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Perché il Pantheon, il Colosseo e il Foro Romano sono ancora in piedi? Ecco lo studio che svela il segreto degli antichi romani

Lo studio è stato portato avanti per anni da parte del dipartimento di ingegneria ambientale del MIT di Boston. E adesso l’autorevole rivista Science l’ha convalidato a livello scientifico. Quale segreto nascondevano gli antichi romani?
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Mattia Giangaspero 12 Gennaio 2023

Venivano dal futuro o erano una civiltà aliena?

Mentre questo dubbio ancora ti può affliggere, un segreto sugli antichi romani è stato svelato ed è una scoperta che potrà cambiare la nostra società. Si tratta di uno studio chimico-archeologico che ha portato un’evidenza scientifica del perché strade, ponti, acquedotti e opere dell’antica Roma sono ancora in piedi dopo quasi duemila anni. Questa ricerca, parla molte lingue e tra queste c’è anche l’italiano. Admir Masic, ex profugo bosniaco è il protagonista di questa storia. Prima studente di chimica all’Università di Torino, adesso professore associato di ingegneria civile e ambientale al Massachussetts Institute of Technology. Lui, insieme ad un team di scienziati del Mit di Boston, ha condotto questo studio per 5 anni fino alla grande scoperta.

La scoperta

Forse ti ho tenuto troppo sulle spine, adesso ti di cosa si tratta.

La rivelazione riguarda il materiale che veniva utilizzato per le costruzioni degli antichi romani. (ma viene tutt’ora utilizzato, anche se non con questa tecnologia).

Opere architettoniche come il Colosseo, il Foro Romano e il Pantheon sono ancora in piedi grazie a un calcestruzzo a base di calce viva che permette al cemento di auto-ripararsi e ridurre le emissioni di CO2. Questo processo comporta diverse fasi di sviluppo interne al calcestruzzo e si chiama “hot mixing”.

Il calcestruzzo è uno dei materiali più impattanti del Pianeta. È responsabile dell’8% di emissione globali di CO2.

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Come funziona

Alla miscela di calcestruzzo si aggiunge calce viva che reagisce direttamente con l’acqua e riscalda lo stesso calcestruzzo. Da questa prima fase si vengono a formare dei granelli di calce che poi permettono l’autoriparazione. Si auto-rigenera perché quando un calcestruzzo si raffredda, di norma si vengono a formare delle crepe a causa di acqua, pioggia o umidità, ma in questo caso i granelli di calce quando vanno a contatto con l’acqua sciolgono e riscaldano il composto. In questo modo è come se le fessure venissero tappate.

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L’approvazione della rivista Science

Una conferma della validità scientifica della scoperta arriva dall’autorevole rivista Science Advances che ha pubblicato lo studio del professor Masic in cui si spiega il processo di rigenerazione.

“I granelli di calce, che sono stati inglobati nel calcestruzzo al momento della presa, con infiltrazione dell’acqua si sciolgono e forniscono gli ioni di calcio che ricristallizzano e riparano le crepe”

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Il calcestruzzo del futuro

Il processo produttivo del calcestruzzo è uno dei più impattanti del Pianeta. Infatti è responsabile dell’8% di emissione di CO2 globali. Se si dovesse aumentare la durabilità del calcestruzzo attuale si ridurrebbero anche gli impatti inquinanti che comporta.

Ora, sai quanto vale il mercato del calcestruzzo? Oltre 325 miliardi di dollari, dato che però salirà fino ai 460 miliardi entro il 2028.

È nata, allora, una startup italiana che vuole portare avanti questa tecnologia, il suo nome è DMAT e uno dei due fondatori è proprio Admir Masic. Il ricercatore del Mit di Boston, insieme all’altro fondatore Paolo Sabatini esperto di affari internazionali, puntano ha dematerializzare l’ecosistema del calcestruzzo proponendone un nuovo modello, una specie di antica Roma 2.0.

Un nuovo modello ispirato al calcestruzzo usato dagli antichi romani è sul mercato. Si chiama D-Lime e riduce del 20% le emissioni di CO2

Il primo calcestruzzo ad entrare sul mercato con questa tecnologia si chiama D-Lime  e si tratta di un modello che è il 50% più durevole nel tempo, costa il 50% in meno rispetto ad altri tipi di calcestruzzo, ma cosa più importante riesce a ridurre del 20% le emissioni di CO2. Ebbene si, ancora una volta è la storia ad insegnarci come sviluppare il futuro.