Nel Decreto aiuti quater contro il caro-energia c’è anche una norma sblocca-trivelle: quali sono i rischi per l’ambiente

Dal dissesto idrogeologico a un aumento delle emissioni che non ci permetterebbe di mantenere l’incremento della temperatura entro gli 1,5 gradi. Il gas estratto da eventuali nuove trivellazioni non sarebbe sufficiente per compensare le gravissime conseguenze sul piano ambientale.
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Giulia Dallagiovanna 11 Novembre 2022

Sulle trivelle il governo Meloni tira dritto: il decreto aiuti quater, nonché primo provvedimento economico del nuovo esecutivo, contiene una norma ad hoc allo scopo dichiarato di "mettere in sicurezza il tessuto produttivo". L'estrazione di gas naturale verrà incrementata non solo attraverso le coltivazioni già esistenti, ma anche autorizzando nuove concessioni tra le 9 e le 12 miglia dalla costa. Viene in questo modo superato il Pitesai, il “Piano della transizione energetica sostenibile delle aree idonee”, varato a Febbraio dal governo Draghi, sotto la spinta dell'allora Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani.

Le misure, a lungo annunciate nei giorni scorsi, sono state approvate dal Consiglio dei ministri nella serata di ieri e contengono anche una proroga del Superbonus 110% e agevolazioni alle imprese per far fronte alla crisi energetica.

Via libera alle trivelle

Il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, ha dichiarato che si può raddoppiare la produzione nazionale di gas sfruttando appieno i giacimenti già esistenti. Intanto, però, il decreto apre le porte a nuove autorizzazioni e aggiunge altree aree a quelle individuate dal precedente governo. Il riferimento, in particolare, è a un giacimento che l'Italia ha in comune con la Croazia e da cui, sostiene il ministro, potrebbero essere estratti fino a "70 miliardi di metri cubi di gas in più anni".

Per il momento, però, non dovrebbe essere toccato. Il governo ha disposto un finanziamento a copertura delle spese sostenute dal Gse, il Gestore dei servizi energetici, una società interamente partecipata dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, che si occupa di promuovere le fonti rinnovabili e l'efficienza energetica. Come potrai immaginare, dietro a questa manovra c'è prima di tutto la necessità di ridurre la dipendenza dalla Russia per quanto riguarda le importazioni di gas. Di nuovo, dunque, una risposta emergenziale a una situazione di crisi.

I rischi per l'ambiente

Ma è una risposta che non tiene conto di un'altra crisi in corso e ben più grave: quella climatica. L'abbandono dei combustibili fossili, di cui il gas fa parte, è il primo requisito per mantenere l'aumento della temperatura terrestre entro gli 1,5 gradi centrigradi. Secondo il gruppo indipendente di ricerca scientifica Climate Action Tracker, gli impianti di Gnl in costruzione e l'apertura di nuovi giacimenti o l'avvio di nuove trivellazioni a livello globale potrebbero provocare un aumento di 3,1 tonnellate di CO2 all'anno entro il 2030. Il che significa che supereremo di 1,9 miliardi il limite fissato dalla Iea (Agenzia internazionale dell'energia) per centrare il taget zero emissioni nel 2055, con tutte le conseguenze che ne deriverebbero. E questo è un primo problema.

Ma c'è di più. Un rapporto di Greenpeace del 2016, Trivelle fuorilegge, denuncia come spesso attorno a questi insediamenti marittimi sia stato registrato un livello di inquinamento superiore a quello previsto dalle norme.

Anche se il rischio principale, a livello ambientale, è quello di dissesto idrogeologico, causato proprio dal perforamento di suoli e fondali marini. Lo sanno bene in Polesine, dove proprio l'estrazione massiccia di gas ha provocato un abbassamento generale dell'area e condotto alla più disastrosa alluvione della storia d'Italia, quello del 1951. La tragedia fu poi seguita da altri episodi simili, ma di dimensioni più ridotte, di cui l'ultimo nel 1966.

