Oltre ad avere delle implicazioni etiche, la produzione di carne, pesce, uova e latticini – e in genere di prodotti di origine animale – ha un costo ambientale ormai innegabile e noi ne consumiamo davvero troppi: l'ennesima conferma arriva da un rapporto pubblicato dall’organizzazione a difesa degli animali Compassion in World Farming Sites (Ciwf), che ha evidenziato come 25 Paesi a medio e alto reddito, da soli, consumino molti più alimenti di origine animale di quanto la natura possa tollerare: ci stiamo “mangiando la strada verso l’estinzione dell’umanità”.
Il report “More money more meat” mette in luce chiaramente la correlazione tra la ricchezza di uno Stato e le abitudini alimentari dei suoi cittadini: all’aumento del benessere, crescono anche il consumo e lo spreco di cibi di derivazione animale, carne in primis, ma anche uova, latte e formaggi.
Eppure "nonostante le numerose evidenze – avverte Cif – i Paesi non riescono a includere la riduzione degli alimenti di origine animale nei loro piani d'azione nazionali o nelle loro strategie alimentari".
Considerando l'insieme di tutti i derivati animali, l’Islanda è il Paese con più strada da fare per contrastare l’”overconsumption” (il sovraconsumo): dovrebbe ridurre i cibi di origine animale del 73% . Dopo di lei, sul podio, si trovano la Finlandia (70%) e la Danimarca (68%).
Per quanto riguarda la carne, invece, in cima alla classifica ci sono gli Stati Uniti (dovrebbero diminuirne il consumo dell'82%), seguiti da Australia (80%), Argentina (80%) e Israele (78%). Rispetto al pesce e ai frutti di mare, le peggiori sono l’Islanda, le Maldive e le Seychelles.
Nella classifica complessiva, l’Italia si posiziona all’ottavo posto: dovremmo rinunciare alla presenza di alimenti di origine animali sulle nostre tavole nel 50% delle occasioni. Al momento mangiamo in media 140.7g di carne al giorno a persona: il 69% in più rispetto alla quantità consigliata dalla EAT-Lancet Planetary Health Diet, la dieta pensata per il benessere delle persone e del Pianeta, a cui Ciwf si è ispirato per calcolare i valori di riferimento contenuti nel rapporto.
Come ha ricordato anche il Global Ceo di Ciwf, Philip Lymbery, tocca dunque ai Paesi più ricchi fare il primo passo per invertire la rotta: "Se non ci svegliamo e non agiamo subito per ridurre questo disastroso sovraconsumo, sarà semplicemente troppo tardi. La responsabilità è di queste nazioni più ricche, che devono agire immediatamente attraverso politiche nazionali che aiutino a combattere il loro impatto nel causare le emergenze climatiche, sanitarie e naturali”.