Questo non è un salmone: quanto è sostenibile l’alternativa vegana stampata in 3D?

Sul mercato italiano stanno arrivando sempre più cibi nuovi. Tra insetti, carne coltivata, specie aliene e alimenti stampati in 3D l’alimentazione globale cambierà.
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Francesco Castagna 21 Settembre 2023
Intervista a Dott. Simone Gabrielli Biologo e nutrizionista, esperto Ohga

"Chi oserebbe pretendere che la rappresentazione di un salmone sia un salmone?", potrebbe benissimo commentare René Magritte, applicando la stessa teoria del paradosso della dualità come nel caso della pipa.

Negli ultimi giorni sta circolando la notizia di una startup che ha sviluppato il primo modello di pesce commerciabile stampato in 3D. In realtà l'azienda non mente, il prodotto infatti si chiama "The Filet – Inspired by Salmon". In questo modo l'azienda argina la maggior parte delle critiche che potrebbero arrivare sia dalla società civile che dagli allevatori di pesce. In realtà, oltre al salmone, la start up commercializza anche prodotti a base di tonno vegano, sempre realizzati con la tecnica della stampa in 3D.

Il parere dell'esperto

"Sarà sano?", "Può causare problemi alla salute?", ti starai sicuramente chiedendo. Abbiamo chiesto un parere al nostro esperto biologo-nutrizionista Simone Gabrielli che ci ha risposto: "Tutti i nuovi cibi messi in commercio vengono prima approvati dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) che effettua una valutazione scientifica dei rischi per stabilirne la sicurezza. Anche perché tutti gli ingredienti usati per produrlo sono alimenti che già mangiamo come proteine estratte da funghi filamentosi e dalla soia, olio di girasole, agenti gelificanti, coloranti naturali come il licopene, aromi e oli ricchi di DHA ed EPA. È inoltre arricchito con vitamine del gruppo B come la vitamina B12, nonché acido folico".

La sostenibilità ambientale

Un'alimentazione composta anche da questo tipo di alimenti può senza dubbio ridurre l'impatto ambientale delle attività umane. Aziende come queste infatti sono in grado di produrre frutti di mare al 100% di origine vegetale, contribuire a ridurre la pesca eccessiva e alleviare la pressione sull'ecosistema marino. Tre scopi lodevoli, se ci pensi, dal momento che il mercato della pesca è diventato ormai insostenibile.

Secondo i dati forniti dal WWF, l'acquacoltura del salmone è il sistema di produzione alimentare in più rapida crescita al mondo e rappresenta il 70% (2,5 milioni di tonnellate) del mercato. I suoi impatti dipendono da diversi fattori:

  • dimensioni dell'allevamento (numero di recinti di rete per operazione)
  • densità di pesci per recinto
  • durata dell'operazione di allevamento in un particolare sito
  • condizioni fisiche e oceanografiche associate al sito di allevamento
  • biota naturale della regione
  • capacità assimilativa dell'ambiente

I danni dell'acquacoltura

L'acquacoltura intensiva causa danni di diverso tipo, quella estensiva è più sostenibile, ma lo è ancora di più puntare su prodotti alternativi e, se possibile, cominciare a consumarne meno.

Uno dei Paesi che più commercializza molto questo pesce è la Scozia, che già in un documento redatto dal Parlamento nel 2018 aveva affrontato il tema dell'impatto ambientale legato al settore dell'acquacoltura. In un passaggio si evince che: "Il Comitato è favorevole all'acquacoltura, ma l'ulteriore sviluppo e l'espansione devono basarsi su un approccio precauzionale e sulla risoluzione dei problemi ambientali. Lo status quo non è un'opzione". L'ultima frase dovrebbe dire già tutto.