La contromossa dell’Europa sul gas: ecco il piano per non dipendere più dalla Russia

La Commissione europea ha annunciato un pacchetto di proposte per garantirsi l’indipendenza energetica dal gas russo. Tre i pilastri principali: diversificare le fonti di approvvigionamento, ripotenziare la produzione nell’Unione europea spingendo sulle rinnovabili e migliorare l’efficienza energetica investendo sulla ristrutturazione degli edifici e nei processi industriali intelligenti.
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Kevin Ben Alì Zinati 9 Marzo 2022

Vittime, un popolo in fuga, un paese in fiamme. Le terribili conseguenze della guerra che la Russia ha deliberatamente portato in Ucraina sono sotto i tuoi occhi da quasi due settimane e rappresentano l’emergenza primaria cui tutti insieme dobbiamo far fronte comune.

Il conflitto, tuttavia, si è portato dietro anche altre ripercussioni, certamente meno drammatiche ma comunque impattanti per la vita dei cittadini europei, come l’aumento stellare del costo dell’energia elettrica e del gas. Che, come sai, si traduce in bollette sempre più pesanti recapitate nelle nostre case.

È chiaro insomma che la dipendenza energetica da un unico Stato, se poi quello stato è la Russia belligerante e scellerata di Putin, non è una mossa strategicamente (e aggiungiamo: politicamente e moralmente) vincente.

La Commissione europea ha quindi annunciato un pacchetto di proposte per garantirsi l'indipendenza energetica dal gas russo, con l’obiettivo di contrastare l’aumento dei prezzi dell’energia, ulteriormente aggravato dall’incertezza che domina sulla scacchiera internazionale e slegarsi da Mosca ben prima del 2030.

Una situazione instabile

L’aumento dei prezzi del gas e il caro bollette erano problemi che agitavano l’Italia e l’Europa intera ancora prima dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.

L’impennata dei costi delle materie prime, se ti ricordi, aveva portato i prezzi del gas all’ingrosso a un +200% rispetto all’anno precedente (discorso simile per l’elettricità) e la colpa, in gran parte, ricadeva sulla forte domanda globale di gas della fase di ripresa economica post pandemia.

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L’Italia importa dalla Russia circa il 38% del gas naturale che utilizza.

Poi la Russia ha deciso di invadere l’Ucraina. Da quando è iniziato il conflitto la crisi energetica si è ulteriormente aggravata e le incertezze sulle forniture da Mosca hanno contribuito a scombussolare il mercato, aumentando la volatilità e i prezzi.

La dipendenza dell’Europa

Senza tropi giri di parole, l’Europa oggi vive in una forte dipendenza energetica dalla Russia. Te lo confermano cinicamente i numeri: ogni anno il Vecchio Continente importa quasi il 40% del proprio gas dalla Russia, circa 155 miliardi di metri cubi di gas, di cui 15 miliardi in forma di gas naturale liquefatto.

Tradotto, significa più o meno 100 miliardi di euro ogni anno pagati alla Russia in gran parte dalla Germania, visto che importa il 51% del gas che utilizza. Anche l’Italia, tuttavia, non scherza: ogni anno compriamo dalla Russia circa 29 miliardi di metri cubi di gas, poco più del 40% del nostro fabbisogno totale.

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Nel 2021 la percentuale di gas russo importato in Europa si è alzata addirittura fino al 45%. Gli altri principali fornitori di gas dell'UE sono stati la Norvegia (23%), l’Algeria (12%), gli Stati Uniti (6%) e il Qatar (5%).

Con la guerra che continua ad infuriare ad est, è diventato reale anche il terrore che Mosca potesse “chiudere i rubinetti” e bloccare di fatto le forniture di gas come riposta alle sanzioni internazionali ricevute.

In questo “worst case scenario” sul fronte energetico, tuttavia, l’Europa non si troverebbe completamente al freddo o al buio dall’oggi al domani. Per fortuna l’attuale stoccaggio del gas basta a coprire il nostro fabbisogno fino alla fine dell’inverno e in questi anni l’Ue ha lavorato per diversificare le fonti di approvvigionamento energetico affidandosi per esempio all’Azerbaigian, alla Norvegia, al Qatar, al Giappone, alla Corea del Sud e agli Stati Uniti.

Ma è chiaro che servono delle alternative: la Russia, è evidente, non può più essere la principale fonte di approvvigionamento per quanto rigida il gas, indispensabile per la cucina e nel riscaldamento delle abitazioni.

Il piano della Commissione 

La Commissione europea ha dunque proposto una bozza di piano strategico che servirà per rompere la nostra dipendenza dai combustibili fossili russi ben prima del 2030. A cominciare proprio dal gas.

REPowerEU, così si chiamerà il progetto energetico europeo, si basa su tre pilastri fondamentali:

  • Diversificare le fonti di approvvigionamento
  • Ripotenziare la produzione nell'Unione europea
  • Miglioramento dell'efficienza energetica

Diversificazione

In una conferenza stampa congiunta insieme al Presidente del Consiglio dei ministri italiano Mario Draghi, la presidentessa della Commissione Europea la Ursula von der Leyen ha illustrato i tre principi cardine che ci guideranno a un’indipendenza energetica dalla Russia entro 8 anni.

Il primo, come ti ho anticipato, è la diversificazione delle fonti di approvvigionamento di gas. Nei piani del’Europa c’è la volontà di trovare altri fornitori, non russi, “affidabili” per importante fondamentalmente GNL, ovvero gas naturale liquefatto, e gas trasportato in gasdotto “che presentano entrambi il vantaggio di poggiare su un'infrastruttura che a tempo debito sarà compatibile con l’idrogeno ha spiegato von der Leyen.

