
Che cosa sarebbe Natale senza Babbo Natale con la sua slitta trainata dalle renne? Questi animali rischiano di diventare le prossime vittime illustri del riscaldamento globale. L'aumento delle temperature medie infatti le sta mettendo a dura prova. Devi sapere che la renna non è un animale tipico solo della Scandinavia. È comune anche in America Settentrionale e nella taiga della Russia e della Mongolia. Proprio in quest'ultimo paese le conseguenze del cambiamento climatico si stanno facendo sentire in maniera evidente e le temperature si stanno alzando a un ritmo più veloce rispetto alla media mondiale (negli ultimi due decenni oltre 2,5 gradi Fahrenheit in più rispetto alla media del XXI secolo).
In Mongolia la minaccia principale è rappresentata dallo scioglimento dei ghiacci perenni – quelli che i pastori Tsaatan chiamano "munkh mus" e ritengono un elemento vitale per la comunità – che servono sia per l'acqua potabile sia per "raffreddare " le renne quando sopraggiunge la stagione più calda. È quanto sottolinea una ricerca dell'Università del Colorado pubblicata sulla rivista scientifica Plos One. Secondo gli studiosi la situazione più critica è individuabile nella regione delle montagne Sayan, nel nord del paese, al confine con la Russia.
Con le alte temperature le renne corrono rischi maggiori di ammalarsi e poi di morire, anche perché il freddo aiuta a tenere lontani gli insetti. L'economia dei pastori Tsaatan è basata prevalentemente sullo sfruttamento della forza lavoro della renna, che per loro costituisce l'unico elemento di sussistenza. Perdere questo animale per loro significherebbe perdere tutto. Senza contare i danni per l'intero ecosistema. "Queste persone non hanno contribuito al problema del riscaldamento globale" – spiega William Taylor, docente del dipartimento di Antropologia dell'Università statunitense e primo firmatario dello studio – "ma sono quelle che stanno pagando il prezzo più caro".
Fonte | "Investigating reindeer pastoralism and exploitation of high mountain zones in northern Mongolia through ice patch archaeology" pubblicato su Plos One il 20 novembre 2019