La città a 15 minuti, l’uomo torna al centro del villaggio: il racconto dell’urbanista Jacopo Reale

Un processo di mutazione genetica. La città cambia rapidamente i modelli da seguire, ma uno continua, ormai dal 2016, a resistere alle varie trasformazioni socio-culturali. Ti sto parlando del modello urbano della città a 15 minuti, lanciato quasi dieci anni fa e, con alcune modifiche, divenuto realtà in molte grandi città, anche in Italia. È e sarà un modello sostenibile? La nostra analisi.
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Mattia Giangaspero 1 Febbraio 2023
Intervista a Jacopo Reale Head of Architecture di Pininfarina, a Shangai.

Ti alzi dal letto, esci da casa, percorri 15 minuti e arrivi a scuola, all'università, al lavoro, al parco, al supermercato, al cinema, al ristorante… Insomma tutto quello che vuoi è a tua disposizione in soli 15 minuti. Saresti contento? Ti sto parlando di un modello urbano in cui, con molta probabilità, potrai vivere nel prossimo futuro: "la città a 15 minuti".

Il termine è stato coniato nel 2016 dal professore della Sorbona, Università di Parigi, Carlos Moreno, a cui è stato, poi, assegnato un Obel Award nel 2021 per aver sviluppato questa idea. Si tratta di un premio che viene assegnato a chi presenta progetti architettonici che riescono a contribuire allo sviluppo umano. E da allora sono passati quasi dieci anni. I modelli di sviluppo urbano nel frattempo si sono avvicinati molto a questo nuovo/vecchio concetto di vita dell’essere umano al centro della città. Si è fatto un salto indietro nel tempo e di parecchi secoli in cui tutti servizi erano a disposizione nel quartiere in cui si abitava, le città erano piccoli borghi e non si viaggiava fuori dal proprio contesto sociale. Ai giorni nostri, invece, si parla molto spesso di riqualificare le periferie, che per questo nuova progettazione urbana, vengono considerate una vera e propria antitesi. Questo, in quanto non potrebbero esistere senza la vicinanza a un motore economico cittadino come il "vecchio" centro città. Adesso l'obiettivo di sviluppo di nuove città più sostenibili per l'uomo è quello di sostituire il termine periferie con "nuovi centri urbani". Per questo motivo l'essere umano tornerà al centro del villaggio.

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Il vecchio-nuovo modello urbano di Città

Se questi modelli dovessero concretizzarsi in tutto il mondo, bisognerebbe dire grazie anche alla pandemia. Prima, infatti, pochi urbanisti avrebbero preso sul serio l'idea che la "casa" diventasse il fattore organizzativo centrale di tutta la pianificazione urbana. Il processo, invece, è stato accelerato e sono stati presentati già dei primi esempi di realtà a 15 minuti. Parigi, Seoul, Bogotà, Houston e ultimamente anche Milano cominciano a riprogettare la ‘città vicina per tutti‘. Con questo nuovo approccio urbano non verrano realizzate nuove mini-città, scollegate tra loro, come se fossero borghi medievali autonomi, anzi. Le frazioni che dividono quartieri e città verranno considerati maggiormente come motore dinamico interno, che svilupperà ogni micro zona urbana in modo differente. Così facendo si avranno in una grande città, tanti, piccoli, ma diversi micro contesti sociali, culturali e tecnologici. Sarà una vera e propria raccolta di quartieri connessi che si evolvono nel tempo e contribuiscono all'identità della città più grande, come il rinascimento di Harlem, o il jazz latino e l'hip-hop culture del Bronx.

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Bogotà: niente auto, solo yoga?

La capitale della Colombia ha iniziato con una prima sperimentazione, nel quartiere di San Felipe, di servizi raggiungibili in 15 minuti. Quindi il focus ricade, in questo caso sulla mobilità. Per questo motivo la spinta per una nuova Bogotà sarà data dalle biciclette. Le piste ciclabili, la ciclovia nella capitale colombiana arrivano a coprire una vasta area di quasi 500 chilometri. In aggiunta, già da un anno, ogni domenica vengono chiuse alcune delle vie più trafficate della città per poter offrire ai cittadini nuovi spazi, più sicuri, in cui allenarsi all'aperto, correre, fare yoga.

