La crescente consapevolezza della crisi climatica ha portato molte persone a considerare la piantagione di alberi come una soluzione semplice e diretta per combattere il cambiamento climatico. Se questo criterio può avere una funzione e un valore positivo per le città, per luoghi naturali, invece, rischia di far male all'ecosistema.
Per esempio, le monocolture di alberi, dove viene piantata una sola specie su vaste aree, possono ridurre la biodiversità e rendere le foreste più vulnerabili a malattie e parassiti. La conservazione delle foreste, quindi, richiede un approccio più complesso e integrato, rispetto al solo "piantiamo più alberi".
Le foreste coprono circa il 31% della superficie terrestre e sono fondamentali per la biodiversità, il ciclo del carbonio e la regolazione del clima. Tuttavia, negli ultimi 300 anni, secondo nature, circa 1,5 miliardi di ettari di foreste sono stati persi a causa della deforestazione per l'agricoltura, l'urbanizzazione e altre attività umane. Questa perdita ha portato a una riduzione della biodiversità, alla desertificazione e a un aumento del rischio di inondazioni.
Per proteggere e ripristinare le foreste bisogna considerare tutte le interazioni complesse tra alberi, piante, animali, insetti e microrganismi che compongono la foresta stessa. Gli scienziati suggeriscono di "lasciar fare alla natura", ovvero non intaccare un luogo provando a ripristinarlo. È più funzionale lasciarlo rigenerare autonomamente.
Un esempio di successo è il progetto di riforestazione in Costa Rica, dove la rigenerazione naturale ha portato alla crescita di foreste ricche di biodiversità. Questo progetto ha dimostrato che, con la giusta protezione e gestione, le foreste possono rigenerarsi in modo naturale e sostenibile.
Fonte| Nature