La missione di Copernicus: come si studia il cambiamento climatico? Intervista al direttore Carlo Buontempo

Il Copernicus Climate Change Service è uno dei 6 servizi che compongono il programma europeo Copernicus. È gestito dall’ECMWF, che rappresenta un’eccellenza a livello mondiale per quanto riguarda il monitoraggio delle condizioni atmosferiche del pianeta e le previsioni meteorologiche a medio termine.
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Federico Turrisi 22 Aprile 2020

Per descrivere in maniera efficace quale attività svolge Copernicus basterebbe usare la frase che si legge sotto al suo logo: gli occhi dell'Europa sul pianeta Terra. Copernicus infatti altro non è che il programma europeo di osservazione della Terra, interamente finanziato dalla Commissione Europea. Lo scopo principale è quello di monitorare tutti gli aspetti che caratterizzano la vita sul nostro pianeta, dagli oceani agli incendi.

In più occasioni, anche sul nostro sito, ti abbiamo mostrato immagini dallo spazio scattate dai satelliti che operano nell'ambito del programma Copernicus. Un esempio? Le fotografie scattate dal satellite Sentinel-3 dei devastanti incendi in Australia lo scorso gennaio. Già, perché una sezione molto importante del programma (anche a livello di budget) riguarda proprio la progettazione, il lancio e la gestione dei satelliti, le cosiddette Sentinelle. I dati vengono poi trasmessi alle stazioni a terra, rielaborati e infine resi disponibili al pubblico.

Il programma Copernicus si articola in sei servizi:

  • Il servizio di monitoraggio dell'ambiente marino (CMEMS);
  • Il servizio di gestione delle emergenze naturali (CEMS);
  • Il servizio di monitoraggio del territorio (CLMS);
  • Il servizio di sicurezza e di controllo delle frontiere;
  • Il servizio di monitoraggio atmosferico (CAMS);
  • Il servizio relativo ai cambiamenti climatici di Copernicus (C3S).

Questi ultimi due sono gestiti dal Centro Europeo di Previsioni Meteorologiche a Medio Termine (la sigla inglese è ECMWF, che sta per European Centre for Medium-Range Weather Forecasts), con sede a Reading, nel Regno Unito. Qui lavora Carlo Buontempo, che dallo scorso novembre è direttore del Copernicus Climate Change Service. Il compito del C3S è sostenere le politiche di adattamento e mitigazione dell'Unione Europea, fornendo informazioni puntuali sulla base delle risorse scientifiche disponibili. Ci siamo fatti raccontare da lui come si lavora in questa struttura che rappresenta un'eccellenza mondiale, non solo europea.

In che cosa consiste la vostra attività?

"È un discorso molto complesso. Le previsioni meteorologiche rappresentano una sfida tecnologica e matematica abbastanza avanzata. Si parte dalla caratterizzazione della situazione attuale, utilizzando i dati provenienti dai satelliti, dalle stazioni a terra, dagli aerei, dai palloni sonda e così via.

In sostanza, si discretizza l'atmosfera, ovvero la si scompone in tante piccole caselle a cui si attribuiscono determinati valori di temperatura, umidità, intensità del vento, radiazione solare e di altri parametri. Dopo di che, facendo la differenza tra i punti vicini, si arriva a calcolare la soluzione delle varie equazioni differenziali alle derivate parziali. Questa analisi ci restituisce una fotografia quanto più fedele possibile delle condizioni meteorologiche in qualsiasi punto del pianeta, in qualsiasi momento; in più, sulla base di modelli matematici, ci permette di capire come sarà l’atmosfera nel futuro prossimo.

Per essere più precisi, la soluzione delle equazioni genera una previsione. Combinando la previsione con i dati che arrivano al nostro centro ad una certa ora, attraverso una metodologia nota come «data assimilation», si ottiene una nuova analisi, ovvero una caratterizzazione dei valori di tutte le variabili in ogni punto del pianeta, da cui si può far partire la previsione successiva."

Ci faccia un esempio.

"Uno dei problemi che si ha nel fare l’analisi climatica è che le informazioni che abbiamo a disposizione riguardano punti specifici, non sono in un continuum. Per esempio, c'è una stazione a Milano, una a Bologna, una a Roma. Nelle aree in mezzo però non so che cosa succede esattamente. Avere un modello ci consente allora di combinare le osservazioni di stazione con le leggi fondamentali della fisica, e quindi avere informazioni anche per tutti gli altri punti dove non abbiamo avuto un’osservazione diretta."

Come utilizzate tutte queste informazioni?

