L’uomo fa troppo rumore negli oceani e i narvali dell’Artico non riescono più a procurarsi il cibo

Il rumore dei motori delle navi così come le potenti onde sonore per l’esplorazione petrolifera stanno mettendo in serio pericolo i narvali, noti anche come gli unicorni marini per via della loro singola zanna sul muso lunga anche 3 metri. Secondo uno studio dell’Università di Copenhagen i suoni prodotti dall’uomo li stresserebbero al punto da farli smettere di mangiare.
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Kevin Ben Alì Zinati 7 Gennaio 2022

Non si vede ma si sente, anche troppo. È l’identikit del nuovo pericolo che minaccia la popolazione dei narvali, le iconiche balene con una sola zanna al centro del muso tipiche dell’Artico. Sto parlando del rumore.

Eliche, motori e anche le potenti onde sonore sparate sui fondali marini per analizzare la composizione geologica dei fondali marini alla ricerca di petrolio e gas stanno mettendo in serio pericolo questi cetacei al punto da indurli a smettere di mangiare e a spingersi troppo vicini alla riva.

I narvali

Potresti aver sentito parlare del narvalo come “l’unicorno del mare”. Questo per via della sua caratteristica zanna che può crescere fino a tre metri di lunghezza e che per gli esemplari maschi rappresenta un carattere sessuale secondario, come le corna del cervo.

Le popolazioni di narvali vivono principalmente nelle acque della Groenlandia, del Canada nord-orientale,  in Norvegia e nel Mar della Siberia orientale, nella parte settentrionale della Russia.

La IUCN ha indicato i narvali come una popolazione non a rischio e le ultime stime contano una popolazione globale di circa 70-80mila individui. Diversi ricercatori tuttavia hanno sottolineato che diverse sottopopolazioni sono più in pericolo di altre: quelle della Groenlandia orientale, ormai composta da meno di 1000 esemplari.

Tutto è suono

I narvali sono animali marini misteriosi. Vivono principalmente nell’Artico, dove il ghiaccio perenne rende difficilissimo avvicinarli e studiarli.

In più trascorrono gran parte della loro vita al buio. Per cacciare si immergono fino a 1800 metri e a quelle profondità non c’è neanche un bagliore di luce.

Ma sono animali anche molto affascinanti. Come i pipistrelli anche loro vivono letteralmente di suoni e si orientano e cacciano attraverso il biosonar. Emettono cioè delle onde sonore che rimbalzando su un oggetto causano un’eco di ritorno che dà loro informazioni su distanza e dimensioni di quel particolare oggetto.

Quindi tutto, nella vita di un narvalo si basa sul suono. Il punto però è che se i rumori antropici stanno diventando i loro peggior nemici.

Per millenni le acque dell'Oceano Artico sono state la casa perfetta per migliaia di specie marine, tra cui i narvali che insieme ad altri mammiferi vivevano indisturbati.

Poi però è abbiamo cominciato a invadere anche i mari e gli oceani e a espandere le nostre attività marittime, dal turismo alla pesca, da rilievi sismici alle esplosioni di mine fino alle trivellazioni. Senza contare poi il ruolo del cambiamento climatico e dello scioglimento del ghiaccio marino che sta favorendo un aumento delle attività umane in zone prima inviolate come l'Artico.

Tutto questo ha determinato ovviamente un aumento significativo del rumore umane che, sebbene non per forza violento, sembra risultare davvero dannoso per i narvali, anche se concentrato a chilometri di distanza.

Anche quando il rumore di una nave è inferiore al rumore di fondo nell'oceano e non possiamo più sentirlo con le nostre attrezzature avanzate, questi cetacei possono sentirlo e distinguerlo da altri suoni in mezzo a loro. E così, in una certa misura, il loro comportamento è chiaramente influenzato hanno spiegato i ricercatori danesi.

I pericoli del rumore

L’allarme arriva da uno studio dell'Università di Copenaghen e del Greenland Institute of Natural Resources pubblicato sulle riviste Biology Letters e Frontiers in Marine Science.

I ricercatori danesi hanno etichettato un branco di narvali nel sistema del fiordo Scoresby Sound della Groenlandia orientale e hanno monitorato gli effetti della loro esposizione al rumore generato sia dal motore di una nave sia a quello di un fucile ad aria compressa sismico utilizzato per l'esplorazione petrolifera.

Risultato? I narvali reagiscono al rumore a 20-30 chilometri di distanza e spesso reagiscono pure male.

Il loro sistema di ecolocalizzazione va in tilt, quel metodo che ti ho spiegato prima con cui emettono una sorta di “ticchettio” per individuare del cibo, e poi smettono di immergersi in profondità preferendo avvicinarsi alla riva: “Un comportamento che di solito mostrano solo quando si sentono minacciati dalle orche assassine, ha spiegato Outi Tervo, biologo marino del Greenland Institute of Natural Resources e uno dei ricercatori dietro lo studio. “Questo comportamento significa che non hanno possibilità di trovare cibo finché il rumore persiste”.

Un altro sintomo del disagio provato dai narvali in presenza del rumore antropico è il numero insolito di colpi di coda. “Questo può rappresentare un pericolo perché esaurisce notevolmente le loro riserve di energia. I narvali hanno bisogno di una grande quantità di ossigeno per immergersi a diverse centinaia di metri sotto la superficie per il cibo e tornare in superficie per l’aria” hanno continuato i ricercatori danesi.

Alzare la voce

Lo studio, nelle menti dei ricercatori, ha lo scopo di strigliare ancora di più le autorità e gli enti responsabili affinché assicurino una migliore gestione delle attività che creano inquinamento acustico negli habitat dei narvali.

Soprattutto vista la velocità dei cambiamenti che stanno coinvolgendo l'Artico e l'impossibilità per questi cetacei di trovarsi un'eventuale nuova casa. "I narvali sono così ben adattati all'ambiente artico e non possono semplicemente scegliere di andare ai Caraibi. Oltre alle temperature più calde dell'acqua e, in alcuni punti, alla cattura del pesce ora anche il rumore entra nell'equazione del pericolo dei narvali", hanno spiegato gli scienziati.

Bisogna agire in fretta, quindi, anche per proteggere i narvali.