
L'acqua dolce necessaria per uso domestico, agricolo e industriale purtroppo non è infinita, e anzi la siccità causata dalla crisi climatica rischia di far aumentare sempre di più le situazioni di carenza idrica. Anche per questo è molto importante il processo circolare di riutilizzo delle acque già usate, le cosiddette acque reflue, che però vanno per forza di cose trattate accuratamente e attraverso diversi passaggi prima di essere reimmesse in circolo. Di tutti questi temi si parlerà alla prossima edizione di Ecomondo, che si svolgerà alla fiera di Rimini dal 26 al 29 ottobre, ma intanto possiamo capire insieme di che cosa si tratta.
Partiamo dalla definizione, aiutandoci con quanto scrive l'Arpa (Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente) della Lombardia: «Le acque reflue, o acque di scarico, sono le acque utilizzate nelle attività umane, domestiche, industriali o agricole, che per questo motivo contengono sostanze organiche e inorganiche che possono recare danno alla salute e all'ambiente. Queste tipologie di acque, dopo il loro utilizzo, non possono quindi essere riversate direttamente nell'ambiente (nel terreno, nei fiumi, nei laghi e nei mari) senza prima essere sottoposte a interventi di depurazione costantemente monitorati».
Le acque reflue possono essere raccolte attraverso le fogne, oppure quelle superficiali nei fossati, canali, nei corpi idrici artificiali, ma anche dal suolo e dal sottosuolo. Una volta incanalate e recuperate, possono essere riutilizzate nel comparto domestico (ma mai come acqua potabile), sia per uso agricolo, civile o industriale, ma prima devono essere trattate.
Nel ciclo depurativo vengono rimosse le sostanze inquinanti, generando quelli che sono chiamati fanghi di depurazione, che a loro volta devono essere trattati per essere riutilizzati o smaltiti. Negli impianti di depurazione ci sono solitamente due linee di lavorazione, una per le acque e una per i fanghi. Come si legge sul sito del fondo sanitario Fasda, per quanto riguarda le acque reflue il processo si divide in almeno tre fasi: pretrattamento, trattamento ossidativo biologico e trattamenti ulteriori.
Sostanzialmente, prima si fa una rimozione grossolana dei residui solidi (rifiuti, plastica, sassi) attraverso processi come la grigliatura e la sgrassatura, poi si passa a una purificazione sempre maggiore con tecnologie chimiche e biologiche, per le sostanze che si sciolgono nell'acqua. In questo modo l'acqua finale sarà utilizzabile per l'irrigazione, la destinazione civile (il lavaggio delle strade, il riscaldamento) o l'industria, senza fare danni alla salute.
Una delle principali norme di riferimento è la Direttiva europea 81/271/Cee, in cui sono contenute le regole di raccolta, trattamento e scarico delle acque reflue negli agglomerati urbani e in alcuni settori industriali, che devono essere tutti provvisti di idonei sistemi per la gestione. Di recente però la Commissione europea ha avviato una discussione per aggiornare la norma, in funzione di obiettivi più ambiziosi che rientrano nel Green deal europeo. Un'altra normativa da considerare, soprattutto per quanto riguarda le acque reflue in ambito agricolo, è il Regolamento Ue 2020/741.