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Seoul oltre il futuro con la città a 10 minuti

Pensa, per Seoul il modello di città a 15 minuti è già vecchio. Si pensa a un futuro ancora più veloce con realtà a 10 minuti e magari dopo pochi anni anche questo modello sarà obsoleto in Sud-Corea. In questo caso, comunque,  UNStudio sta sviluppando un progetto, chiamato "Project H1" di riqualificazione che trasformerà un sito industriale e ferroviario inutilizzato nella prima “smart city da 10 minuti” della Corea del Sud. La nuova smart city andrà a riprogettare una superficie pari a 500mila metri quadri. Verrà prevista la costruzione di 8 torri residenziali, collegati esclusivamente da servizi pubblici che consentiranno agli abitanti di accedere a qualsiasi necessità quotidiana entro, soli, 10 minuti a piedi.

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Milano, il modello urbano d'Italia

La capitale economica d'Italia pensa a un altro modo d'approccio al modello di città a 15 minuti. Oltre a parlare di servizi essenziali nei singoli quartieri, in questo caso si parla anche di cambiare prospettiva agli spazi pubblici urbani. Niente più mobilità privata, e in alcuni casi anche pubblica, si a più aree pedonali, di aggregazione, relax e divertimento. L'idea è che Milano diventi una città a grandezza non di cittadino comune, ma di bambino. Sicurezza è la parola chiave, sicurezza che ogni ragazzo deve avere quando attraversa la strada per andare, da solo, a scuola per esempio.

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Una rottura con il presente urbano

In netto contrasto con la città dei 15 minuti, c'è la tendenza urbana predominante attuale, ovvero quella di contrapporre realtà di città distopiche a realtà di città utopiche. Sempre più poveri vivono in insediamenti informali, ovvero luoghi di privazione dei diritti e sfruttamento, privi di servizi essenziali e di servizi per l'integrazione. Per esempio, in Italia, si stima che i migranti agricoli che vivono in questo stato siano 10mila.

In questo senso, ti parlo anche di città fantasma o disabitate. Molti casi sono stati rilevati negli ultimi 7-8 anni in Cina dove, addirittura, 130 milioni di proprietà sono vuote. Pensa quante persone potrebbero viverci se venissero riqualificati gli immobili, rivalutati all'interno delle zone urbane che a loro volta potrebbero presentare nuove modifiche per offrire servizi essenziali. Questo è il concetto di città distopiche in cui molte persone, attualmente vivono.

Adesso ti parlo di città utopiche che già sono in contrapposizione perchè, in alcuni casi, esistono realmente. Le "smart city", come Songdo City in Corea del Sud e Masdar City ad Abu Dhabi, sono gli esempi lampanti. Invece la Woven City di Toyota è ora in costruzione in Giappone.

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La soluzione urbana, una sintesi Hegeliana

Come diceva il filosofo Hegel è sempre importante, all'interno del dibattito presentare una tesi, un'antitesi, ma ritrovare, obbligatoriamente, una sintesi. In questo caso di contrapposizione tra realtà distopiche e realtà utopiche, la sintesi potrebbe essere realtà eutopiche. Questo termine urbanistico è stato coniato dallo scozzese Patrick Geddes. Il termine deriva dall'origine greca di "EU", che significa buono, e "TOPOS" che significa luogo. Comprendendo "popolo, lavoro e luogo", l'eutopia è la migliore manifestazione possibile di una città. Per quantificare e pianificare meglio le eutopie, Geddes ha sviluppato il concetto di "bilancio vitale", che prevede che ogni cittadino pensi non solo al proprio benessere all'interno dell'area urbana, ma anche al benessere collettivo di tutta la città. E forse con quest’affermazione Geddes si avvicina molto di più alla città di 15 minuti a cui tutti aspirano in questo momento. E per questo motivo Ohga ha deciso di sentire Jacopo Reale, Head of Architecture di Pininfarina, a Shangai.

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L'analisi urbana del futuro

Architetto  l'interesse riguarda i cittadini  e quindi parliamo di loro. Quali possono essere i vantaggi e gli svantaggi di progetti che prevedono città a 15 minuti? 

"Adottare una strategia di città a 15 minuti significa implementare un modello urbano che consente a tutti i cittadini di soddisfare la maggior parte delle proprie esigenze quotidiane all’interno del proprio quartiere. Questo adottando una modalità lenta di mobilità (a piedi o in bici)."

Questo modello mira alla creazione di una città “human centered" composta da quartieri vivaci, a misura d'uomo, autosufficienti, collegati da trasporti pubblici di qualità e infrastrutture ciclabili. Significa decentralizzare i servizi della città, iniettando più funzioni nelle aree periferiche.

