Le alghe in mare non esisteranno più entro il 2100: perché dovremmo preoccuparci

I ricercatori prevedono che il cambiamento climatico determinerà una sostanziale ridistribuzione delle alghe brune e delle praterie marine su scala globale. I cambiamenti previsti sono allarmanti a causa del ruolo fondamentale delle alghe e delle praterie marine negli ecosistemi costieri e forniscono prove degli impatti pervasivi del cambiamento climatico sulla vita marina.
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Mattia Giangaspero 4 Novembre 2024

Le alghe marine, fondamentali per la salute degli ecosistemi oceanici, potrebbero scomparire entro il 2100 a causa dei cambiamenti climatici. Questo allarme è stato lanciato da un recente studio pubblicato su Nature Communications, che ha coinvolto ricercatori delle Università di Helsinki e Pisa, insieme ad altre istituzioni internazionali. Nello specifico, all'interno dello studio collaborativo tra l'Università di Helsinki e il Centro comune di ricerca dell'UE, i ricercatori hanno modellato per la prima volta la futura distribuzione di alghe brune e fanerogame marine su scala globale.

La loro diversità locale diminuirà in media del 3-4% e la loro attuale distribuzione si ridurrà del 5-6%. In particolare, l'habitat preferito sia per le alghe brune che per le fanerogame marine subirà una sostanziale riduzione globale (78-96%) e si sposterà tra le regioni marine, con potenziali espansioni nelle regioni artiche e antartiche.

Devi sapere che le alghe marine svolgono un ruolo cruciale negli ecosistemi costieri. Esse producono ossigeno attraverso la fotosintesi, immagazzinano anidride carbonica, e forniscono habitat e nutrimento per numerose specie marine. La loro scomparsa potrebbe avere effetti devastanti sulla biodiversità marina e sulle comunità costiere che dipendono da questi ecosistemi per la pesca e la protezione costiera.

Utilizzando modelli statistici, i ricercatori hanno mappato la distribuzione di 207 specie, 185 macroalghe brune e 22 spermatofite, dal 2015 con proiezioni annuali fino alla fine del secolo. Attualmente sono abbondanti lungo le coste (le macroalghe coprono 2,63 milioni di kmq e gli spermatofiti 1,65 milioni di kmq) e sono essenziali per la vita marina, in quanto producono ossigeno attraverso la fotosintesi, immagazzinando anidride carbonica, contribuendo a mantenere un elevato livello di biodiversità, agendo come "vivai" per molte specie di pesci e crostacei importanti dal punto di vista commerciale e protezione dall'erosione costiera.

Le regioni polari potrebbero diventare gli ultimi rifugi per queste specie, poiché le condizioni climatiche in queste aree rimarranno relativamente stabili rispetto al resto del Pianeta.

Gli stessi ricercatori all'interno del documento redatto sottolineano l'urgenza di adottare misure di conservazione per proteggere le alghe marine. Queste includono la riduzione delle emissioni di gas serra, la protezione degli habitat marini e la promozione di pratiche di pesca sostenibili. Inoltre, è essenziale aumentare la consapevolezza pubblica sull'importanza delle alghe marine e degli ecosistemi costieri.