Li abbiamo chiamati eroi, ora ci siamo dimenticati degli infermieri?

Fare l’infermiere oggi vuol dire scontrarsi con una realtà in cui una professione che ha tra le mani la vita delle persone non riceve il corretto riconoscimento economico, societario, accademico. Noi abbiamo chiesto a Domenico, Emanuele e Anna di raccontarci la loro quotidianità e cosa significhi davvero fare questa professione.
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Beatrice Barra 12 Maggio 2023
* ultima modifica il 13/05/2023

Sarà capitato a tutti, almeno una volta, di voler gridare al mondo ciò che di buono si è fatto e avere paura di non essere capiti. Emanuele, infermiere di Sala Operatoria, questa sensazione la prova tutti i giorni.

Emanuele Maiorino, infermiere di sala operatoria

L'incarico professionale di un infermiere è chiaro: colui che si occupa dell'assistenza sanitaria dei pazienti. Ma oggi, a causa della carenza di personale sanitario, l'infermiere spesso si trova a svolgere anche i ruoli di "host, medico, ausiliare", come ci spiega Laura Olivi, segretaria generale della Cisl Fp Milano.

Anche la pandemia – essendo una situazione emergenziale – ha chiesto "tutto e subito", mettendo gli infermieri davanti a nuove responsabilità e, allo stesso tempo, permettendo loro di acquisire nuove competenze. Competenze che, però, ancora "non sono riconosciute", né a livello economico, né a livello accademico, né da parte della società. E questa, forse, rimane la delusione più grande.

Essere infermiere: cosa significa

Si è infermieri sempre: "sia a lavoro, che a casa", dice Domenico, infermiere di Pronto Soccorso. Il lavoro rappresenta l'80% della sua vita e anche quando torna a casa la testa rimane inevitabilmente tra i corridoi dell'ospedale in cui passa la maggior parte del tempo: da un lato perché arrivano chiamate e richieste di straordinari, dall'altro perché un mestiere in cui si è a contatto con le persone – specialmente quelle che soffrono – non può lasciarti indifferente, nemmeno quando la porta si chiude alle tue spalle.

Domenico Lovisi, infermiere di Pronto Soccorso

Per lui la "vocazione" è arrivata in un secondo momento, dopo aver intrapreso questa strada per esigenze lavorative. Per Emanuele, invece, è arrivata quando era nell'esercito e stavano preparando le missioni umanitarie. Lì ha capito che avrebbe voluto passare il suo tempo ad assistere gli altri, alleviare le loro sofferenze. E poi c'è Anna, infermiera di Day Hospital, che da piccola guardava Candy Candy sognando di diventare infermiera come lei e da oltre 30 anni fa questo lavoro.

Le problematiche del settore

Carenza di personale

In Italia oggi mancano 63mila infermieri. Questo dato, che ormai siamo abituati a sentire, ha delle implicazioni molto pesanti sulla quotidianità di chi fa questo lavoro:  turni massacranti, salti di riposo per sopperire alle assenze, meno tempo a disposizione per ogni paziente, sale d'attesa piene, rabbia delle persone che spesso sfocia nelle aggressioni di cui sentiamo parlare.

infermieri

Ma perché mancano infermieri? Secondo Laura Olivi questa carenza aumenterà da qui al 2024 e le motivazioni principali sono:

  1. Blocco dell'uscita per pensionamento dovuto al Covid. Tutti coloro che sarebbero dovuti andare in pensione in questi anni non l'hanno potuto fare a causa dell'emergenza sanitaria, quindi ora ci sarà la perdita di queste risorse.
  2. Gente che abbandona la professione "perché non ce la fa più".
  3. Personale che si trasferisce dal Nord al Sud.
  4. Poche persone che scelgono di fare questo mestiere.