"I benefici teorici per i cittadini sono molteplici: l'ottimizzazione degli spostamenti, la riduzione del traffico e dell’inquinamento, il ripensamento dello spazio urbano in ottica equa e sostenibile e l'aumento dell’identità sociale dei quartieri in cui viviamo. Se finora la prassi e stata quella di mettere in correlazione punti lontani della città nel minor tempo possibile, rendendo più agili e veloci gli spostamenti, il paradigma di questo nuovo modello è ridurre al minimo la necessità di spostarsi per soddisfare esigenze primarie."

Si tratta di un modello di città che certamente ha degli elementi di interesse, ma che rischia di portare con sè problemi di segregazione sociale.

"Il focus sulla prossimità spaziale può comportare una crescente "gentrificazione" e isolamento dei quartieri l’uno con l’altro. Una città che produce inoltre un effetto più simile a quello che non ci piace di una provincia. Dove alla fine ci si lamenta perché non c'è nulla di nuovo da fare e le persone che incontriamo sono sempre le stesse. "

 In questo senso una "città" di 15 minuti può essere leggermente fuorviante. Quello che vogliamo è una rete di hub attivati ​​più piccoli che lavorino insieme come un arcipelago.

Come si potrebbero invogliare le grosse aziende a spostare le sedi più vicino ai dipendenti? 

"Non penso che la soluzione sia quella di decentralizzare le sedi delle aziende, ma piuttosto quella di sfruttare la digitalizzazione rendendo il lavoro più flessibile. Lo smartworking si è rivelato completamente realizzabile per la maggior parte delle aziende moderne. I lavoratori possono così scegliere tra differenti spazi in cui lavorare a seconda dei servizi da svolgere. Sempre più spesso le aziende utilizzano co-working hub condivisi per consentire ai propri dipendenti di lavorare più vicino a dove vivono, supportando quindi già il modello di città a 15 minuti."

La mia visione di città a 15 minuti riguarda, in definitiva, la flessibilità di scelta per tutti coloro che la abitano. Avremmo la possibilità di lavorare da casa, lavorare localmente e lavorare ancora negli headquarter tradizionali in centro città, per una parte della settimana o tutti i giorni a seconda nelle nostre esigenze specifiche.

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Il centro città rischia di sparire?

 La città rischierebbe di svuotarsi? Meno persone si muovono verso il centro e cambia anche il modo di vivere della città e i suoi servizi. Come si può bilanciare la vita tra i quartieri periferici e il centro cittadino?

"La città a 15 minuti prevede in parte il decentramento di alcune attività e servizi ma questo non significa certamente la morte dei centri urbani, tutt’altro credo. L'idea non è quella di sgravare del tutto il centro città dalla sua funzione, né di dislocare tutte le funzioni e le strutture nelle aree circostanti, ma piuttosto di alleggerirne il carico e creare più equilibrio. Bisognerebbe ripensare l’attuale pianificazione a zone, consentendo alle aree circostanti al centro cittadino, di trasformarsi in quartieri molto più dinamiche. Inserendo servizi aggiuntivi in aree periferiche, prettamente residenziali, le funzioni classiche dei centri cittadini muterebbero di conseguenza."

Idealmente, si potrebbero convertire gli spazi-ufficio liberi in mercati alimentari, edilizia abitativa e in industria creativa, un tempo allontanata dal centro cittadino. Esattamente come i quartieri minori, anche il centro città si rinvigorirà, riportando sia attività che persone.

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Singapore, un modello di città

Lei, viaggiando molto, per il suo lavoro, ha notato aspetti particolari di metropoli o megalopoli che potremmo introdurre anche noi in Italia? Si pensa anche oltre alle città a 15 minuti?  

Quando penso ad una città da cui trarre esempio mi viene in mente subito Singapore. Singapore è diventata nel tempo un vero e proprio ‘living lab‘ per sperimentare e testare nuovi modelli per la progettazione e la costruzione della città del futuro

"Pur essendo una delle città più densamente popolate al mondo è la città più verde dell’Asia. Circa il 50% del suo territorio è adibito a spazi verdi. Per implementare un modello di città sostenibile e vivibile e ridurre allo stesso tempo la sua dipendenza energetica, Singapore ha introdotto una serie di policies volte ad integrare aspetti di sostenibilità ambientale all’interno del suo tessuto urbano.  Dal 2008, ad esempio, è diventato obbligatorio, per tutti i nuovi edifici e gli edifici esistenti, inglobare un'elevata percentuale di verde e aumentare l’efficienza energetica. La pianificazione urbana punta quindi ad intrecciare natura ed edifici aumentando anche esponenzialmente il wellbeing dei cittadini. Tutti i nuovi progetti devono avere un "indice di area verde"  almeno 4,5 volte maggiore dell'area del sito."