"Chiaramente siamo nel settore delle previsioni meteorologiche. Ma, per esempio, abbiamo anche ricostruito il clima degli ultimi quarant’anni; precisamente dal 1979, ossia da quando i dati sono molto più attendibili grazie ai satelliti. Per ogni ora, dal 1979 fino a cinque giorni fa, possiamo fornire le informazioni su tutti i parametri meteorologici di qualsiasi punto del pianeta, dall’Antartide al Polo Nord. Utilizziamo i dati per fare le analisi dei vari mesi, dei vari anni, e poi confrontarli tra di loro. Possiamo quindi stabilire abbastanza velocemente qual è la tendenza e quanto in un determinato periodo ci si è discostati dalla norma."

Recentemente il C3S ha messo in evidenza come lo scorso inverno sia stato il più caldo mai registrato in Europa…

"Sì, quello 2019-2020 è stato effettivamente l'inverno più caldo in Europa mai registrato dal nostro sistema, ma il valore esatto dell’anomalia dipende dal periodo di riferimento che si prende in considerazione. Per la precisione, si è registrato un discostamento di 3,4 gradi centigradi in più rispetto alla media del periodo 1981-2010, con un'anomalia più significativa nella Russia europea.

Anche se la nostra conoscenza del clima del passato è in generale molto più limitata, dal momento che abbiamo meno osservazioni su cui basare le nostre stime, non ci sono molti dubbi che sia stato il più caldo dall’inizio delle misure meteorologiche, cioè dalla metà dell'Ottocento. Questo perché l’anomalia globale attuale dal punto di vista climatico è molto grande rispetto ai valori del XIX secolo."

Tutto questo comunque ci dovrebbe preoccupare, giusto?

"Da uomo di scienza metto da parte le valutazioni emotive. Il clima fluttua sempre. Ci sono anni più caldi e anni più freddi, anni più piovosi e anni più secchi. Il fatto dunque che un anno sia stato particolarmente caldo di per sé non è allarmante. Diventa un aspetto più interessante quando si studiano gli eventi nella loro successione e ci si rende conto che 11 dei 12 anni più caldi mai registrati in Europa sono avvenuti dopo il 2000.

Vediamo allora che la tendenza al surriscaldamento del clima è ormai abbastanza chiara e la variazione che abbiamo registrato per questo inverno si inquadra in questa tendenza. Dunque ciò non mi sorprende. Anzi, sarei rimasto molto più sorpreso se avessimo assistito all'inverno più freddo degli ultimi anni.

Il cambiamento climatico è davanti agli occhi di tutti. E sappiamo che il motivo per cui le temperature stanno aumentando è largamente dovuto alle emissioni di gas serra di derivazione antropica: attività industriali, utilizzo di combustibili fossili, ma anche deforestazione e uso del suolo hanno un ruolo importante. Infine, non sta a noi scienziati dare suggerimenti ai decisori politici. Per noi parlano i dati: come dicono i britannici, forniamo informazioni policy-relevant e non policy-prescriptive."

Con i modelli matematici a disposizione potete spingere il vostro sguardo un po' più in là nel tempo, ai prossimi mesi?

"Sì, facciamo anche le previsioni stagionali. Le operazioni che spiegavo prima vengono applicate in modo diverso a seconda dell’orizzonte temporale a cui guardiamo. Chiaramente non siamo in grado di dire se il 20 luglio pioverà a Milano, ma possiamo dire, per esempio, che le probabilità di avere quest’anno un’estate più calda del solito nell’Europa mediterranea sono più alte. In questo momento per l’Italia i nostri modelli indicano che la probabilità di avere un estate più calda del normale è molto alta, e danno un segnale piuttosto debole per quanto riguarda le precipitazioni. Si tratta pur sempre di una previsione, quindi soggetta a un margine di errore."

Come si lavora in un ambiente come quello di Copernicus?

"Mi sento privilegiato a lavorare qui e trovo molto stimolante potermi confrontare con persone di paesi diversi, con culture e modi di lavorare diversi. Il quartier generale dell'ECMWF è nel Regno Unito ed è subentrata in qualche modo anche la questione Brexit. L'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea non avrà un impatto diretto sul centro che, essendo un'istituzione internazionale, non è vincolato ai trattati europei. Tuttavia, Brexit inciderà su tutte quelle attività che, come il programma Copernicus, dipendono direttamente dai fondi europei.

Mentre il nostro centro di calcolo è già stato trasferito a Bologna e aprirà il prossimo anno, ci aspettiamo che una parte dello staff si sposterà in una nuova sede europea nei prossimi mesi. Questo sarà fatto per assicurarci di poter continuare a fornire i servizi che la Commissione Europea ci ha dato in gestione."