"Spesso i poveri mangiano meglio, perché comprano dal produttore e a basso costo prodotti di qualità". Stanno facendo molto discutere le parole del ministro dell'Agricoltura e della Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, al Meeting di Rimini. Durante l'incontro "Food security e sostenibilità: cooperare per crescere", il ministro ha messo a confronto il modello alimentare che seguiamo in Italia con quello adottato dalla maggioranza delle persone che vivono negli Stati Uniti. E ha inoltre precisato: "In Italia abbiamo un'educazione alimentare interclassista", spiegando come questo vantaggio ci metterebbe al riparo, ad esempio, dal problema dell'obesità che negli USA riguarda quasi la metà della popolazione adulta. Ma per quanto la dieta mediterranea sia un ideale a cui continuiamo a ispirarci, i poveri in Italia non mangiano meglio dei ricchi e l'obesità nel nostro Paese è in costante aumento. Proviamo a capire meglio con qualche dato.
Prima di tutto, l'inflazione: a dicembre 2022 abbiamo chiuso l'anno con un aumento del 9,5% per gli alimentari non lavorati e del 5,8% per gli alimentari freschi. Un trend che ha portato a una crescita anche oltre il 12% dei prezzi dei beni alimentari. In totale, le famiglie italiane avevano speso fino a 2,6 miliardi di euro in più per mettere in tavola pane e pasta, 2,3 miliardi in più per la verdura e 2,2 miliardi per la carne.
E se i prezzi aumentano troppo, per sfamare la famiglia si va alla ricerca delle offerte speciali e del sottocosto, due meccanismi che finiscono sull'impoverire i piccoli produttori che non riescono più a sostenere le richieste pressanti della grande distribuzione, ovvero delle più diffuse catene di supermercati. Un sistema, cioè, che solo in apparenza garantisce un risparmio, mentre alla lunga finisce con il creare un circolo vizioso che ci rende tutti più poveri.
In sconto, poi, si trovano spesso i piatti pronti che finiscono il costare anche molto meno rispetto all'insieme degli ingredienti freschi che sarebbe necessario per prepararli a casa. Ma che contengono anche ingredienti ultraprocessati, conservanti, edulcoranti, percentuali maggiori di grassi saturi, elevate quantità di zuccheri e così via. Intanto aumenta la percentuale di persone obese o in sovrappeso grave, che raggiunge il 46% nella popolazione adulta. Mentre il tumore più diffuso, se si prendono in considerazione sia pazienti uomini che donne, è quello al colon-retto.
Chi non può permettersi di acquistare prodotti freschi a sufficienza nei supermercati, difficilmente si rivolgerà ai piccoli produttori. Prima di tutto perché la percentuale maggiore di popolazione si concentra nelle città e quindi lontani dalle aziende agricole. In secondo luogo, i prezzi dei piccoli produttori possono essere anche superiori a quelli adottati dalla grande distribuzione per il semplice fatto che vanno incontro a spese maggiori e a rischi legati alle condizioni meteo.
L'Istat segnala piuttosto che gli italiani tendono a ridurre il più possibile gli sprechi, in ottica di risparmio, facendo spesa più spesso e riempiendo meno il carrello. Nel 2022 sono cresciute soprattutto le vendite nei discount, che hanno segnato una media del +9%, un segnale di come le famiglie fatichino sempre di più a portare il cibo in tavola e siano costrette a orientarsi verso canali che garantiscano prezzi bassi, non verso i piccoli produttori biologici.
La difficoltà di acquistare cibo di qualità è un problema che si ripercuote anche sulla salute e su cui il ministro della Sovranità alimentare dovrebbe essere meglio informato.
Fonte| Istat