla cima dell’Isola di Vancouver al confine tra Canada e Alaska. La nuova zona da proteggere è stata soprannominata “Great Bear Sea”
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Mattia Giangaspero 10 Febbraio 2023

Dieci anni fa in Canada leader politici, attivisti ambientalisti e nazioni indigene, si sono riuniti in uno stanzino fin a quando non hanno trovato una soluzione per proteggere un'area che rischiava di perdere la sua biodiversità animale e vegetale. Hanno collaborato tutti insieme per la creazione di un progetto chiamato "Great Bear Rainforest", che, pensa, ha permesso di salvaguardare 6,4 milioni di ettari di alberi, lupi di mare, salmoni e orsi grizzly.

Ovviamente, all'epoca non potevano sapere se il piano potesse essere la soluzione definitiva, ma fino a oggi si può dire che è stato un trionfo, al punto tale da attirare l'attenzione globale su come tutelare una foresta, ormai si può dire, incontaminata e grande quanto l'Irlanda. 

Ti parlo di quanto è accaduto a questa foresta negli anni passati, perchè, semplicemente, si tratta di un progetto che è tornato di attualità per i canadesi. Infatti in questa settimana le nazioni indigene della Columbia Britannica sperano di replicare quel successo avuto con il modello foresta estendendo per proteggere anche l'oceano. L'obiettivo adesso è diventato quello di creare una nuova rete di zone marine protette chiamata "Great Bear Sea". Al 5° Congresso Internazionale delle Aree Marine Protette (IMPAC 5), che si è tenuto  a Vancouver questa settimana, i leader di 15 Nazioni indigene,  insieme ai delegati della Columbia Britannica e del governo federale canadese, hanno annunciato un pacchetto di norme con lo scopo di proteggere una fascia di mare lungo la costa marina settentrionale. Un corridoio di oceano di 1 milione di Km2 che va dall'isola di Vancouver, al confine tra Canada e Alaska. Questo piano fa parte di un altro progetto ancora più vasto che ha come obiettivo quello di riuscire a proteggere, entro il 2030, il 30% delle terre e delle parti d'oceano canadesi. Il piano copre un'area formalmente conosciuta come la bio-regione settentrionale, ma è stata ribattezzata Great Bear Sea perché ovviamente c'è una connessione con la vicina Great Bear Rainforest.

Le dichiarazioni al meeting IMPAC 5 sull'impresa del progetto Great Bear Sea

"Questo è uno degli ecosistemi più ricchi e produttivi rimasti al mondo, e dovremmo esserne molto orgogliosi", ha affermato Christine Smith-Martin, direttore esecutivo di Coastal First Nations. “Salmoni, orsi, lupi e balene, foreste di alghe e antichi cedri; è anche una casa per tutta la nostra gente nei nostri territori tradizionali. La gestione da parte delle  Nazioni indigene di queste terre e mari risale a più di 14.000 anni fa e per questo motivo anche dobbiamo prendercene cura”.

Anche Nathan Cullen, ministro dell'acqua, della terra e della gestione delle risorse della Columbia Britannica vede l'accordo come un cambio di passo nel vedere l'ambiente come qualcosa che bisogna proteggere a tutti i costi:

"Abbiamo bisogno di un cambiamento di mentalità per ottenere un pianeta più sostenibile. Ciò richiede la condivisione del potere e la visione di qualcosa che non possiamo vedere di fronte a noi in questo momento."

L'accordo riflette non solo centinaia di ore di incontri con i residenti delle 15 Prime Nazioni, ma anche due decenni di sforzi da parte delle comunità indigene per vedere la regione protetta da ulteriori danni. I biologi marini affermano che le aree protette sono vitali per aiutare le specie a riprendersi e migliorare la loro diversità genetica, un modo fondamentale per aiutare ad adattarsi ai cambiamenti climatici. Istituendo la rete delle aree protette, la speranza è che la regione possa vedere benefici cumulativi.

“I governi della corona hanno avuto il potere di attuare leggi e politiche che avrebbero potuto rallentare o impedirci di arrivare qui. Se avessero ragione, non saremmo in questa situazione, in questa crisi", ha detto Gaagwiis, presidente del Consiglio della nazione Haida.

Anche le comunità lungo la costa, i cui abitanti hanno fatto affidamento sull'ambiente marino per salmone, aringa, alghe e vongole, vedono la loro futura capacità di raccogliere dall'oceano come un parametro chiave del successo.

“Non si tratta solo di garantire che il titolo o la giurisdizione indigena siano riconosciuti in modo adeguato, ma dobbiamo assicurarci di avere comunità sostenibili. Ma stiamo assistendo a un impegno pubblico da parte del governo nei confronti di un pubblico internazionale, quindi siamo ottimisti sul fatto che le condizioni politiche in Canada e a livello internazionale siano allineate anche con gli interessi indigeni. Sta a tutti noi capire cosa ci vuole per farlo”.

Dallas Smith, presidente del Nanwakolas Council e negoziatore chiave per il piano per la foresta pluviale, ha affermato che il successo del modello ha messo le comunità indigene nella posizione di poter ritenere i governi responsabili. Infatti con il Great Bear Sea, Smith afferma che le comunità indigene sono state in grado di "riprendersi  non solo le terre, ma anche la narrazione".