Dimensioni estremamente ridotte, peso minimo e, soprattutto, nessun collegamento elettrico. Sono le caratteristiche del primo pacemaker senza fili impiantato con successo a Cosenza.
Protagonista di questo importante primato è un uomo di 91 anni, trasportato al pronto soccorso per una perdita di coscienza e una grave forma di fibrillazione atriale con tanto di blocco cardiaco.
L'innovativa procedura di elettrofisiologia è stata eseguita attraverso un accesso dalla vena femorale e ha permesso di salvare il paziente.
Ma come funziona questo dispositivo e quali sono i suoi vantaggi rispetto a un pacemaker tradizionale?
Considera che il funzionamento del pacemaker senza fili è lo stesso e per capirlo ti faccio fare un passo indietro. Sai bene che il cuore è muscolo che produce e conduce una serie di stimoli elettrici necessari a far contrarre le sue camere in modo da pompare il sangue negli organi e nei tessuti del tuo corpo.
In condizioni normali, le camere cardiache si contraggono a una frequenza di 60-80 battiti al minuto, accelerando o riducendosi a seconda delle necessità di ogni singola persona: quando però il sistema elettrico del cuore non funziona correttamente, si possono verificare delle anomalie nel battito cardiaco.
Si tratta di condizioni da non sottovalutare perché in casi lievi possono dare capogiri e scarso equilibrio ma che, nei casi più gravi, possono dare origine anche a perdite di coscienza.
Per sopperire a queste anomalie, viene dunque utilizzato un pacemaker, cioè un dispositivo impiantato direttamente nel corpo di un paziente e in grado di generare impulsi elettrici per regolarizzare i battiti del cuore in caso di necessità.
I pacemaker classici sono composti da un generatore di impulsi e da diversi fili elettrici, detti elettrocateteri. Quello impiantato in Calabria, invece, racchiude il generatore e gli elettrodi in una singola unità e non prevede quindi alcun meccanismo di connessione.
Inoltre, viene impiantato attraverso una procedura mini-invasiva transcatetere – tecnica che riduce notevolmente il rischio infezioni – e in più non lascia alcuna traccia della sua applicazione visibile all'esterno perché il sito di accesso venoso centrale viene successivamente chiuso con una semplice compressione della zona inguinale.
Questo permette al paziente che lo riceve di “dimenticarsi” del dispositivo che porta e, in un certo senso, anche della patologia da cui è affetto.