Il clima entra in un “territorio inesplorato”: la temperatura media globale oltre +1,5°C

L’anno record 2023 e i calcoli degli scienziati per cambiare rotta: sarà praticamente impossibile restare entro un riscaldamento globale di +1,5°C.
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Andrea Di Piazza Geologo specializzato in Green Management
2 Novembre 2023 * ultima modifica il 02/11/2023

"La vita sul Pianeta Terra è sotto assedio", si apre con queste parole drammatiche un nuovo studio condotto da un team internazionale di ricercatori che lanciano l'allarme sulla rivista scientifica Bioscience. Il 2023, in termini di indicatori meteo-climatici, diretti e indiretti, ha segnato un vero spartiacque tanto da farci entrare in quello che gli scienziati definiscono "un territorio climatico inesplorato". Secondo l'analisi compiuta dai ricercatori su dati di varia natura, l'anno in corso ha fatto segnare dei record assoluti su diverse variabili climatiche, in primis temperatura media degli oceani ed estensione dei ghiacci marini. Il documento segue di quattro anni il "World Scientists' Warning of a Climate Emergency" pubblicato da William Ripple, primo autore del lavoro, e collaboratori, e co-firmato da oltre 15.000 scienziati in 161 paesi.

Nel frattempo, un nuovo studio ci dice che il budget di carbonio previsto per contenere l'aumento della temperatura come indicato dagli Accordi di Parigi (1,5°C) è praticamente finito: senza una rapida riduzione delle emissioni di CO2, resta solo il 50% di probabilità di contenere il riscaldamento a +1,5° C entro il 2030.

Si apre un futuro inesplorato.

Il 2023: un anno climaticamente "impressionante"

Fino all'anno 2000, la temperatura media globale non aveva mai superato +1,5°C rispetto al periodo pre-industriale. Nel 2023, fino al 12 settembre, sono già stati 38 i giorni con temperature medie globali superiori a questo valore, che potrebbe continuare a crescere con l'arrivo della stagione estiva nell'emisfero australe. A luglio, inoltre, la temperatura superficiale media del nostro Pianeta è stata la più alta mai registrata e gli autori dello studio hanno ragione di credere che, sulla base delle ricostruzioni paleogeografiche, sia stata la temperatura superficiale più alta che la Terra abbia mai visto negli ultimi 100.000 anni.

Sempre a luglio, precisamente il 7, l'estensione del ghiaccio marino antartico ha raggiunto il limite minimo da quando si misura tramite osservazioni satellitari: 2,67 milioni di chilometri quadrati in meno rispetto alla media del periodo 1991-2023. La temperatura media degli oceani, ovviamente, ha seguito come l'atmosfera un trend positivo, disegnando delle anomalie straordinarie a livello planetario ma soprattutto nella zona del Nord Atlantico. Altre variabili completamente al di fuori degli intervalli storici includono gli incendi in Canada che, quest'anno, hanno devastato oltre 15 milioni di ettari di vegetazione, immettendo in atmosfera più di 1 miliardo di tonnellate di anidride carbonica (le emissioni di gas climalteranti del Canada ammontano a 0,67 miliardi di tonnellate).

Anomalie climatiche insolite nel 2023 (linea rossa). Estensione del ghiaccio marino (a, b), temperature (c–e) e area bruciata in Canada (f). (Fonte: Ripple et al., 2023)

Un futuro difficile per l'umanità

Questi sono solo alcuni dei parametri direttamente misurabili che dimostrano il modo in cui il nostro Pianeta stia mutando. Esistono ovviamente tantissime altre variabili, legate per esempio ai cosiddetti "effetti a cascata" che interessano altri esseri viventi ed ecosistemi. "Finché l'umanità continuerà ad esercitare una pressione estrema sul Pianeta, qualsiasi strategia di crescita basata sul carbonio non farà altro che incrementare gli effetti sugli ecosistemi" fanno notare gli autori. Assurdo infatti notare come tra il 2021 e il 2022, per esempio, i sussidi ai combustibili fossili siano praticamente raddoppiati, passando da 531 miliardi di dollari a oltre 1 trilione di dollari. Di questo passo la transizione ecologica è impossibile e col passare del tempo, senza un cambio netto di politiche e strategie, andremo certamente incontro ad un futuro in cui la vita, per come la conosciamo, sarà assolutamente impossibile.

