
Un'eliminazione graduale delle quote gratuite nel sistema di scambio di quote di emissioni (ETS) a partire dal 2026, novità per il Trasporto stradale ed edifici nel nuovo ETS II dal 2027, un nuovo strumento per la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio per proteggere l'industria dell'UE e aumentare l'ambizione climatica globale e, per concludere, un Fondo sociale per il clima per combattere la povertà energetica e di mobilità. Questi i provvedimenti approvati dal Parlamento europeo il 18 aprile. Tre pilastri fondamentali del pacchetto Fit for 55, tra questi c'è anche la cosiddetta "Carbon tax". Il pacchetto Fit for 55 guiderà nei prossimi anni i Paesi membri dell’Ue verso l’obiettivo della riduzione delle emissioni del 55% rispetto ai livelli del 1990 e della neutralità climatica entro il 2050.
Si tratta di una riforma a livello europeo del sistema di scambio di quote di emissione dell'UE, anche per il trasporto aereo e marittimo, il meccanismo di aggiustamento delle frontiere del carbonio e un nuovo fondo sociale per il clima. Prima di parlare di carbon tax però, è bene ricordare che per ETS intendiamo il mercato delle emissioni di CO2 in Europa, l'European Union Emissions Trading System, ovvero quello che è a tutti gli effetti uno dei principali strumenti adottati dall'Unione europea per raggiungere gli obiettivi di riduzione della CO2 nei principali settori industriali, incluso quello dell'aviazione. Se non lo sapevi infatti, l'UE si è impegnata a ridurre del 62% entro il 2030 le emissioni di gas serra nei settori ETS rispetto ai livelli del 2005.
Non necessariamente esiste soltanto un ente unico in questo contesto. Si tratta più di un sistema, dove c'è un acquirente, un venditore, un ente esterno che si occupa del progetto di tutela ambientale e altre parti coinvolte indirettamente, attratte dalla capacità compensativa di chi possiede i crediti di carbonio. Tutto questo insieme contribuisce a tutelare e salvaguardare l'ambiente ed è lo stesso che paga l'ecotassa.
Come potrai immaginare, la carbon tax ha lo scopo di incentivare i Paesi terzi ad aumentare le proprie ambizioni in materia di clima. In questo modo l'UE può evitare che i propri sforzi non vengano compromessi dalle delocalizzazioni verso Paesi con politiche meno ambiziose.
Come è possibile leggere in una nota del Parlamento europeo, "gli importatori di questi beni dovrebbero pagare l'eventuale differenza di prezzo tra il prezzo del carbonio pagato nel paese di produzione e il prezzo delle quote di carbonio nell'EU ETS".