"Era l'estate del 2020 e ci immergevamo nelle acque della nostra terra, nelle acque del Golfo di Cefalù. In quel momento scoprimmo per caso una zona della Secca dei Campanari. Era completamente ricoperta da reti da pesca abbandonate. Allora documentammo le reti, tutti i pesci intrappolati e l'ecosistema marino, ormai asfissiato. È stato lì che abbiamo iniziato a pensare a un progetto che potesse liberare quel tratto di mare dalle reti fantasma. È stato lì che abbiamo iniziato a pensare a Missione Euridice."
Il racconto di Andrea e Marco Spinelli inizia così. Il loro amore verso il mare si potrebbe dire che sia esploso in quell'estate, durante il Covid, in piena pandemia. Andrea è anche riuscito a trasformare questo amore in un lavoro. "Studio e racconto il mare", questa è la sua missione. È un ricercatore, biologo marino all'Istituto Oceanografico di Valencia (Spagna) da più di 5 anni, ma Missione Euridice è stata la scintilla che ha acceso la voglia di continuare, con più forza e determinazione, a salvare i nostri mari e fare qualcosa di concreto.
"Sott'acqua si è completamente connessi con la natura, le emozioni sono amplificate, è un mondo parallelo che dobbiamo proteggere".
Marco, invece, all'amore per il mare ha aggiunto un bisogno, che parte da lui, ma in realtà è rivolto al mondo.
"Il mio è un vero bisogno, il bisogno di raccontare cosa si nasconde sotto. Raccontare come l'impatto umano sia in grado di arrivare anche lì, in quel mondo che apparentemente ci può sembrare lontano, ma in realtà è vicinissimo. È l'origine della vita."
Marco è un fotografo e documentarista e prova ad utilizzare la fotocamera per sensibilizzare. "Racconto il pianeta terra e come salvaguardarlo", questa è la sua missione.
"Da quell'estate del 2020 è trascorso circa un anno prima che il progetto partisse" – continuano i due fratelli. "Nella primavera del 2021 decidemmo di lanciare un ‘crowdfunding' che nel concreto ci ha permesso di dar vita, al nostro progetto."
Ogni anno nei fondali marini 640mila tonnellate di reti da pesca vengono abbandonate. E l'Unione Europea ha stimato che il 20% di queste tonnellate di reti finiscano nel Mar Mediterraneo. Si tratta di circa 11mila tonnellate. Secondo Nature Sustainability, invece, tra i rifiuti più comuni che inquinano i nostri mari i sacchetti di plastica monouso sono al primo posto (in percentuale sono il 14,1% di tutti i rifiuti presenti).
Presenti poi, bottiglie, sempre di plastica (11,9%), tappi e coperchi di plastica(6,1%), lattine, bottiglie di vetro, packaging industriale (3,4%), involucri di cibo e contenitori (9%). Infine, in grandi quantità presenti anche corde sintetiche e oggetti per la pesca (7,8%). Nel complesso si parla del 76% di tutti i rifiuti presenti nei mari (escluse dallo studio le microplastiche). Non finisce qui, sempre grazie a un altro studio di Nature, che parla dei rifiuti presenti nei fiumi, si è analizzato da dove questi provenissero. Italia, Turchia e Regno Unito si posizionano ai primi tre posti come i più grandi produttori di rifiuti in acqua.
Con Missione Euridice, Andrea e Marco Spinelli hanno pensato di contribuire, in piccola parte, a cambiare il tragico trend, documentando e sensibilizzando il più possibile tutti. L'obiettivo della missione era quello di portare avanti un'azione di recupero delle reti da pesca abbandonate nel Golfo di Cefalù. Ad aiutare loro nell'impresa anche lo stesso Istituto Oceanografico di Valencia, la Capitaneria di porto, il reparto sub della Guardia Costiera e alcuni pescherecci della Marineria locale. Il risultato è stato incredibile.
"Quando ci siamo immersi non pensavamo di trovare una tonnellata di reti. Provavamo un senso di tristezza quando abbiamo visto quel meraviglioso ecosistema soffocato dalle reti fantasma."
"Tra gli oggetti più strani c'era un grande pneumatico, probabilmente di un trattore o un grande camion."
Avete avuto difficolta durante il lavoro di recupero delle reti?
"Sicuramente… La visibilità sott'acqua durante le operazioni di recupero delle reti. Quando raccoglievamo le reti dal fondo si alzava un polverone che rendeva molto difficile vedere e lavorare con serenità. Anche la questione della profondità è stata complicata da gestire. Non potevamo superare i 35 minuti di immersione."
C'è stato un momento che rischiava di frenarvi? In cui pensavate fosse impossibile proseguire la missione?
Pensavamo anche fosse difficile quasi impossibile dare vita a Missione Euridice. Il Covid è stato un ostacolo, dal punto di vista logistico, sanitario… Poi anche durante la missione abbiamo affrontato momenti di difficoltà, climatiche e logistiche. Questo ha messo a rischio tutto.
Cos'è accaduto lì sotto? Che sensazioni avete provato?
"Il giorno dopo la rimozione abbiamo effettuato le ultime due immersioni per analizzare l'area e realizzare le ultime riprese subacquee. I pesci erano tornati. Dopo un solo giorno dalla rimozioni delle reti, i pesci erano tornati…"
"Sembrava assurdo è come se i pesci ci avessero detto grazie per aver liberato casa."
Andrea, da ricercatore e biologo marino hai da suggerire un consiglio alla politica italiana su come intervenire per salvaguarda la biodiversità?
"Personalmente penso che le istituzioni, e la corretta gestione, di nuove Aree Marine Protette nel Mar Mediterraneo, debbano essere un importante ‘step‘ per la salvaguardia della biodiversità del nostro ‘Mare Nostrum‘. Inoltre negli ultimi anni, i progetti di restaurazione degli ecosistemi marini si stanno rivelando un importante strumento scientifico per mitigare l'impatto antropico e fornire una seconda possibilità di vita agli habitat marini."
Marco, cosa ti ha spinto ad intraprendere questo viaggio con tuo fratello? Da fotografo e documentarista cosa suggeriresti alla politica italiana di fare per sensibilizzare tutti su questo tema?
"I documentari hanno il potere di sensibilizzare le persone, ma sopratutto creare più consapevolezza che è ciò di cui abbiamo bisogno oggi. La politica dovrebbe dare molto più spazio alla ricerca, ai giovani ragazzi che si impegnano nella divulgazione e nella realizzazione di progetti con obiettivi di sostenibilità ambientale e valorizzazione del territorio. In Italia facciamo veramente fatica a farlo. Abbiamo l'oro sotto i nostri occhi ma non ce ne rendiamo conto."
Adesso… Una domanda su Missione Euridice. Finisce tutto qui o continua?
"Continua. Continueremo nel 2023, attraverso altre pulizie dei fondali, non solo dalle reti fantasma, ma da tutto ciò che troveremo."
"L'obiettivo è quello di creare un movimento, far aprire gli occhi a chi ancora oggi non è a conoscenza di certe problematiche."
"Ognuno di noi nel suo piccolo può fare veramente qualcosa per proteggere l'ambiente."