Occhio al “falso miele” che arriva dalla Cina: i consigli dell’esperta per evitare brutte sorprese

Solo delle complesse analisi di laboratorio sono in grado di riconoscere il miele autentico da quello contraffatto, ma si possono adottare comunque degli accorgimenti per non farsi raggirare, per esempio controllando la provenienza del miele. “L’arma migliore è la conoscenza del prodotto”, spiega Alessandra Giovannini, vicepresidente dell’associazione delle Ambasciatrici e Ambasciatori dei Mieli.
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Federico Turrisi 7 Luglio 2020
* ultima modifica il 10/11/2023

Come reagiresti se, dopo aver acquistato un barattolo di miele scoprissi che per produrlo non è stata utilizzata neanche un'ape? Probabilmente ti sentiresti ingannato, perché hai pagato per qualcosa che non è miele. Per questo motivo non ti lascerà indifferente sapere che sugli scaffali dei supermercati italiani potresti ritrovarti un vasetto di "falso miele"  proveniente dalla Cina.

L'allarme è stato lanciato alla fine di giugno dalla Cia-Agricoltori italiani, che ha denunciato come questo prodotto, realizzato "a tavolino" da manodopera umana con l’aggiunta di sciroppo di glucosio e con metodologie di produzione non conformi alle norme europee, sia difficile da rilevare ai controlli alle frontiere. Non solo si tratta di una frode per i consumatori, ma anche di un danno per tutta la filiera, dal momento che il "falso miele" ha un prezzo decisamente competitivo per il mercato italiano e rischia di mettere fuorigioco i prodotti nostrani.

Ci siamo fatti spiegare da Alessandra Giovannini, vicepresidente dell'Associazione Ami – Ambasciatrici e Ambasciatori dei Mieli e docente di analisi sensoriale del miele, come ci si può difendere da queste truffe, evitando così di acquistare prodotti che di genuino hanno ben poco.

Quella del falso miele cinese è una notizia abbastanza preoccupante…

Cominciamo subito dal dire che non si può utilizzare la parola miele per un prodotto del genere. Attenzione, non è vietato vendere estratti o sciroppi o altri prodotti zuccherini di derivazione vegetale; non hanno però nulla a che vedere con il miele, la cui identificazione è fissata con norme specifiche, e hanno anche un valore inferiore. Il taglio del miele con lo sciroppo di riso non è una novità purtroppo. Non stiamo parlando di un miele sintetico, ma di un prodotto vegetale che viene utilizzato in maniera fraudolenta per allungare il miele.

E quindi chiaramente non si può etichettare come miele.

Esatto. Sono tantissime le frodi possibili. La legge italiana è molto restrittiva e stabilisce che si può parlare di miele solo quando il prodotto deriva dalla trasformazione di nettare o melata da parte delle api mellifere. Inoltre, è obbligatorio indicare il paese di origine del miele. A quest'ultimo non può essere aggiunto niente, neanche una goccia di olio essenziale: altrimenti diventa automaticamente un'altra categoria commerciale, e in tal caso si potrà parlare di prodotti a base di miele.

Lo sciroppo di riso non fa male alla salute, ma si sta chiaramente frodando il mercato, facendo passare un prodotto a basso valore commerciale come un prodotto più pregiato. Si ingannano i consumatori e si danneggiano gli apicoltori italiani. Se guardiamo ai numeri relativi alla produzione di miele a livello mondiale, notiamo che la Cina è l'unico Paese dove continua ad aumentare, mentre in tutti gli altri continenti si registra un calo. Questo fa pensare.

Come si distingue dal miele autentico?

L'unico modo è attraverso analisi di laboratorio, tra l'altro molto sofisticate. I metodi fai da te non sono affidabili.

Come ci possiamo allora difendere da eventuali frodi?

Fondamentale è controllare la provenienza. Comperare un prodotto che proviene dalla Cina è un po' come andarsela a cercare; i Paesi dell'Est Europa sono grandi produttori di miele, ma c'è anche naturalmente il miele italiano. L'arma migliore, però, è la conoscenza del prodotto. I mieli uniflorali, ma anche i millefiori territoriali, sono molto difficili da copiare rispetto a quei mieli che sono standardizzati a livello organolettico dall'industria.

Perché distinguiamo così bene il parmigiano reggiano o una mozzarella di bufala da un formaggio indefinito, e invece potremmo farci ingannare sul miele? Ti accorgeresti subito se ti vendono un caprino al posto di un pecorino, mentre non capita lo stesso se ti vendono un miele di sulla per uno di acacia. E poi, perché del tuo territorio conosci bene la varietà dei formaggi o quella dei vini, ma non quella del miele? Si dovrebbe partire dal recuperare un po' il rapporto diretto con gli apicoltori locali.

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