
Un paio di pinne, una maschera, una lavagnetta e occhi curiosi e attenti. Bastano questi elementi per guardare lo scrigno di biodiversità che si trova al di sotto della superficie del mare. Quel mare che Arianna Liconti – ecologa marina che ci ha guidato in quest'avventura subacquea – vede, prima di tutto, come "simbolo di libertà" e poi come un "esempio da seguire". Dovremmo fare come il mare, la cui resilienza risiede nella capacità di evolversi in milioni di anni, reagendo a ogni cambiamento.
Questo però non vuol dire che il nostro mare stia bene.
Il Mar Mediterraneo "dagli anni '50 ad oggi ha perso il 30% degli animali marini più grandi" e le proiezioni, purtroppo, dicono che la situazione non sembra essere destinata a migliorare.
I problemi principali sono tre (e sono interconnessi).
Per questo motivo, mi sono fatta guidare da Arianna alla scoperta di due progetti che "uniscono conoscenza e restaurazione" della biodiversità e che mirano alla sua tutela, dando "una spinta alla natura, quando non ce la fa".
Una spiaggia color verde smeraldo – anzi, per chi è del posto "verde Paraggi" -alberi a cascata sul mare, una sorta di castello in lontananza e una piccola casetta piena di attrezzatura per gli amanti del mare. Questa casetta è Outdoor Portofino, dove io e Arianna andiamo a prendere il kayak con cui andremo a visitare il giardino di alghe piantato a Punta Castello, all'interno dell'area C, l'area marina protetta di Portofino.
Nel 2018 una mareggiata ha causato la distruzione dell'habitat, e messo a rischio anche l'Ericaria Amentacea, un'alga molto importante per la biodiversità marina perché diventa "casa" per tantissimi altri animali, nonché una tra quelle che assorbe più anidride carbonica.
Appena arriviamo non possiamo fare a meno di notare un pulcino di gabbiano che sembra fare da guardiano a quello scrigno di biodiversità che troviamo verde e rigoglioso.
Noto che proprio sopra il pulcino di gabbiano, c'è un cartello. Arianna mi spiega che quel cartello serve alla comunità locale che ha aiutato gli scienziati a monitorare il giardino. Infatti, mentre praticano i loro sport preferiti, le persone possono fare una foto seguendo le istruzioni riportate sul cartello e inviarla sempre attraverso lo stesso QR code ai ricercatori.
Per ottenere i risultati che vediamo noi oggi, sono stati prelevati gli apici delle alghe durante il loro periodo di riproduzione. Gli apici sono stati fatti crescere in laboratorio nelle migliori condizioni per poi essere reimpiantati.
La nostra seconda tappa è il laboratorio Marino di Camogli, del CNR: il posto in cui in questo momento i ricercatori dell'Università di Genova, guidati dalla ricercatrice ed ecologa marina Chiara Cantore, stanno portando avanti il progetto Life Pinna. L'obiettivo è il recupero e il ripopolamento di una delle specie più iconiche del Mediterraneo, la Pinna Nobilis. Un tempo comunissima nei nostri mari, soprattutto all'interno delle praterie di Posidonia, "dal 2016 a oggi sta scomparendo a causa di un agente patogeno".
Questa specie è importantissima: da un lato perché è un filtratore, dall'altro perché avendo un guscio molto grande viene abitata anche da altre specie.
Non è facile trovare gli esemplari, ma lo scopo del progetto è riuscire a recuperare quelli che sono riusciti a resistere a questo agente patogeno, portarli nel laboratorio marino di Camogli ed effettuarne la riproduzione controllata, a temperature idonee e sottoponendo gli esemplari a diversi stimoli che dovrebbero portarli a rilasciare i gameti. L'obiettivo è, poi, "quando le piccole pinne si saranno sviluppate, rimetterle in mare".