Il no del Veneto

E proprio pensando alla storia del Polesine, il governatore del Veneto, Luca Zaia, si è subito detto contrario alla possibilità di nuove trivellazioni: "Nel referendum del 2016, io avevo sostenuto il no alle trivelle, come quasi l'86% dei veneti e degli italiani. E oggi, confermare quel no non è soltanto una questione di coerenza. Il Veneto si è sempre dimostrato attento e solidale, ma in questa fase sarà difficile dipanare le perplessità di una comunità che ha già pagato un conto salato per quello che è stato. Nel Polesine è stato un disastro colossale". Zaia ha trovato il pieno appoggio dal ministro per gli Affari Regionali Roberto Calderoli, altro esponente della Lega, facendo quindi apparire alcune crepe nella coalizione di maggioranza.

Il referendum a cui si riferisce il governatore del Veneto si tenne nell'aprile di 6 anni fa e il quesito era incentrato sulla proposta di eliminare la norma che consentiva alle imprese che avevano una concessione per l'estrazione di giacimenti entro le 12 miglia dalla costa di continuare a estrarre materia fino al suo esaurimento. In realtà, non fu raggiunto il quorum in quanto andò a votare solo il 31% degli aventi diritto. Come è già stato ricordato, in quell'occasione anche Fratelli d'Italia si espresse contro le trivellazioni.

La Puglia, altra regione potenzialmente interessata dall'installazione di nuovi impianti, aveva già chiarito il suo secco "no". "La posizione della Regione Puglia è di ferma opposizione e si basa su importanti pareri scientificiaveva spiegato l'assessora all'Ambiente Anna Grazia Maraschio. – È un dato certo che le eventuali trivellazione non apporterebbero nessun vantaggio sul tema energetico. Perché è scientificamente provato che l'eventuale quantitativo di gas sarebbe minimo e non determinerebbero alcun miglioramento della situazione attuale".

La denuncia delle associazioni

WWF, Legambiente e Greenpeace Italia denunciano, in un comunicato congiunto, come il provvedimento sia un "regalo alle industrie estrattive" e non una risposta efficace alla crisi energetica. Il nostro fabbisogno annuale di gas, spiegano, è attorno ai 76 miliardi di metri cubi, mentre con lo sblocca trivelle si potrebbe arrivare al massimo a 15 miliardi in 10 anni. Solo l'1,9% del fabbisogno nazionale di gas all'anno sarebbe quindi coperto dall'incremento delle estrazioni.

Solo l'1,9% del fabbisogno nazionale di gas all'anno sarebbe coperto dall'incremento delle estrazioni

"Riaprire alle trivellazioni in mare – si legge, – significa continuare con lo stesso identico modello energetico che ha prodotto la crisi energetica e climatica e che ha comportato già più insicurezza, sofferenze e perdite economiche per cittadine e cittadini del nostro Paese. La transizione energetica, basata sulle fonti rinnovabili e il risparmio e l’efficienza energetica, sviluppo tecnologico e creazione di nuovi posti lavoro offre, invece, il set di soluzioni necessarie per superare l’attuale situazione di crisi".

Il superbonus e le altre misure

Passando alle altre misure previste dal decreto, troviamo una proroga al Superbonus, con uno sconto ridotto dal 110% al 90% a partire già dal 2023. L'agevolazione, che promuove anche l'efficientamento energetico degli edifici, è valida sia per i condomini che per le villette, purché siano registrate come prima casa, ovvero come abitazione principale. Non solo, ma il proprietario deve anche dimostrare di percepire un reddito inferiore ai 15mila euro, una soglia che può variare in base al numero dei membri che compongono la famiglia. In caso, però, tu abbia già avviato i lavori e ne abbia portato a termine almeno il 30% entro lo scorso settembre, potrai beneficiare del bonus al 110% fino al 31 marzo 2023.

Un'altra proroga riguarda poi i crediti di imposta per le imprese e il taglio delle accise alla benzina. Le imprese residenti in Italia, sempre in ottica di fronteggiare la crisi energetica, potranno inoltre rateizzare i pagamenti delle bollette e avranno a disposizione fino a 3mila euro di premi esentasse da elargire ai propri dipendenti per sostenere il caro vita.