L’etichetta MSC per la pesca sostenibile: una questione ambientale (da risolvere)

Un’inchiesta del the Guardian riporta l’attenzione sul marchio blu per la pesca sostenibile, MSC, a partire dal rischio estinzione in cui si trovano le balene franche.
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Sara Del Dot 28 Luglio 2021

È il marchio più grande e più ambito al mondo che certifica la qualità e la sostenibilità della pesca su tutto il Pianeta. Ed era balzato agli onori della cronaca a marzo, con l’uscita del documentario Seaspiracy che ha fatto emergere come il suo sistema di certificazioni fosse potenzialmente “intossicato” dal fatto che per ogni marchio conferito l’ente ricevesse delle royalties e finisse per certificare aziende responsabili di catture accessorie di specie non ricercate e soprattutto a rischio estinzione come delfini e tartarughe.

In occasione del documentario i referenti di MSC, Marine Stewardship Council avevano rifiutato di farsi intervistare, ma hanno risposto successivamente alle accuse avanzate dal documentarista Ali Tabrizi, accusandolo di affermazioni fuorvianti.

La questione, tuttavia, rimane. È davvero controllabile, regolabile, certificabile ciò che avviene in mare aperto? E come avvengono questi controlli? A risollevare l’attenzione sul tema è un lavoro del The Guardian pubblicato il 26 luglio, che si è concentrato sul rischio in cui le balene franche incorrono a causa delle catture accessorie e degli attrezzi da pesca in cui sono spesso state viste impigliate.

Il tema su cui si focalizza l’articolo è il fatto che alcune attività di pesca accusate dalle associazioni ambientaliste di mettere a rischio le balene franche sono certificate come sostenibili da MSC, che valida diverse attività presenti lungo la rotta di questi mammiferi, cosa che invece altri marchi ecologici hanno deciso di smettere di fare. Una vera e propria contraddizione per l’ente certificatore più ambito e famoso al mondo, sottolinea il Guardian.

MSC, quindi, ha un ruolo ambiguo nella gestione delle risorse del mare, risorse che un consumatore, acquistando un prodotto con il marchio blu, è convinto di proteggere. L’obiettivo dell’ente infatti è difendere l’ambiente ma anche garantire l’attività di pesca nel mondo. Non a caso, MSC è passata dal certificare 315 attività nel 2017 a 421, di cui 16 sono attualmente sospese. Complessivamente il 14% degli sbarchi globali di pesce è certificato per un valore nell’ultimo anno di 12 miliardi.

Ma come funziona la certificazione?

Il capo esecutivo di MSC, Rupert Howes, racconta al Guardian che per ricevere la certificazione di sostenibilità MSC ci vogliono 18 mesi. L’attività viene valutata da organismi di valutazione appositi indipendenti che valutano se la realtà in questione soddisfa tutti i criteri di MSC. I controlli e le valutazioni sono diversi e inoltre è prevista la possibilità che le organizzazioni ambientali si oppongano alla certificazione, circostanza che comporterebbe condizioni aggiuntive poste sull’attività di pesca.

Le critiche a MSC

La critica principale rivolta all’ente certificatore sembra essere la scarsa attenzione nei confronti delle catture accessorie, quindi delle specie che non rappresentano reali target per la pesca. In poche parole lo squalo, la razza, il delfino o la tartaruga che rimane impigliato in una rete usata per pescare tonni e che quindi muore o rimane ferito senza alcuna ragione valida. Altre critiche sono emerse riguardo la mancata sospensione della certificazione per alcune attività di pesca, ad esempio la pesca dell’aragosta che minaccia le già sparute popolazioni di balene franche, che oltre a essere a rischio estinzione si stanno anche riducendo di dimensioni proprio per evitare catture accessorie nelle reti da pesca.

Ad andare contro al modello MSC per come è ora è il WWF, proprio uno dei suoi fondatori. L’organizzazione del panda infatti ha presentato diverse obiezioni a proposte di pesca certificate affermando la necessità di un maggiore rigore nell’applicazione degli standard e soprattutto dell’adozione del principio di precauzione. La richiesta è che venga effettuato una riforma degli standard.

Spinto dalle dichiarazioni di vari scienziati ed esperti, MSC ha affermato di aver intrapreso una revisione dello standard di pesca su cui si basa la sua certificazione, revisione che si concluderà entro il 2022 ma che a causa delle norme della FAO che consentono alle attività di pesca di conformarsi per tre anni non entrerà in vigore prima del 2023 per le nuove attività di pesca e del 2025 per quelle già nel programma.

Una questione complicata

Quella di MSC è una questione molto complicata dal momento che, pur essendo un modello considerato fallimentare, è pur sempre l’unico che abbiamo a disposizione e il più efficace. Per questo l’obiettivo, ciò che andrebbe fatto, è riformarlo e migliorarlo per offrire ancora più sicurezza ai consumatori nella scelta di ciò che acquistano. Sicurezza che, oggi come oggi, non hanno appieno. Rory Crawford di BirdLife International, uno degli stakeholder del consiglio consultivo di MSC, ha valutato che su 23 tipi di pesca studiati nel 2019 soltanto tre stanno lavorando per ridurre realmente le catture accessorie.