
La coltivazione della soia ha un considerevole impatto ambientale. Per fare posto alle piantagioni vaste aree di territorio, in particolare nel Sud America, vengono deforestate – spesso illegalmente -, con gravi danni per gli ecosistemi. Secondo un nuovo studio realizzato dal WWF, i cittadini europei contribuiscono inconsapevolmente a minacciare l’ambiente: ciascuno di noi, infatti, consumerebbe in media addirittura 60 kg di soia ogni anno.
Nel 2020 l’Unione europea ha importato 33,9 milioni di tonnellate di soia, di cui oltre 20 milioni provenienti dal Sud America. Ma si tratta solo di soia che mangiamo? No, o meglio, non direttamente. La ricerca “Mapping the European Soy Supply Chain” del WWF evidenzia come il 90% della soia che consumiamo arrivi sulle nostre tavole come ingrediente “nascosto” dietro alla produzione di altri alimenti che acquistiamo normalmente come carne, uova, latte o yogurt.
A fare le spese di questi consumi esagerati non sarebbe solo la foresta pluviale: “È necessario prendere consapevolezza del peso dei nostri consumi non solo sulle foreste, ma anche sulle praterie e le savane, distrutte a tassi persino più elevati delle stesse foreste per fare spazio all’agricoltura, con impatti catastrofici non solo sulla biodiversità, ma anche sulla salute umana e su tutti gli aspetti della nostra vita”, ha dichiarato Isabella Pratesi, Direttore Conservazione WWF Italia.
La soluzione più sostenibile è, prima di tutto, quella di fare attenzione a quanti prodotti di origine animale scegliamo di mangiare, ovviamente a partire dalla carne. Ma non basta: anche se non appare nella lista degli ingredienti di prodotti come ad esempio latte e yogurt, la soia è contenuta in molti mangimi destinati al bestiame da cui questi alimenti derivano.
Intanto, proprio su questo fronte, il WWF riporta una buona notizia recente: alcuni mesi fa l’Unione europea ha deciso di impegnarsi nel ridurre l’impatto che hanno sulle foreste la produzione di cibo e altri beni proponendo una legge antideforestazione, che però presenta ancora alcuni limiti importanti. Il testo della normativa sembra infatti concentrarsi solo sulle foreste, ignorando la pressione a cui sono sottoposte praterie, savane e zone umide, che potrebbero così diventare ancora più sfruttate. Per questo motivo, sarà cruciale la data del 17 marzo, nella quale i Paesi dei ministri dell'Ue dovranno esprimersi sulla bozza di legge, segnalando le lacune a cui porre rimedio