L’ara di Spix non si è estinto. Un programma di riproduzione in cattività ha salvato la specie

Dopo che ne erano rimasti solo più dodici esemplari in tutto il mondo, grazie a un programma di riproduzione su scala internazionale, il pappagallo ara di Spix è tornato a popolare il suo habitat naturale in Brasile.
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Gaia Cortese 12 Luglio 2022

Lo avevamo dato estinto in natura e invece l'ara di Spix (Cyanopsitta spixii) è tornato e, per il momento, sembra che non corra più il rischio di estinguersi.

In tutto il mondo, fino a poco tempo fa, ne erano rimasti solo dodici esemplari chiusi in gabbia. D'altronde la sopravvivenza dell'ara di Spix, chiamato così in onore del biologo tedesco Johann Baptist Ritter Von Spix che per primo ne raccolse un esemplare nel 1819, è stata messa in discussione dall'inizio del diciannovesimo secolo.

Man mano che l’agricoltura si diffondeva nel Sudamerica, patria di questo bellissimo pappagallo dal piumaggio blu acceso, l'habitat dell'ara di Spix è stato sistematicamente distrutto. Come se ciò non bastasse, nel diventare un animale in pericolo di estinzione, l'ara di Spix, o macao Spix, ha iniziato a suscitare l'interesse dei collezionisti, il cui unico desiderio era quello di procurarsene un esemplare tra i pochi rimasti allo stato brado per le proprie collezioni private.

L'estinzione dell'ara di Spix era ormai data per certa quando, grazie al film di animazione Rio, la minaccia di questa specie di pappagallo diventa di dominio pubblico e porta alcune associazioni ad interessarsi maggiormente all'ara di Spix. Non solo. Nel 2018 Michel Temer, allora presidente del Brasile, ha anche firmato un decreto per istituire un rifugio per la fauna selvatica dell'ara nello stato nord-orientale di Bahia, mentre in vari centri in tutto il mondo viene istituito un programma di riproduzione, utilizzando proprio quei pappagalli appartenenti alle collezioni private.

Nel programma di riproduzione l'organizzazione tedesca Association for the Conservation of Threatened Parrots ha avuto un ruolo importantissimo. Esperti e volontari hanno dedicato tempo ed energie per  salvaguardare questa specie e i risultati non sono fatti attendere. I pappagalli liberati, infatti, hanno iniziato a procacciarsi nutrimento in autonomia e a nidificare sugli alberi del loro habitat.

"Quando stai cercando di ottenere un numero di animali da una popolazione sopravvissuta molto piccola, la consanguineità può essere un vero problema – ha spiegato al Guardian Tom White, biologo dell'Us Fish and Wildlife Service -. Tuttavia, le tecniche utilizzate per verificare lo stato genetico di questi uccelli erano molto, molto sofisticate e hanno consentito agli allevatori di abbinare gli uccelli con molta attenzione".

"Il progetto sta andando estremamente bene – ha continuato White -. Abbiamo liberato gli uccelli un mese fa e sono tutti sopravvissuti. Si comportano come un gregge, stanno in prossimità del loro rilascio e stanno iniziando a campionare la vegetazione locale. Sta andando come meglio non potrebbe”.