Giulia Innocenzi: “Per l’Unione Europea gli allevamenti intensivi non esistono, ma ora vi svelo cosa mangiate ogni giorno”

In che modo l’Unione europea sta finanziando gli allevamenti intensivi delle grandi aziende produttrici di carne e latticini? Lo svela un nuovo documentario di Giulia Innocenzi, che abbiamo intervistato per approfondire l’argomento.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Francesco Castagna 4 Marzo 2024

Siamo stati abituati anni a pensare che il latte che beviamo e la carne che mangiamo siano sani, anni di pubblicità ci hanno fatto vedere mucche pascolanti e felici. Tutto nel nome di un settore che ogni anno porta avanti la sua industria grazie agli allevamenti intensivi, spesso con pratiche illegali sia a livello ambientale che per la salute degli animali stessi. Tutto nel nome della sostenibilità, mentre alla televisione vanno in onda pubblicità di un presunto rapporto idilliaco tra il contadino e gli animali dei suoi allevamenti. Stiamo parlando del settore dell'agrobusiness, un mondo che si muove sotto traccia nelle sedi europee per assicurarsi che la politica non prenda decisioni a suo sfavore. Se infatti da una parte le televisioni mostrano le immagini degli agricoltori in protesta a Bruxelles, l'altra faccia della medaglia, la grande produzione, fa di tutto per non mostrarsi al pubblico per quello che è. Tutt'altro, per anni le campagne pubblicitarie dei suoi prodotti hanno sempre trasmesso una sola emozione: felicità.

Eppure dietro a ciò che mangi c'è un mondo tutt'altro che allegro: allevamenti intensivi di aziende multinazionali che arrivano promettendo posti di lavoro, ma una volta realizzata la struttura assumono soltanto 3 o 4 dipendenti, ovvero il numero necessario per far funzionare una struttura che al suo interno ospita più di 200 bovini. E poi: stabilimenti che vengono puliti non una volta al mese, come richiesto dalle direttive UE, ma dopo anni; mucche con la mastite, una malattia che causa l'infiammazione della ghiandola mammaria e della mammella e che porta alla riduzione della quantità di latte, se non fosse però che da questi animali viene prelevato con la forza dai macchinari; centinaia di pulcini malati e occultati sotto i campi del loro stesso mangime; polli presi a bastonate; maiali senza zampe lasciati in agonia.

È ciò che viene mostrato in "Food for profit", il documentario inchiesta della giornalista Giulia Innocenzi e del regista Pablo D’Ambrosi che, in collaborazione con la LAV (che ha coordinato le operazioni d'inchiesta a livello internazionale), ha lavorato per cinque anni a un lavoro che racconta ciò che accade negli allevamenti intensivi e che legame c'è con la politica in Unione europea. Se tutto ciò non bastasse, l'inchiesta mostra anche come il mondo dell'agrobusiness stia già lavorando per creare animali geneticamente modificati come si fa in altre parti del mondo. L'esempio è Israele, che ha sperimentato i primi polli senza piume per aggirare i costi della spiumatura. E poi maiali con sei zampe e mucche con due apparati riproduttivi.

Tutto nel nome della produttività, un concetto che sta devastando sempre più habitat e ha portato, non pochi anni fa, anche a casi di spillover, ovvero il passaggio di un virus tra specie diverse (come nel caso del Covid-19). Questo documentario non vuole soltanto far riflettere, ma portare sempre più persone a conoscere che tipo di alimentazione e di politiche stiamo finanziando, e un invito a scegliere chi ci dovrebbe rappresentare meglio.

Ma mentre l'Unione europea è impegnata a costruirsi un'immagine green, vendendosi come il primo continente a portare avanti la transizione ecologica con il Green Deal, nelle stanze dei bottoni -le Commissioni UE– assegnano finanziamenti alle coltivazioni che servono poi ad alimentare gli animali degli allevamenti intensivi.

"Quando sono andata al Parlamento europeo per chiedere ai deputati perché decidano di finanziare gli allevamenti intensivi la prima risposta è stata: in UE non esistono gli allevamenti intensivi, e comunque non vengono finanziati", ci spiega Giulia Innocenzi, documentarista e autrice di Food for Profit. Con lei abbiamo parlato e messo in discussione una narrativa totalmente distorta, quella -per esempio- di una sofferenza che non viene mostrata in nessun modo agli occhi del consumatore.

"Negli allevamenti dove sono stata c'era questo maiale malato che veniva mangiucchiato dagli altri animali. Guardava proprio in camera proprio come se volesse chiedere aiuto per essere salvato da quella situazione", ci dice Innocenzi. E non finisce qui, perché "il cannibalismo è un fenomeno riconosciuto dalla legge europea, che autorizza gli allevatori a tagliare la coda dei maiali proprio perché comunque commettono atti di cannibalismo".

Oltre il 90% di carne, latte e formaggio viene prodotta negli allevamenti intensivi. Soprattutto, la politica agricola comune (PAC) finanzia gli allevamenti intensivi. Prevede un pacchetto di quasi 400miliardi di euro  per i foraggi destinati agli animali. Una misura, la PAC, che era nata per sostenere l'attività dei piccoli e medi agricoltori, ma che con il tempo è finita per finanziare le multinazionali. Una proporzione che nel corso dei decenni si è totalmente invertita, con tutte le conseguenze economiche, sociali e ambientali che ne sono derivate.

Non solo, perché l'industria della carne si sta già preparando per sperimentare modifiche alla genetica degli animali da allevamento. "Maiali a sei zampe, mucche con un imbuto per ridurre le emissioni sono solo l'inizio. Stiamo partendo dalla modifica alle piante, chissà cosa penseranno in futuro".