Sla, un primo importante passo nella lotta alla malattia: un nuovo farmaco efficace per un ristretto gruppo di pazienti

Il farmaco Tofersen si è dimostrato capace di rallentare e in alcuni casi addirittura invertire la progressione clinica della Sla. È il primo storico passo verso una cura, anche se per ora non possiamo parlare di una terapia definitiva adatta per tutti i pazienti: il trattamento infatti si è dimostrato efficace solo nei pazienti affetti dalla mutazione del gene SOD1, una popolazione ristretta che rappresenta quasi l’1% delle persone malate di Sla.
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Kevin Ben Alì Zinati 23 Settembre 2022
* ultima modifica il 23/09/2022
In collaborazione con il Prof. Adriano Chiò Direttore del Centro regionale Esperto per la SLA dell'ospedale Molinette della Città della Salute di Torino.

«Cura». È una parola importante, fragile e da maneggiare con cautela. È una meta lontana e difficile da raggiungere, sulla cui strada vi sono ostacoli e insidie. Specialmente quando si parla di Sclerosi Laterale Amiotrofica.

All’orizzonte però si comincia a intravedere qualcosa: un’ombra, un indizio, una speranza. Forse siamo un passo più vicini.

C’è un farmaco, chiamato Tofersen, che si è dimostrato capace di rallentare e in alcuni casi addirittura invertire la progressione clinica della Sla.

La scoperta è stata descritta sulla più prestigiosa rivista scientifica mondiale in ambito medico, il New England Journal of Medicine, ed è il risultato di uno studio internazionale che ha visto coinvolto anche l’ospedale Molinette Città della Salute di Torino.

Cautela, dicevo. Al momento infatti non siamo di fronte a una cura definitiva contro questa malattia neurodegenerativa, responsabile della degenerazione dei motoneuroni, ovvero le cellule nervose cerebrali che regolano i movimenti della muscolatura scheletrica.

Il trattamento con il Tofersen si è dimostrato efficace solo nelle persone portatrici della mutazione nel gene SOD1: una popolazione ristretta, che rappresenta quasi l’2% delle persone malate di Sla in Italia.

Il farmaco poi, ad oggi, non ha ancora fatto registrare alcun miglioramento clinico evidente nella salute dei pazienti coinvolti nello studio.

Eppure si tratta di un risultato clinico straordinario: mai prima d’ora infatti si erano osservati questi miglioramenti nel trattamento della SLA. "È un altro passo importante verso una cura per la Sla ed è anche un'ulteriore prova per spingere ancora più forte sulla la ricerca: qualcosa di rilevante e fondamentale si può fare anche contro questa malattia" ha raccontato il professor Adriano Chiò, Direttore del Centro regionale Esperto per la SLA dell'ospedale Molinette della Città della Salute di Torino e tra gli autori dello studio.

Il Centro torinese è stato l'unico in Italia ed uno dei pochi nel mondo ad essere stato coinvolto direttamente nella sperimentazione, contribuendo tra l’altro con il maggior numero di pazienti rapidi nel mondo.

Lo studio sperimentale ha coinvolto 108 persone affette da Sla con mutazione nel gene SOD1. Si tratta del gene più noto coinvolto nella Sclerosi Laterale Amiotrofica anche se ad oggi resta comunque un grande mistero: "Sappiamo che quando è alterata, questa proteina diventa tossica probabilmente con un meccanismo complesso che coinvolge diversi aspetti, tra cui i mitocondri e altre parti della cellula – ha spiegato il professor Chiò, raggiunto al telefono in una mattinata che ha tutto il sapore di Storia – ma il vero meccanismo ancora non lo conosciamo. Con questa terapia siamo andati a bloccare e ridurre la produzione della proteina tossica e questo ha determinato un effetto. La proteina SOD1 è stata individuata nel 1992 e tuttora abbiamo tante indicazioni ma la certezza di come agisca non ce l'abbiamo". 

L'incidenza di questa mutazione tra l'altro, varia a seconda dei diversi Paesi. In alcuni è più comune, come nelle zone orientali del mondo, in altre è quasi del tutto assente, come in Irlanda.

Il gruppo di pazienti è stato diviso in due, da un lato chi aveva una rapida progressione della malattia e dall’altro chi invece era caratterizzato da un decorso più lento.

I risultati dei partecipanti che hanno iniziato a usare il tofersen all'inizio dello studio sono stati confrontati con quelli dei partecipanti sottoposti al trattamento con il placebo: un totale di 72 partecipanti hanno ricevuto tofersen (39 prevedevano una progressione più rapida) e 36 hanno ricevuto placebo (21 prevedevano una progressione più rapida).

I ricercatori hanno osservato qualcosa che mai prima era stato documentato: il Tofersen, un oligonucleotide antisenso somministrata mediante puntura lombare e in grado di agire selettivamente sull'RNA messaggero bloccando la sintesi della proteina alterata, aveva ridotto significativamente le concentrazioni della proteina SOD1 e dei neurofilamenti.

"Questo farmaco ha dimostro un effetto nel determinare un rallentamento che in molti casi è arrivato a una arresto dell’evoluzione della malattia" ha chiarito il professor Chiò, sottolineando però che i risultati sono stati registrati nell’ambito di due anni di studio e che per gli effetti sul lungo periodo servono ancora tempo e anni di osservazioni.

Ad oggi, come ti ho detto, non ci sosterebbero stati neanche miglioramenti clinici manifestamente evidenti nei pazienti: "Abbiamo osservato miglioramenti biologici sui marcatori del danno, detti neurofilamenti: quelli sono stati i più evidenti. Sono stati poi registrati miglioramenti anche in termini di stabilizzazione della malattia, li abbiamo visti anche in alcuni pazienti che abbiamo noi in trattamento. Miglioramenti veri per lo stato di salute del paziente, però, per ora non ne abbiamo osservati – ha concluso uno degli autori italiani dello studio – I pazienti trattati da più tempo però sono sotto osservazione da 2 anni e mezzo, quindi servono tempo e pazienza per capire gli effetti sul lungo periodo".

C'è però speranza. Anzi, una prospettiva. La scienza per dare risposte ha bisogno del suo tempo, è vero, e la meta per ora resta lontana: oggi abbiamo fatto un passo – forse un balzo – verso di essa.

Fonte | "Trial of Antisense Oligonucleotide Tofersen for SOD1 ALS" pubblicata il 22 settembre 2022 sulla rivista New England Journal of Medicine 

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