Payback dispositivi medici: cos’è, come funziona e quali sono i potenziali rischi per il nostro sistema sanitario

Il payback è uno strumento di controllo della spesa pubblica nell’ambito dei dispositivi medici e prevede un contributo economico da parte delle imprese produttrici per ripianare gli sforamenti ai limiti di spesa. Secondo la Federazione Italiana Fornitori in Sanità questo meccanismo rischia di mettere in crisi le aziende innescando una carenza di beni, servizi e strumenti salvavita.
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Kevin Ben Alì Zinati 18 Gennaio 2023
* ultima modifica il 13/03/2023

Il payback per i dispositivi medici è uno strumento che il Governo italiano ha pensato e strutturato per far fronte agli sforamenti al tetto di spesa nell’ambito della sanità pubblica. Esso prevede che le aziende produttrici di questo settore partecipino al risanamento di tali superamenti effettuando versamenti di denaro in favore delle singole Regioni e province a cui appartengono.

Nei primi mesi del 2023 avrai sentito parlare sempre più spesso del payback perché l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni ha dato il via libera a un nuovo decreto per ridisegnare i termini dei pagamenti dovuti dalle aziende – che ad oggi ammontano a 2,2 miliari di euro – prorogando il termine di scadenza per il versamento dal 15 gennaio al 30 aprile 2023.

Il payback dei dispositivi medici

Cos’è

Il payback è uno strumento di controllo della spesa pubblica nell’ambito della produzione dei dispositivi medici istituito dal Governo nel 2015 e ma da allora non è mai stato applicato negli 8 anni successivi.

Come puoi intuire dal nome, si tratta di uno meccanismo per una sorta di “pagamento indietro”, e in effetti il payback funziona esattamente così: prevede che le aziende produttrici di questi dispositivi medici contribuiscano economicamente alle spese pubbliche sanitarie sostenute dalle diverse Regioni.

Facciamo però un passo indietro. Nel 2011 il Governo aveva introdotto un tetto alla spesa pubblica in dispositivi medici. In origine era stato fissato al 5,2% del Fondo sanitario nazionale per poi essere successivamente ribassato prima al 4,9%, poi al 4,8% e infine, dal 2014, al 4,4%.

Con la Manovra finanziaria del 2015, venne poi deciso che se una Regione sforava questo tetto, una parte della spesa extra sarebbe stata rimborsata dalle aziende fornitrici in base a delle percentuali anch’esse aggiornate nel corso degli anni: se il contributo delle imprese nel 2015 era stato fissato al 40%, l’anno successivo è passato al 45% per poi stabilizzarsi al 50% a partire dal 2017.

A quanto ammonta?

Il payback per i dispositivi medici, come ormai avrai capito, è un sistema di compartecipazione alla spese per i dispositivi medici che coinvolge le imprese produttrici e le Regioni.

Si tratta di un meccanismo che funziona in maniera retroattiva perciò le imprese hanno l’obbligo di contribuire al ripianamento del superamento del tetto di spesa per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018.

Il contributo delle imprese nel 2015 era stato fissato al 40%, l’anno successivo è passato al 45% per poi stabilizzarsi al 50% a partire dal 2017

A partire dal 2017, come ti ho detto prima, le imprese sono chiamate a contribuire per il 50% allo sforamento della spesa regionale e secondo le stime ad oggi il “debito” dell’industria di questo settore ammonterebbe a oltre 2 miliardi di euro.

Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Giorgia Meloni, del Ministro dell’economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti e del Ministro della salute Orazio Schillaci, nel gennaio 2023 ha però messo mano alla misura del payback sanitario aggiornandone le coordinate temporali.

Le aziende, per il momento, saranno ancora obbligate a contribuire al risanamento del tetto della spesa pubblica ma la scadenza per il versamento non sarà più prevista per il 15 gennaio bensì per il 30 aprile dello stesso anno.

I potenziali rischi

Puoi facilmente intuire che se, come sembra, il Payback sanitario venisse applicato davvero, potrebbe portare con sé grossi rischi per il settore dei dispositivi medici e, di conseguenza, anche per l’intero Sistema Sanitario Nazionale.

La Fifo Sanità, la Federazione Italiana Fornitori in Sanità, più volte ha sottolineato che la restituzione del 50% della spesa alle regioni da parte delle imprese produttrici potrebbe seriamente dare il via alla carenza di dispositivi medici negli ospedali e nelle strutture sanitarie italiane.

Potremmo andare incontro, insomma, a una fornitura a singhiozzo di dispositivi medici che potrebbe trasformarsi rapidamente in una vera e propria emergenza di beni, servizi e strumenti.

Parlo di dispositivi salvavita, per la dialisi, valvole cardiache, protesi e strumenti chirurgici ma anche sterilizzatori, stent coronarici e cardiaci, protesi ortopediche, ventilatori polmonari per la rianimazione e le terapie intensive, disinfettanti e poi ancora camici, garze, bende.

La proroga del termini di scadenza per il contributo da parte delle aziende deciso dal Governo Meloni ha dato una boccata di ossigeno al settore ma, a detta di molti, non risolve assolutamente la situazione critica in cui già versa la sanità italiana.

Anzi, se il payback venisse davvero applicato, ci esporrebbe a un’altra crisi che, insieme alla già pesante mancanza di farmaci che sta falcidiando tutto il Paese, potrebbe portarci a conseguenze sanitarie e sociali estremamente serie.

Fonti | Governo; Fifo Sanità

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