Non solo la Marmolada: quali sono i ghiacciai a rischio in Italia

A pochi giorni dalla tragedia della Marmolada, l’allarme resta generale sulle condizioni dei ghiacciai del nostro Paese. Da anni osservatori scientifici e associazioni segnalano gli effetti del cambiamento climatico sulla tenuta delle nostre montagne, e su eventi di dissesto idrogeologico collegati allo scioglimento delle masse di ghiaccio. Vediamo le situazioni più a rischio.
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Michele Mastandrea 6 Luglio 2022

Della tragedia della Marmolada, causata dal riscaldamento climatico intensissimo degli ultimi decenni, si è già scritto tanto. La paura ora è però che in altre località  simbolo della bellezza delle montagne, possa riaccadere quanto avvenuto la scorsa domenica.

Le preoccupazioni sono per tutto l'arco alpino. Ma i ghiacciai più interessati da possibili nuovi disastri sono soprattutto quelli sotto i 3.500 metri di altitudine, che secondo il Wwf sono destinati a sparire nell'arco dei prossimi 20-30 anni. Il loro scioglimento determina un enorme rischio che a cascata si verifichino eventi di dissesto idrogeologico, come frane e alluvioni.

La stessa Marmolada potrebbe subire ulteriori crolli. Del resto, le previsioni degli esperti già qualche anno fa affermavano che il più grande ghiacciaio delle Dolomiti sarebbe stato interessato da simili eventi. Il problema è però generale: negli ultimi 150 anni, la riduzione è stata fortissima. Pari a circa il 60% della superficie totale, con punte dell'82% nelle Alpi Giulie e del 97% nelle Alpi Marittime.

Va segnalato che crolli e distacchi di ghiaccio avvengono quasi quotidianamente in Italia, ma il fatto che accadano molto spesso in zone isolate contribuisce a non farne discutere abbastanza. E alcune situazioni specifiche dei 905 ghiacciai censiti in Italia preoccupano particolarmente.

Stando a quanto afferma il Catasto dei Ghiacciai Italiani, realizzato dall'Osservatorio Glaciologico Italiano, i tre principali in Italia, di grandezza superiore a 10 chilometri quadri, sono quello dell'Adamello, quello dei Forni e quello del Miage. E per tutti non ci sono buone notizie.

L'Adamello, situato tra Lombardia e Trentino, ha visto la sua estensione ridursi progressivamente, passando dai circa 19 chilometri quadrati censiti nel 1957 ai circa 17.7 del 2015. Spesso questa riduzione massiccia implica l'aumento della probabilità di frane e valanghe, soprattutto d'estate: fortunatamente, non sempre letali come quella della Marmolada.

Sempre secondo Legambiente, il ghiacciaio dei Forni presenta invece "un settore frontale appiattito e coperto di detrito, crepacciato, con fenomeni di collasso e cavità in ghiaccio". Mentre quello del Miage avrebbe perso 30 metri di settore frontale negli ultimi 30 anni, e all'interno della sua conca "sono stati rilevati degli ingenti accumuli di blocchi rocciosi provenienti sia dalla copertura detritica del ghiacciaio, sia dalla morena laterale destra, sempre più instabile".

Minacciati anche il gruppo Ortles-Cevedale, il gruppo Bernina, il gruppo Badile-Disgrazia. Quest'ultimo, secondo il  Comitato Glaciologico Italiano, ha visto perdere 35 metri al settore frontale del Ghiacciaio Disgrazia e ben 40 metri a quello del Ghiacciaio della Ventina. Nel Gruppo Bernina, invece, il ghiacciaio di Scerscen ha perso 86 metri rispetto al 2017. Situazione ancora peggiore per quanto riguarda il Ghiacciaio del Gran Paradiso, che tra il 1999 e il 2019 ha perso ben 335 metri di settore frontale e quasi 20 metri di spessore.

Si tratta di dati che possono sembrare anonimi, freddi numeri. In realtà significano la distruzione di un patrimonio naturale inestimabile, ma anche l'enorme possibilità di valanghe e frane: processi con conseguenze pesanti sulla biodiversità e sulla possibilità di vittime umane, come si è appena visto. E purtroppo, invertire la rotta sembra ormai praticamente impossibile.