Mettici tutto te stesso, come Roberta: storia di una lotta (e di una vittoria) contro il linfoma

A 22 anni ha un banale mal di gola. In pochi giorni scopre che in realtà era il sintomo di un linfoma di Hodgkin al terzo stadio. Le cure, la perdita di capelli, la recidiva, il trapianto. Tutto affrontato con determinazione e con obiettivo ben chiaro in testa: “Non quello di guarire, perché purtroppo non sempre è possibile, ma quello di metterci tutto noi stessi”. E alla fine ha vinto lei.
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Giulia Dallagiovanna 21 Giugno 2021
* ultima modifica il 21/06/2021
Con la collaborazione del Dott. Luca Vago Ematologo e ricercatore AIRC presso l'IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.

"A chi riceve oggi una diagnosi come la mia mi sento di dire che è capitato, non ci possiamo fare niente. Non possiamo scegliere, purtroppo. Ma le cose vanno affrontate come va affrontato tutto nella vita. È importante non perdere mai di vista l’obiettivo, che non è quello di guarire, perché purtroppo non può essere così per tutti. L’obiettivo è quello di metterci tutto noi stessi". Roberta Giuliani oggi ha 34 anni e a guardarla non diresti mai che una decina di anni fa sia ammalata di Linfoma di Hodgkin. E questo perché oggi è guarita e sta bene. Abbiamo scelto di raccontare la sua storia in occasione della Giornata contro le leucemie, i linfomi, i mielomi, per darti un messaggio di speranza: combattere si può e, a volte, persino vincere.

"Il linfoma di Hodgkin è una patologia tumorale che origina da alcune cellule del nostro sangue, in particolare dai linfociti B. Si presenta spesso in individui giovani, adolescenti o giovani adulti, e spesso si manifesta con un ingrossamento dei linfonodi", spiega il dottor Luca Vago, ematologo e ricercatore AIRC presso l'Ospedale San Raffaele di Milano. La storia di Roberta, però, è un po' diversa. Era la primavera del 2010 e l'unico sintomo che percepiva era un banale mal di gola. Sua madre, quasi per caso, decise di far fare le analisi a tutta la famiglia. Un normale controllo. È così che, a 22 anni, scopre di avere un tumore del sangue al terzo stadio. "Sarei potuta morire soffocata se non avessi fatto quelle analisi", ci ha raccontato.

L'effetto collaterale più difficile da accettare è stato l'aumento di peso: 20 chili in tre mesi

E così cominciano i cicli di chemio, le cadono i capelli e nel giro di tre mesi il suo corpo si trasforma: da 56 chili arriva 76. "È stato un grosso shock – ricorda. – Non ti senti più a tuo agio con il tuo corpo e intanto vedi le cicatrici e i cateteri che ti escono fuori dalle braccia, dal collo, da tutte le parti".

Ma Roberta non risponde alle cure. Così arriva l'autotrapianto di cellule staminali e poi la notizia della recidiva, accolta con la stessa forza di sempre. "Mi sono seduta sul letto, ho guardato mia mamma e le ho detto: ‘Dobbiamo ricominciare'". Da Roma, si trasferisce a Milano, all'Ospedale San Raffaele, appunto, per capire quali possibilità di trattamento ci siano. E la scelta ricade soprattutto su una: il trapianto.

"Purtroppo ci sono anche pazienti che non rispondono alle terapie di prima linea – spiega il dottor Vago. – In questi casi oggi abbiamo comunque un armamentario importante costituito da altri farmaci, oppure dal trapianto. Questo ha un razionale un po’ diverso rispetto a tutte le altre terapie perché bisogna fare un trasferimento dal donatore al nostro paziente un sistema immune in grado di attaccare ed eliminare le cellule malate".

Proprio il dottor Vago, allora specializzando, è tra i medici che seguono il trapianto di Roberta e tutto ciò che accade dopo, come l'herpes al fegato, insorto a causa della necessaria immunosoppressione. "Roberta è stata una tra i primi pazienti che ho seguito personalmente. Si è creato un rapporto personale e oggi sono davvero molto contento del fatto che sia completamente guarita. Continuiamo ad avere un bellissimo rapporto e quando è possibile mi fa molto piacere vederla e vedere come è riuscita a tornare a una vita pienamente attiva e normale", conclude il dottor Vago.

Le informazioni fornite su www.ohga.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.