Obiettivo 100% rinnovabili in Sardegna: una coalizione ambientalista per la transizione energetica dell’isola

Con l’alleanza “Sardegna rinnovabile”, promossa da quattro organizzazioni ambientaliste (WWF, Greenpeace, Legambiente e Kyoto Club), si vuole ribadire l’importanza di accelerare sul passaggio alle rinnovabili. Per le sue caratteristiche, la Sardegna rappresenta il terreno ideale per sperimentare un nuovo modello energetico a zero emissioni.
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Federico Turrisi 15 Dicembre 2020

Da pecora nera a modello per l'Italia intera. Un percorso di transizione energetica degno di questo nome per la Sardegna non avrebbe infatti un significato soltanto a livello locale, ma potrebbe rappresentare un punto di svolta per la politica energetica nazionale, in un'ottica di decarbonizzazione. Per questo motivo le quattro principali associazioni ambientaliste italiane (WWF, Greenpeace Italia, Legambiente e Kyoto Club) hanno dato vita all'alleanza Sardegna rinnovabile, "destinata ad aprirsi ad altre adesioni ed esperienze, con lo scopo di portare la Sardegna a una transizione energetica che produca benessere a società, ambiente ed economia". L'obiettivo è quello di coinvolgere e sensibilizzare il maggior numero possibile di cittadini e allo stesso tempo le amministrazioni locali e il governo su un tema cruciale come quello della transizione energetica, per l'appunto.

Sostenere con massicci investimenti le energie rinnovabili è un tassello da cui non si può prescindere se si vuole raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, come ci indica il Green Deal europeo. E la Sardegna, per il suo enorme potenziale (pensiamo al fotovoltaico o all'eolico offshore) e per le caratteristiche del suo territorio, potrebbe rivelarsi il laboratorio più adatto per un primo esperimento pilota riguardante l'impiego di fonti rinnovabili su vasta scala.

La Sardegna è un'isola non solo dal punto di vista geografico, ma per certi versi anche da quello energetico. Ha un lungo passato di dipendenza dall’energia prodotta attraverso l'utilizzo di combustibili fossili, in particolare di quello più inquinante: il carbone. L'Italia ha programmato il phase-out, ovvero l'eliminazione graduale, da questa fonte fossile per il 2025, e ciò impone una profonda trasformazione del sistema energetico sardo. Non a caso, di recente avrai sentito parlare del piano per introdurre il metano nell'isola.

Sebbene il gas naturale sia meno inquinante del carbone e permetta di ridurre le emissioni di gas serra, non possiamo certo parlare in questo caso di transizione ecologica o comunque di un'operazione in linea con gli Accordi di Parigi sul clima. Secondo le associazioni ambientaliste, invece, proprio il fatto che in Sardegna non sia presente una rete gas potrebbe essere l’occasione per compiere un salto tecnologico in grado di favorire un nuovo sviluppo sostenibile dell’isola, evitando il passaggio da un combustibile fossile ad un altro.

"Lo sviluppo dell’infrastruttura energetica sarda nei prossimi anni rappresenterà un passaggio significativo per le politiche energetiche nazionali. Dato il suo immenso potenziale ambientale, la Sardegna, attraverso le fonti di energia rinnovabili, potrebbe diventare la prima regione d’Europa libera dai combustibili fossili, a zero emissioni di CO2", sostiene Luca Iacoboni, responsabile Energia e Clima di Greenpeace Italia. "Per questo motivo, è necessario fare un passaggio decisivo verso un sistema efficiente, basato su nuove tecnologie a basse o nulle emissioni di carbonio. Decarbonizzare il sistema contribuirebbe a raggiungere gli obiettivi climatici, a migliorare l’occupazione e non ultimo a ridurre i costi a carico dalla popolazione".

Insomma, per gli ambientalisti la metanizzazione della Sardegna non è la soluzione. Semmai occorre investire su infrastrutture verdi per garantire un futuro più sostenibile. Anche perché avrebbe effetti positivi sull'economia dell'isola, contribuendo alla creazione di posti di lavoro e permettendo di risparmiare. Sono sempre più numerose le realtà a livello locale (anche in Sardegna) che operano in questa direzione.

"La Sardegna già presenta alcuni modelli consolidati di realtà sul territorio in grado di produrre autonomamente energia pulita, vendendo la sovrapproduzione, come le comunità energetiche di Benetutti, Berchidda, Borutta o il progetto del comune di Porto Torres con gli impianti fotovoltaici pagati dal comune", sottolinea Carmelo Spada, delegato del WWF Sardegna. "Le comunità energetiche sono un esempio reale e dimostrano come le aziende del territorio, le amministrazioni e i cittadini possano investire in maniera proficua su un sistema energetico innovativo che guardi al futuro, incentrato sulle energie pulite".