
Una green city. Chi non la vorrebbe? Già, ma che cosa significa abitare in una città verde? E come si fa a rendere più ecosostenibili le aree urbane che già esistono? È questo che abbiamo chiesto agli ospiti che hanno partecipato all'incontro di giovedì 14 marzo, organizzato da Ohga, sul tema "Green City: chi semina sostenibilità raccoglie benessere". Rappresentanti di istituzioni, associazioni e imprese private che hanno risposto a domande, spunti e provocazioni che aiutassero a definire meglio il colore "verde".
"Non è una misura sola che risolve il problema dell'inquinamento, o della CO2. Le iniziative maggiori devono andare a colpire le sorgenti di inquinamento più importanti", ha dichiarato Gloria Zavatta, Amministratore unico di AMAT (Agenzia Mobilità Ambiente Territorio del Comune di Milano). Non basta la buona volontà del singolo cittadino, l'idea innovativa lanciata da un'impresa o una campagna di un'associazione ambientalista per contrastare l'inquinamento nei centri urbani. Ma questa non è una buona ragione per tirarsi indietro, anzi. È proprio la collaborazione fra i diversi attori sociali che può generare il cambiamento nella cultura, nello stile di vita e nei consumi.
Lo ha ricordato anche Cecilia de' Guarinoni, capo della comunicazione di Henkel Italia: “Noi siamo impegnati affinché ogni innovazione, prodotto o tecnologia, che presentiamo ai nostri mercati sia migliorata nel suo profilo di sostenibilità. Da quanto un prodotto viene pensato, formulato, poi prodotto, a quando viene confezionato, trasportato e quindi utilizzato c’è una ricerca costante dei possibili miglioramenti. Si lavora lungo tutta la catena del valore. Da questo approccio sono nati prodotti che contengono più materie prime provenienti da fonti rinnovabili, super concentrati, che consentono minor consumo di energia e acqua, che sono più facili da differenziare, che hanno meno imballaggio, che viaggiano di più su rotaia che su gomma. Noi aziende abbiamo però bisogno che i consumatori riconoscano le aziende virtuose e che in fase di consumo non vanifichino i nostri sforzi con abitudini che annullano le opportunità che diamo, ad esempio sovradosando, aumentando consumo di energia e acqua quando non necessario, non facendo la raccolta differenziata.”
Un discorso che può valere in ogni area della nostra vita quotidiana. Un comune può decidere di realizzare più piste ciclabili, ma poi siamo noi a dover scegliere la bicicletta, al posto di mezzi inquinanti. E, viceversa, possiamo scegliere di acquistare un'auto elettrica, ma sono le istituzioni a dover promuovere degli incentivi per chi ha scelto di ridurre il proprio impatto sull'ambiente. "La responsabilità nei confronti del pianeta non è individuale ma è collettiva – ha ricordato Matteo Leonardi, Consulente scientifico di Energia e Clima per il Wwf – Le scelte per mitigare i rischi legati al cambiamento climatico non sono un fenomeno di costume e società demandato ai singoli individui, necessitano un preciso intervento pubblico per allineare i sistemi energetici allo scenario di riduzione delle emissioni di CO2 che permetta di scongiurare un innalzamento della temperatura media sopra i 2 gradi. La politica ha bisogno di consenso. Serve un consenso rispetto alla capacità di accettare, anzi sostenere scelte per l'interesse di tutti, della collettività anche se inevitabilmente condizionano la sfera individuale. Il consenso in questi giorni è in piazza. Ora serve coraggio per tradurlo in cultura ed azione politica".
Il riferimento, chiaro, è al Global Climate Strike, una marcia per il clima che ha visto la partecipazione di oltre un milione di giovani in 123 diversi Paesi del mondo. Così come guarda alle nuove generazioni anche l'Assessore alla Mobilità e al Territorio del Comune di Milano, Marco Granelli: "La consapevolezza è un primo passo, e i giovani del futuro possono fare la differenza. Abbiamo gli strumenti e dobbiamo usarli per combattere l'inquinamento globale".
