pesci morti

Milioni di pesci morti in un fiume australiano: la causa è il cambiamento climatico

Il fiume Darling, nel Nuovo Galles del Sud, in Australia, si è riempito di pesci morti per mancanza di ossigeno. Secondo i ricercatori tra le cause ci sarebbe l’aumento di temperature e il rapido passaggio da alluvioni a siccità.
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Roberto Russo 20 Marzo 2023

Lo scenario sembra quello apocalittico di una delle piaghe d'Egitto: chilometri di fiume con pesci morti che emanano cattivo odore perché in putrefazione. Purtroppo però non si tratta del set di un film catastrofista, ma l'amara realtà. Siamo in Australia, per la precisione nel Nuovo Galles del Sud, e il fiume Darling è colmo di pesci morti.

Secondo le autorità e gli scienziati, il fenomeno è dovuto alle inondazioni e al caldo. A farne le spese, tra gli altri, aringhe, pesci persici e carpe. “L'ondata di calore continua a creare difficoltà in un ecosistema che ha già vissuto condizioni estreme a causa di gravi inondazioni”, ha detto in una nota il dipartimento delle Industrie primarie del New South Wales.

Le cause del fenomeno

Le morti, quindi, sono state probabilmente causate dai bassi livelli di ossigeno presenti nell'acqua. Questo fenomeno è stato a sua volta determinato dal ritirarsi delle acque per la siccità in atto.

Lo stesso aumento di temperature ha peggiorato le condizioni di vita dei pesci, che proprio a causa del clima più caldo hanno bisogno di più ossigeno.

Il leader dei Green, il partito ecologista australiano ha denunciato il fatto sui social, Adam Brandt: "Non di nuovo – spiegando che un fatto simile era già successo nel 2018 – Questo non è naturale".

Sono così tanti i pesci morti che la loro rimozione è tutt'altro che semplice e questo instaura un circolo vizioso dal momento che le carcasse contribuiranno a ridurre ancora il livello di ossigeno nell’acqua, con l'inevitabile morte di altri pesci.

La situazione sta causando anche gravi problemi alla vicina cittadina di Menindee (poco meno di 500 abitanti) per i quali l'odore è nauseabondo.

Una situazione che va avanti da tempo

Come ricordato da Brand nel suo post, già nell'estate 2018 e poi nel 2019 si erano verificati eventi simili. In quell'occasione si affidò a un gruppo indipendente di ricerca guidato dal professor Robert Vertessy il compito di indagare sulle cause del fenomeno.

I ricercatori stabilirono già allora che a determinare quella moria fosse stato proprio il cambiamento climatico: "Questa improvvisa riduzione dell'ossigeno, combinata con le temperature già elevate dell'acqua e dell'aria – si legge nello studionon avrebbe offerto alla grande biomassa di pesci stressati alcuna via di fuga".

Nello specifico tra le prime cause venne indicato il rapido alternarsi di alluvioni e siccità responsabile di seri scompensi a tutto l'ambiente: "In definitiva, è stata la rapida transizione da condizioni molto favorevoli a condizioni molto avverse a determinare un numero così elevato di morie di pesci".

Nessuna soluzione

Si tenga presente che questo fiume fa parte del sistema Murray-Darling, tra i più grandi al mondo, e dal 2008 i governi del Nuovo Galles del Sud non riescono a far entrare in vigore un programma (il cosiddetto "Murray-Darling Basin Plan") che contribuirebbe a migliorare la salute del fiume, perché le parti interessate non riescono a trovare un compromesso.

E tornano alla mente le parole del presidente Sergio Mattarella che qualche giorno fa ha detto all'Università di Nairobi: “Non ci si può cullare nell’illusione di perseguire prima obiettivi di sviluppo economico per poi affrontare in un secondo momento le problematiche ambientali. Non avremo un secondo tempo”.

In apertura: foto di repertorio del fiume Darling visto dall'aereo