
Miliardi di persone. Non sono quelle che abitano la Terra ma quelle che potrebbero risiedere in luoghi della Terra così caldi da diventare letteralmente invivibili se non arrestiamo il cambiamento climatico.Miliardi di persone. Non sono quelle che abitano la Terra ma quelle che potrebbero risiedere in luoghi della Terra così caldi da diventare letteralmente invivibili se non arrestiamo il cambiamento climatico.
Se superassimo davvero la soglia dei 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali – dalla quale, tra l’altro, non si potrebbe poi tornare indietro – la temperatura diventerebbe sempre più insostenibile per la salute umana in tutto il Pianeta.
Il nostro corpo, infatti, è progettato per sopportare determinate condizioni di caldo e umidità. Quando fuori la temperatura è rovente, l’organismo si riscalda e innesca vari processi, come la sudorazione e il trasporto di maggiori quantità di sangue nella pelle, allo scopo di mantenere la temperatura interna a livelli ottimali disperdendo poi calore nell’ambiente.
Tutto però ha un limite, anche la sopportazione del nostro corpo per il caldo. A certi livelli di calore e umidità, infatti, questi meccanismi di regolazione interna risultano insufficienti perché il corpo inizia a riscaldarsi fino ad arrivare a un’ipertermia che, a volte, può anche essere fatale.
Significa, in sostanza, rischiare condizioni assai pericolose come i colpi di calore, tensioni sul sistema cardiovascolare che possono portare ad attacchi di cuore.
Il quadro che ti ho appena dipinto non è reale ma realistico, nel senso che il Climate Change, instradato su questi binari, potrebbe davvero costringere un’importante fetta di mondo in luoghi inadatti per la vita umana per molte ore ogni anno. E l’ipertermia, a quel punto, sarebbe effettivamente un pericolo concreto.
Questa previsione è stata descritta sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences da uno studio realizzato grazie alla collaborazione del Center for Healthy Aging con il Dipartimento di Kinesiologia dell’Università Statale della Pennsylvania.
Dall’inizio della rivoluzione industriale, ormai lo sai, l’uomo ha iniziato a bruciare combustibili fossili spingendo all’insù il termometro del mondo di almeno 1°C ed esponendo così lui, e chi lo abita, a modificazioni tanto disastrose quanto inarrestabili.
Al punto che nel 2015, ben 196 nazioni firmarono il famoso accordo di Parigi per un impegno globale mirato a limitare l’aumento della temperatura mondiale a 1,5° C rispetto ai livelli preindustriali.
Il team di ricercatori ha provato a stimare cosa potrebbe succedere in diversi scenari, modellando cioè aumenti di temperatura compresi tra 1,5°C e il livello peggiore di 4°C, allo scopo di individuare quelle aree del Pianeta che diventerebbero inabitabili per il troppo caldo. I risultati, come puoi immaginare, non sono rassicuranti.
Restando entro un aumento di 1,5° C, “solamente” alcune parti del Medio Oriente e della valle del fiume Indo sarebbero esposte a temperature invivibili.
Se superassimo i 2°C la temperatura dell’epoca preindustriale, 2,2 miliardi di persone che vivono in Pakistan e in India, di 1 miliardo di persone della Cina orientale e di 800 milioni di residenti dell’Africa sub-sahariana sarebbero esposte a diverse ore di temperatura superiore a quella sopportabile dall’organismo umano.
Se la temperatura media salisse a +3°C, livelli di calore e umidità oltre la tolleranza umana inizierebbero a influenzare la costa orientale e il centro degli Stati Uniti, dalla Florida a New York, da Houston a Chicago, il Sud America e pure l’Australia.
Con +4°C, i ricercatori hanno stimato che Al Hudaydah, una città portuale nello Yemen con oltre 700mila abitanti potrebbe aspettarsi più di 300 giorni con temperature oltre i limiti della tolleranza umana ogni anno.