"Da scienziati, siamo estremamente preoccupati dall'improvviso aumento della frequenza e della gravità dei disastri legati al clima", ha detto Christofer Wolf, secondo autore dello studio, in un comunicato stampa, “Entro la fine del 21° secolo, dai 3 ai 6 miliardi di persone potrebbero trovarsi al di fuori delle regioni vivibili della Terra, il che significa che dovranno affrontare un caldo intenso e una disponibilità di cibo limitata ed elevati tassi di mortalità". Le implicazioni sociali ed economiche da questo punto di vista sono evidenti: tantissime persone saranno costrette a migrare verso climi più vivibili.

Obiettivo +1,5°C ormai quasi impossibile

Dopo queste informazioni poco rassicuranti, allacciamo le cinture perché il futuro è veramente nero.

Secondo una ricerca pubblicata su Nature pochi giorni fa, il budget di carbonio residuo (RCB), ovvero la quantità netta di CO2 che gli esseri umani possono ancora emettere senza superare un limite di riscaldamento globale prescelto – in questo caso +1,5°C – è praticamente finito. Queste conclusioni sono determinate non solo da un miglioramento dei modelli, in termini anche di qualità e quantità dei dati a disposizione, ma anche dal fatto che l'umanità non ha ridotto le emissioni entro il periodo previsto.

Gli autori hanno calcolato che l’RCB per una probabilità del 50% di mantenere il riscaldamento a 1,5 °C è di circa 250 miliardi di tonnellate di CO2 a gennaio 2023, pari a circa sei anni di attuali emissioni di CO2. «Se le emissioni di anidride carbonica rimarranno ai livelli del 2022, ovvero circa 40 miliardi di tonnellate l’anno, il bilancio del carbonio sarà esaurito intorno al 2029, costringendo il mondo a un riscaldamento di 1,5° C rispetto ai livelli preindustriali», fanno sapere gli autori dello studio. «L'RCB è inferiore a quanto calcolato in precedenza e si è circa dimezzato dal 2020 a causa del continuo aumento delle emissioni globali di gas climalteranti, causato principalmente dalla combustione di combustibili fossili, nonché da una migliore stima dell’effetto di raffreddamento degli aerosol, che sono in diminuzione a livello globale a causa delle misure volte a migliorare la qualità dell’aria e ridurre le emissioni». L'RCB residuo per contenere un aumento della temperatura media terrestre a +1,5°C è dunque praticamente finito, dovremmo infatti arrivare ad emissioni nette zero entro 5-6 anni: un obiettivo impossibile.

Per una probabilità del 50% di contenere la temperatura a +2°C, l’RCB è di circa 1.200 miliardi di tonnellate di CO2, l'umanità dovrebbe dunque ridurre le emissioni climalteranti a zero entro 11-12 anni. Resta un obiettivo estremamente difficile, considerata la complessa situazione internazionale in termini di transizione ecologica: le decisioni non vengono prese a livello planetario.

Robin Lamboll, primo autore dello studio, avverte come ancora ci siano grandi incertezze sul modo in cui il clima risponderà al tentativo dell'umanità di raggiungere "emissioni nette zero". A patto che ci si impegni veramente. Sono incertezze che, secondo il ricercatore: «Evidenziano ulteriormente l’urgente necessità di ridurre rapidamente le emissioni. Solo quando ridurremo le emissioni e ci avvicineremo al net zero saremo in grado di vedere come risponderanno riscaldamento e raffreddamento a lungo termine. L'aumento del riscaldamento renderà la vita più difficile alle persone e agli ecosistemi».

La comunità scientifica sta facendo la sua parte. Ora tocca ai governi agire, anche piuttosto in fretta.

Dopo una laurea in Geologia ed un dottorato di ricerca presso l'Università degli Studi Roma Tre, ha lavorato come ricercatore presso altro…