
La guerra è un dramma umano, sociale e anche sanitario. Pensa a cosa sta succedendo in Ucraina. L’invasione e i bombardamenti da parte delle forze russe non hanno solo causato migliaia di vittime. Quando non li hanno distrutti, questi scellerati attacchi hanno finito per bloccare l’attività di diversi ospedali e strutture mediche, costringendo le centinata di migliaia di pazienti ricoverati tra le loro corsie a restare senza approvvigionamenti e senza cure.
I Paesi del mondo non sono rimasti a guardare e fin dalle prime fasi del conflitto si sono organizzati con collaborazioni e accordi internazionali per creare “corridoi”, far evacuare i pazienti dalle zone di guerra e trasportarli in strutture estere in grado di fornire loro tutto il supporto di cui avevano bisogno.
Molto spesso, come puoi immaginare, si tratta di trattamenti salvavita. Farmaci, interventi o terapie senza le quali si può morire.
Il Policlinico Tor Vergata di Roma, per esempio, attraverso la UOSD di Nefrologia e Dialisi, da mesi ha preso in carico nei propri reparti alcune decine di cittadini ucraini dializzati e rimasti in pericolo di vita a causa delle drammatiche condizioni in cui versavano le strutture sanitarie a cui erano affidati.
Grazie a questo progetto, lo scorso 15 dicembre è stato portato a termine un trapianto di rene da donatore vivente in un paziente ucraino di 35 anni, evacuato proprio dalle zone di guerra. E non è tutto, perché un’ulteriore peculiarità di questa storia sta nel fatto che la donatrice dell’organo è stata la madre del ragazzo.
Il trapianto rientra nel quadro di un ampio impegno del Policlinico per salvare le vite di malati bisognosi di cure provenienti dalle zone dell’Ucraina maggiormente colpite dal conflitto. Una missione condivisa con la Comunità di Sant’Egidio, che anche in quest’ultimo caso ha avuto un ruolo decisivo realizzando l’evacuazione di madre e figlio.
Partiti dall’Ucraina, i due hanno dovuto affrontare un lungo e complicato viaggio verso la Slovacchia dove la Comunità, insieme al ministero della sanità slovacco, ha fornito loro loro la possibilità di effettuare sedute di dialisi, indispensabili per proseguire il viaggio verso l’Italia.
Una volta accolti nel nostro paese, il Policlinico ha predisposto tutti gli esami pre-operatori, che sono andati tutti nel verso giusto. A quel punto madre e figlio sono stati trasportati in sala operatoria e sottoposti, con successo, all’intervento di donazione e trapianto dell’organo.
Oggi l’uomo sta bene, ha potuto abbandonare la dialisi ed è stato dimesso. Dicendo addio all’ospedale e, si spera, anche alla guerra. Almeno per un po’.
Fonte | Policlinico Tor Vergata di Roma