Perché bruciare le colture fa male alla terra e alla nostra salute? Le conseguenze devastanti del “debbio”

Hai mai visto un campo nero, fumante, dopo il raccolto? Questa scena, purtroppo ancora comune in molte parti del mondo, è il risultato di una pratica agricola millenaria chiamata “debbio”.
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Annatina Fanigliulo 2 Settembre 2024

La pratica del debbio o “taglia e bruciainquina l'aria, impoverisce il suolo e mette a rischio la nostra salute. In questo articolo scopriremo perché è un crimine contro la natura e quali sono le alternative sostenibili per un'agricoltura più rispettosa dell'ambiente.

Cos'è il "debbio"?

Il "debbio" consiste nel bruciare i residui delle colture, come paglia e stocchi, direttamente sul campo.

Questa pratica, sebbene apparentemente semplice, ha un impatto profondo sul suolo.
Gli antichi agricoltori credevano che il fuoco potesse arricchire il terreno, rendendolo più fertile per le colture successive. Tuttavia, questa convinzione si è rivelata errata.

Effetti negativi sul suolo

Il suolo è come una città sotterranea in cui miliardi di organismi lavorano incessantemente per creare un ambiente fertile. Qui la materia organica, cioè foglie morte, radici e residui vegetali, non sono solo la loro casa, ma permettono al suolo di trattenere l'acqua e fornire i nutrienti di cui ha bisogno.

Dando fuoco ai residui delle colture, si distrugge la complessa rete di microrganismi, insetti e vermi che, come abbiamo visto, vivono nel terreno e sono fondamentali per la sua fertilità del suolo.

Nello stesso momento, gli incendi agricoli rilasciano nell'atmosfera grandi quantità di anidride carbonica, un potente gas serra che contribuisce al riscaldamento globale.

I rischi però interessano anche la nostra salute: i fumi contengono particelle fini, come il PM2.5, che possono penetrare profondamente nei polmoni e causare gravi problemi respiratori.

Cosa dice la legge 

In Italia, la pratica del taglia e brucia è severamente regolamentata e spesso vietata a causa dei suoi gravi impatti ambientali.

La normativa principale che regolamenta questa pratica è il Codice dell'Ambiente. Esso prevede una serie di divieti e limitazioni riguardanti l'accensione di fuochi all'aperto, soprattutto nei periodi di maggiore rischio incendi.

Oltre alla normativa nazionale, esistono numerosi regolamenti regionali e comunali che introducono ulteriori vincoli e limitazioni, in base alle specifiche caratteristiche del territorio e alle condizioni climatiche.

In alcuni casi, il taglia e brucia può configurare reati specifici, come incendio boschivo o danneggiamento ambientale, punibili con pene anche severe.

In alcuni casi specifici, e sotto stretto controllo delle autorità competenti, possono essere autorizzate delle deroghe al divieto del taglia e brucia. Ad esempio, per ragioni di gestione forestale o agricole, possono essere concesse autorizzazioni per effettuare operazioni di bruciatura controllata. Tuttavia, queste operazioni devono essere svolte nel pieno rispetto delle norme di sicurezza e in condizioni climatiche favorevoli.

Le alternative più sostenibili

Esistono numerose alternative al taglia e brucia, più rispettose dell'ambiente e sostenibili a lungo termine.

Tra queste troviamo la trinciatura, una pratica che consiste nel triturare i residui vegetali, trasformandoli in materiale organico da utilizzare come pacciamatura o compost.

Simile alla trinciatura, è la sfaldatura, ma con una granulometria più grossolana. Per quanto riguarda i residui vegetali, questi possono essere direttamente compostati e utilizzati come fertilizzante naturale.

In generale,  il taglio regolare dell'erba e della vegetazione può limitare la crescita di materiale combustibile.