Ripotenziamento

Quando la presidentessa della Commissione europea parla di ripotenziamento della produzione energetica fa riferimento a una sola cosa: investimenti massicci in energie rinnovabili come l’energia eolica, solare e a idrogeno.

L’obiettivo è duplice. Prima di tutto sostituire il gas come fonte per il riscaldamento e nella produzione di energia, riducendo così di due terzi la domanda dell'UE di gas russo già entro la fine dell’anno.

E poi “imprimere un'accelerazione mirata al Green deal europeo, in un'importante spinta che giovi non soltanto all'investimento strategico nell'indipendenza energetica dell'Unione, ma anche al settore industriale e al Pianeta.

Efficienza energetica

Infine, il terzo pilastro del REPowerEU prevede importanti interventi per migliorare l'efficienza energetica degli Stati membri.

Significa, in sostanza, investire sulla ristrutturazione degli edifici e nei processi industriali intelligenti per garantirci una gestione più efficace delle reti energetiche, puntando forte anche sull’elettrificazione.

Non solo. La Commissione intende anche presentare entro aprile una proposta legislativa per riempire gli impianti di stoccaggio sotterraneo di gas in tutta l'UE per almeno il 90% della capacità entro il 1 ottobre di ogni anno.

Lo scenario

Il piano REPowerEU, secondo la Commissione europea, si inserirebbero in un più ampio e ambizioso progetto di sostenibilità energetica per il Vecchio Continente.

La piena attuazione del pacchetto "Pronti per il 55%”, introdotte per ridurre le emissioni del 55% entro il 2030 così da arrivare alla carbon neutraluty entro il 2050, ridurrebbe già il nostro consumo annuo di gas fossile del 30%, ovvero circa 100 miliardi di metri cubi entro il 2030. “Con le misure previste dal piano REPowerEU si potrebbe eliminare gradualmente l'utilizzo di almeno 155 mld di m3 di gas fossile, equivalenti al volume importato dalla Russia nel 2021. Quasi due terzi di tale riduzione possono essere conseguiti entro un anno, ponendo fine all'eccessiva dipendenza dell'UE da un unico fornitore” si legge nel comunicato della Commissione europea.

L’Italia 

La strada per il futuro energetico del’Europa sembra tracciata ma tutti gli Stati membri, nel frattempo, stano lavorando anche sul fronte nazionale per cercare alternative al gas russo.

Tra queste c’è sicuramente l’Italia, che come ha ribadito il ministro per la Transizione Ecologica Roberto Cingolani, “importiamo dalla Russia ogni anno circa 29 miliardi di metri cubi di gas, poco più del 40%”. Tantissimo. Ecco perché il Governo è alla ricerca di altri partner.

Negli scorsi giorni, infatti, il Ministro degli Esteri Luigi di Maio prima ha fatto visita ad Algeri, in Algeria, e poi insieme all'Ad di Eni, Claudio Descalzi, si è recato in in Qatar, a Doha, proprio per rafforzare la nostra cooperazione energetica con altri Paesi. “Lavoriamo per aumentare le nostre forniture di gas nel breve, medio e lungo periodo, per evitare ogni genere di ricatto ed avere alternative al gas russo” ha scritto di Maio sul proprio profilo Facebook.

Nel frattempo, sulla scia di quanto annunciato dalla Commissione europea, serve anche investire internamente, sia per rafforzare le infrastrutture per aumentare la produzione nazionale sia spiegando sulle rinnovabili. “Abbiamo fatto un'operazione estremamente anticipata e rapida ed entro la primavera inoltrata circa 15-16 miliardi di metri cubi saranno rimpiazzati da altri fornitori” ha spiegato Cingolani.

Come? Il ministro ha confermato i lavori per impianti nuovi oltre a rigassificazione e contratti a lungo termine, rinforzo delle nostre infrastrutture”: un pacchetto di investimenti che dovrebbero consentirci di essere completamente indipendenti “ragionevolmente in 24-30 mesi”.

Tutto, secondo Cingolani, non venendo mai meno all’impegno ambientale cui l’Italia come tutto il mondo p chiamato in questi anni per contrastare i cambiamenti climatici: "Dal punto di vista ambientale la quantità di gas è la stessa che bruciamo oggi, può cambiare il metodo o l'infrastruttura ma non ne bruceremo di più. Se la situazione rimarrà questa noi consumeremo lo stesso gas di oggi, accelereremo le rinnovabili in tutte le forme e penso di poter dire con un ampio margine di certezza che noi garantiremo comunque il percorso di decarbonizzazione al 55% entro il 2030”. 

C’è chi dice ni

Il piano dell’Europa a qualcuno piace fino a un certo punto. Secondo Greenpeace, infatti, cercare nuove fonti di importazione di gas fossile o di combustibili alternativi lascerà comunque il Vecchio Continente vulnerabile agli shock energetici, accelerando la crisi climatica”.

Per Silvia Pastorelli di Greenpeace EU, il vero problema dell’Europa non è la provenienza del gas fossile importato “ma il fatto che ne bruciamo troppo. Le altre fonti proposte dal piano della Commissione, come l’idrogeno e il biogas, ci condannano a un futuro di shock imprevedibili e a bruciare ancora combustibili, aggravando la crisi climatica”.

L’impegno dell’Europa, in sostanza, dovrebbe mirare a ridurre la domanda di questi combustibili da un lato e accelerare forte lo sviluppo e la transizione verso le rinnovabili. Solo così, spiega, potremo ridurre le importazioni non solo di gas dalla Russia, ma anche di petrolio e carbone, e minimizzare l’impatto sui cittadini di questa transizione.