Ma se i giovani del futuro possono fare la differenza, è oggi che dobbiamo gettare le basi per un cambio di rotta, una rivoluzione vera e propria, un modo completamente nuovo di pensare e di guardare a quello che ci circonda. Smettere di considerare le città come il regno delle auto e provare a immaginare centri urbani a misura d'uomo, non guardare solo agli interventi che possono mettere in atto le istituzioni e partire dai nostri condomini per renderli efficienti dal punto di vista energetico, promuovere l'economia circolare a tutti i livelli, cercare di produrre la minor quantità di rifiuti possibile e avvicinarsi a uno stile di vita Zero Waste.
E lo dobbiamo fare proprio pensando ai nostri figli, come ha ricordato Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia: "Come può una città inquinata essere a misura di bambino? Non può perché non rispetta alcuni dei suoi diritti fondamentali, quello alla Salute ad esempio. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ogni anno 7 milioni di morti sono riconducibili all’esposizione a fonti di inquinamento e i bambini sono tra i gruppi maggiormente a rischio. L'ultimo studio UNICEF “Danger in the Air: How air pollution can affect brain development in young children” mostra che sono circa 17 milioni i bambini con meno di un anno di età che vivono in aree in cui l’inquinamento atmosferico è di almeno 6 volte superiore ai limiti internazionali. Questi bambini respirano aria tossica che mette potenzialmente a rischio il loro sviluppo cerebrale: oltre tre quarti di loro ( 12 milioni) vive in Asia Meridionale. L’Europa non è immune da questi pericoli: 500.000 morti ogni anno sono riconducibili agli effetti dell’inquinamento. Il benessere dei bambini in ogni suo aspetto dipende molto dall’ambiente in cui vivono, ed è per questo necessario fin da subito iniziare a ridurre drasticamente le emissioni di gas serra scongiurando in questo modo il surriscaldamento globale. UNICEF è impegnato ogni giorno per far sì che tutti i bambini e le bambine possano godere del miglior stato di salute possibile, così come previsto dall’articolo 24 della Convenzione Sui Diritti Dell’Infanzia e dell’Adolescenza. Chiediamo alle istituzioni di promuovere politiche che contribuiscano a ridurre l’esposizione dei bambini ad agenti dannosi e fonti d’aria inquinata, anche attraverso l’adozione di misure che migliorino la consapevolezza e il monitoraggio dell’inquinamento”.
Sembra che Milano stia muovendo dei passi importanti in questa direzione, ma gli obiettivi da raggiungere sono ancora lontani: “Sulla base dei dati della rete di rilevamento della qualità dell’aria di Arpa Lombardia, posso sicuramente affermare che l’aria è in miglioramento – ha confermato Guido Lanzani, Responsabile della qualità dell'aria per Arpa Lombardia – Per alcuni inquinanti (quali l’SO2 – biossido di zolfo) i valori oggi sono fino a 100 volte inferiori a quelli dei decenni scorsi. Anche i valori delle polveri (PM10, PM2.5), al di là delle fluttuazioni dovute alla meteorologia, sono in diminuzione. Se molta strada è stata fatta, la strada davanti a noi è però ancora lunga. Il numero di giorni di superamento del PM10 sono ancora davvero troppi così come troppo alte sono le concentrazioni di ozono e di NO2. È quindi importante non fermarci, ma proseguire nelle azioni di risanamento a tutti i livelli – europeo, nazionale, regionale e comunale – senza dimenticare l’importante contributo che ciascuno di noi può e deve dare con le proprie scelte individuali”.
Insomma, come nel video che abbiamo mostrato in apertura, per non lasciare ai nostri figli solo sfumature infinite di grigio, è arrivato il momento di agire. Nessuno ha la soluzione in tasca e probabilmente il problema è molto più complesso di quello che appare. Ma rimanere a guardare pensando che in fondo non ci riguardi è l'unica azione veramente inutile.