L’Unione Europea e le aree protette: un piano per salvare la biodiversità

Con la Strategia sulla biodiversità per il 2030 si punta a raggiungere il 30% di zone protette, sia terrestri che marine.
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Gianluca Cedolin 11 Giugno 2020

A fine maggio l'Unione europea ha approvato la sua Strategia sulla biodiversità per il 2030, un lungo documento che contiene le linee programmatiche (più a livello generale e di obiettivi che di provvedimenti veri e propri) su come l'Europa intende salvaguardare l'ambiente e far crescere e ritornare la natura. Dalla piantagione di alberi agli investimenti sulle rinnovabili e sull'inverdimento delle città, sono tanti i punti toccati dalla strategia. Qui vogliamo parlarti di cosa intende fare l'Unione europea sulle aree protette.

Come si legge nel documento, la biodiversità prospera nelle zone protette. Per questo, si punta a costruire «una rete naturalistica transeuropea che sia davvero coerente», e si riconosce come l'ampliamento delle zone protette sia un imperativo anche economico: per ogni euro investito nelle zone marine protette se ne generano almeno tre, e i benefici di Natura 2000 (la rete di zone a protezione speciale dell'Ue) sono valutati tra i 200 e i 300 miliardi di euro all'anno.

L'obiettivo è quello di arrivare a rendere protetto il 30% della superficie terrestre e al 30% del mare europeo, contro il 26% e il 19% attuali. E questo soprattutto per quanto riguarda le zone ad alto valore (o potenziale) di biodiversità, perché spesso più vulnerabili ai cambiamenti climatici. Queste, nell'idea dell'Unione europea, dovrebbero essere sottoposte alla protezione rigorosa, la quale non comporta per forza il divieto di accesso per le persone, ma mira a lasciare intatti i processi naturali (azzerando di fatto l'intervento antropico), per rispettare i bisogni ecologici della zona. Oggi solo il 3% della terra e l'1% del mare sono protetti in maniera rigorosa: bisogna arrivare almeno al 10%.

Uno dei passi fondamentali è la definizione, la mappatura e il monitoraggio di tutte le foreste primarie e antiche ancora esistenti (e la loro protezione, chiaramente), assicurandosi al contempo che le azioni adottate dall'Unione europea non comportino la deforestazione in altri luoghi del mondo. Si tratta infatti di ecosistemi ricchissimi, in grado di assorbire grandi quantità di carbonio dall'atmosfera. Da loro dobbiamo ripartire per tutelare la biodiversità del nostro continente e del nostro pianeta, e quindi il nostro futuro.