Anche Domenico, quando gli chiedo cosa direbbe a suo figlio se volesse fare l'infermiere, mi risponde: "Gli direi di stringere i denti altri tre anni e fare il medico se vuole lavorare in campo sanitario, vista la situazione attuale". La situazione a cui Domenico fa riferimento è quella che riguarda l'equilibrio tra responsabilità, compenso e riconoscimento. Quello dell'infermiere oggi, infatti è un lavoro "con rischio di errore altissimo" sottolinea Laura: la mancanza di riposo a cui sono sottoposti oggi, lo stress e la stanchezza aumentano le possibilità di sbagliare, che nel loro caso può significare la vita o la morte di una persona. Nonostante la carenza di personale sia una problematica conclamata, secondo Emanuele "gli infermieri mancano per com'è strutturata oggi la sanità": bisognerebbe chiedersi quali siano davvero le competenze di un infermiere, farle riconoscere sia a livello societario che accademico e capire quanto oggi questa figura professionale stia facendo in più rispetto a quello che rientra tra le sue reali mansioni.

Aggressioni

In questo periodo si è tanto sentito parlare di aggressioni al personale sanitario. Ma quali sono le motivazioni secondo gli infermieri?

Quando sei in ospedale vuol dire che stai male, o che sta male qualcuno che ti sta a cuore. E dover aspettare ore e ore per poi, spesso, ricevere risposte "frettolose" fa arrabbiare tutti. "La sala d'attesa del Pronto soccorso è una bomba a orologeria", dice Domenico, "sai sempre che c'è il rischio che qualcuno possa andare in escandescenza". Questo perché la "gente si è sentita abbandonata", soprattutto dopo la pandemia che ha sottoposto tutti a un forte stress e ha messo "in pausa" tutte le malattie che non fossero il Covid. In più l'utenza ha perso la fiducia nei confronti di medici e infermieri, quindi nel momento in cui deve aspettare ore  non si rende conto che magari il personale è poco e ci sono delle emergenze più gravi della propria, "perché quando uno sta soffrendo, il suo dolore è più grande di quello dell'altro", dice Domenico. Il tempo passa, nessuno li visita e pensano che siano "a fare altro, a fumare la sigaretta, a farsi i fatti propri. E quindi si arrabbiano". 

Oggi il numero di persone che vuole controllarsi o che soffre di malattie croniche è molto aumentato rispetto agli anni passati. Il personale sanitario, al contrario, è diminuito. Questo non solo ritarda, ma peggiora le prestazioni degli infermieri che hanno a disposizione tempistiche di assistenza brevissime. E la gente, sofferente, spesso riversa la propria rabbia proprio su di loro, che sono le prime persone con cui si interfacciano. Per questo motivo servirebbero "telecamere e sistemi di sicurezza in tutte le strutture sanitarie", dice Laura Olivi, parallelamente a un incremento del personale in turno, perché spesso "i nostri infermieri lavorano in solitudine, quindi se si verifica un episodio di aggressività è difficile contrastarlo da soli".

Aspetto economico

Perché un ragazzo dovrebbe scegliere oggi di fare l'infermiere, accettando di prendere 1400 euro per fare turni massacranti e avere tra le mani la vita delle persone? Domenico, Emanuele, Anna, e tanti altri come loro, si pongono questa domanda ogni giorno. In questo momento storico i fondi contrattuali per gli infermieri non sono sufficienti "nemmeno a coprire gli straordinari", spiega Laura, che loro però fanno comunque , vista l'assenza di personale.

L'aspetto economico è deludente: tanto per le difficoltà concrete che crea nella vita di tutti i giorni , quanto perché significa non dare il corretto riconoscimento alla professione. Durante il Covid gli infermieri hanno ricevuto (solo) cento euro  di bonus (a fronte dei pericoli che hanno corso tutti i giorni per assistere gli altri mentre tutti noi eravamo a casa) . Si aspettavano almeno che l'ordine abbonasse la tassa annuale, spiega Domenico. E invece l'hanno pagata, e quel bonus di 100 euro oggi è diventato di 20 euro.

Devi considerare, inoltre, che per chi si trasferisce da Nord a Sud (o viceversa) ci sono anche le spese legate all'abitazione. Un tempo per gli infermieri fuorisede erano previsti dei convitti in cui alloggiare, senza dover sostenere le spese d'affitto. Oggi questa soluzione non esiste più, quindi chi si sposta si trova in gravi difficoltà economiche.

Tutte le problematiche di cui abbiamo parlato diventano ancora più impattanti se si è genitori. "Conciliare famiglia e lavoro infermieristico, oggi, è impossibile", spiega Laura Olivi.

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