Bolsonaro prepara l'ennesimo sgambetto nei confronti delle tribù indigene dell'Amazzonia e di tutti coloro che hanno a cuore la tutela dell'ambiente. Il presidente brasiliano ha infatti battezzato il progetto per la costruzione della nuova arteria "transoceanica", un'estensione dell'autostrada BR-364, che collega la metropoli di San Paolo allo stato nordoccidentale di Acre: 130 chilometri di asfalto, dalla città di Cruzeiro do Sul a Pucallpa (in Perù), che avranno lo scopo di aprire per il Brasile un passaggio verso l'Oceano Pacifico. "Beh, 130 chilometri sono pochi" dirai. E invece no, perché rischiano di alterare i delicati equilibri della foresta pluviale più grande del mondo.
La nuova autostrada attraverserà infatti le terre di tre popolazioni indigene (Nukini, Jaminawa e Poyanawa) e taglierà in due la Serra do Divisor, parco nazionale brasiliano di 846.633 ettari situato al confine con il Perù. Quest'area protetta è considerata dalle organizzazioni impegnate nella conservazione della natura uno degli scrigni di biodiversità più preziosi dell’intera foresta amazzonica, visto che ospita al suo interno circa 130 specie di mammiferi e oltre 400 di uccelli.
Il governo brasiliano ha già dato il via libera alla realizzazione della nuova superstrada e i consiglieri legali del ministero dell'Ambiente e dell'ufficio della Presidenza sono al lavoro su un disegno di legge per allentare i vincoli ambientali. Nelle intenzioni di Bolsonaro il progetto porterà sviluppo economico nella regione; gli ambientalisti sono di tutt'altro avviso, e temono conseguenze catastrofiche per l'ecosistema forestale.
Secondo gli indios, che si oppongono fermamente al progetto, questa nuova infrastruttura è inutile perché esiste già una via di collegamento aperta con il Perù, mentre Miguel Scarcello, presidente dell'ong SOS Amazzonia, che ha la sua sede a Rio Branco (cioè la capitale dello Stato brasiliano dell'Acre), definisce l'iniziativa presa da Bolsonaro "irresponsabile" e "frutto di una visione vecchia e retrograda", che riporta il Brasile indietro ai tempi della dittatura militare. Con un tasso di deforestazione che non accenna ad abbassarsi, il destino della foresta amazzonica è sempre più appeso a un filo.